Eventuale sussistenza della causa di incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1 n. 4 D.Lgs. 267/2000, nei confronti di un consigliere comunale per lite pendente innanzi al TAR.

Territorio e autonomie locali
18 Luglio 2007
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

In merito all’eventuale sussistenza della causa di incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1 n. 4 D.Lgs.267/2000, nei confronti di un consigliere comunale che ha una lite pendente innanzi al TAR, in qualità di presidente di un comitato di cittadini per la tutela ambientale, si rappresenta che la disposizione in oggetto prevede tale incompatibilità, tra l’altro, per il consigliere comunale parte di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell’ente di riferimento.
In siffatte ipotesi è necessario che sia iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l’eletto siano parti contrapposte.
Nel caso in esame, inoltre, non ritenendosi l’azione del comitato, presieduto dal consigliere comunale, un’azione popolare “sostitutiva” riconducibile all’art. 9 TUOEL, si ravvisa nei confronti del suddetto consigliere la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1 n. 4 TUOEL.

Testo 

E' stato chiesto da parte di un comune l'avviso di questo Ufficio in merito all'eventuale sussistenza della causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 4, del TUOEL, nei confronti di un consigliere comunale che ha pendente una lite, innanzi al TAR, in qualità di presidente di un comitato civico per la tutela e la valorizzazione ambientale.
In via preliminare, si rappresenta che l'art. 63, comma 1, n. 4 del TUOEL, prevede la causa di incompatibilità per lite pendente per il sindaco, il presidente della provincia, il consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, parti di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell'ente di riferimento. Inoltre, la citata norma dispone che la pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'art. 9 del TUOEL non determina incompatibilità.
In tali ipotesi, dunque, l'incompatibilità consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte.
In siffatte ipotesi, l'incompatibilità trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto di interessi determinativo della lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare, all'esterno, sospetti al riguardo; donde risponde ad una scelta del legislatore di sacrificio del diritto alla carica a fronte di detta eventualità.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'espressione 'essere parte di un procedimento' va intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla qualità di parte in senso processuale, che non è riferibile, in chiave sostanzialistica, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene. Agli effetti della sussistenza della causa di incompatibilità della lite pendente con il comune, non sono, infine, sindacabili i motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce 'ex se' il presupposto dell'incompatibilità (Cass. civ., Sez. I, 16 febbraio 1991, n. 1666).
Occorre, quindi, la formale pendenza di un procedimento giurisdizionale appartenente ad uno dei due tipi suddetti, con la conseguenza che può considerarsi superato l'indirizzo giurisprudenziale che aveva ampliato il concetto di lite pendente, in modo da comprendere non solo la lite giudiziale ma qualsiasi lite, intesa come conflitto d'interessi che avesse dato luogo ad una controversia, ancorché non ancora tradotta in un procedimento giurisdizionale ( Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1981, n. 6200).
Va, altresì, considerato che, ai sensi dell'art. 9 del D. Lgs. n. 267/2000, ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
Al riguardo, si rappresenta che '.si tratta di azione popolare 'sostitutiva' o 'procuratoria', intesa a far valere le posizioni giuridiche soggettive aventi consistenza di interessi legittimi spettanti all'amministrazione comunale che risultino incise e pregiudicate da provvedimenti di altre autorità. L'istituto costituisce, nell'attuale configurazione, un potente strumento espressione del passaggio da un'amministrazione di tipo autoritario, le cui determinazioni calano dall'alto e sono "subite" dagli amministrati che se ne interessano solo se individualmente lesi da quelle, ad una, viceversa, fondata sull'attiva partecipazione degli amministrati medesimi in senso collaborativo; detta partecipazione si esplica, in ordine alle opzioni di natura pubblicistica che si intendono realizzare, e si spinge fino ad esprimere un indirizzo nell'inerzia dell'amministrazione medesima ed in luogo di questa, quale ente esponenziale sintesi degli interessi per i quali essa amministrazione è istituita in favore dei cittadini.In questa ottica l'azione popolare può essere proposta in sostituzione dell'amministrazione e sul presupposto di agire in luogo della stessa per un interesse ovviamente a questa imputabile.' (cfr Tar Bari Sez II, sent, n. 3192/2002).
Orbene, nel caso di specie, dagli atti in possesso, sembrerebbe che non ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi perché l'azione del comitato, presieduto dal consigliere comunale de quo, possa rientrare nell'ambito dell'art. 9 del TUOEL, ossia in quella della sostituzione processuale, ad opera dei soggetti a ciò legittimati, nelle azioni e nei ricorsi che spettano all'amministrazione comunale o provinciale. E ciò non solo perché, dagli atti in possesso, non sembra che il consigliere comunale - presidente del comitato, abbia agito ai sensi del sopracitato art. 9 del TUOEL, ma anche perché non può essere fatta valere un'azione popolare, che si pone, come detto, come "sostitutiva", contro un ente che si è positivamente determinato, sia pure in senso contrario a quello ritenuto corretto dai propri cittadini, questione che può avere rilevanza politica ma non processuale ai fini della legittimazione al ricorso popolare (cfr. Tar Veneto, sez I, sentt. nn. 6265/2003 e 1261/2005, Tar Bari, cit.).
Alla luce delle argomentazioni che precedono, dunque, si ritiene, che, nel caso di specie, nei confronti del consigliere comunale, presidente del comitato sopracitato, sia configurabile la causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 4, del TUOEL, non ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 9 del TUOEL.