L’art. 1 del decreto-legge 22 febbraio 2002 n.13, convertito in legge 24 aprile 2002 n.75, stabilisce che “ quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, il prefetto assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni, per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio”.
Si ritiene, così, che non si possa prescindere da una preventiva diffida del consiglio comunale prima di avviare l’eventuale procedimento dissolutorio.
Anche la giurisprudenza amministrativa precisa che la legge ricollega all’inosservanza del termine di approvazione dello schema di bilancio la semplice apertura di un procedimento sollecitatorio. Si osserva, infatti, che il presupposto della grave misura dello scioglimento dell’organo, “non è la mera inosservanza del termine suddetto bensì la constatata inadempienza ad un’intimazione puntuale e ultimativa dell’organo competente, che attesta l’impossibilità o la volontà del consiglio di non approvare il bilancio…” (C.d.S. sez.V 19 febbraio 2007 n.826).
E' stato chiesto se, in caso di voto contrario del consiglio comunale all'approvazione dello schema di bilancio di previsione predisposto dalla giunta nei termini di legge, il Prefetto debba nominare immediatamente un commissario 'ad acta' per l'approvazione del bilancio già predisposto dalla giunta, avviando contestualmente la procedura di scioglimento di quel consiglio, oppure assegnare un termine, con formale diffida, al consiglio medesimo, perché deliberi il bilancio di previsione.
Al riguardo, va rilevato che la fattispecie è disciplinata dall'art. 1 del decreto- legge 22 febbraio 2002, n. 13 (convertito in legge 24 aprile 2002, n. 75), le cui disposizioni sono applicabili anche all'esercizio in corso secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 710, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Secondo tale norma, 'quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, il prefetto assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio'.
Dall'esegesi della norma si evince che il legislatore non ha inteso dare rilevanza ai motivi che hanno condotto alla mancata approvazione del bilancio (se si tratti cioè di una semplice inadempienza ovvero se si sia riscontrata un precisa volontà di non approvare lo schema predisposto dalla giunta) ma solo al dato obiettivo della mancata approvazione entro il termine prescritto dalla legge.
Al verificarsi di tale evento la norma prevede che il prefetto debba procedere a diffidare il consiglio comunale con le suesposte modalità.
Anche la giurisprudenza amministrativa ha peraltro chiarito che 'la legge non collega all'inosservanza del termine ordinario di cui all'art. 175 alcuna immediata e concreta conseguenza dissolutoria, ma la semplice apertura di un procedimento sollecitatorio, che può bensì condurre all'adozione della grave misura dello scioglimento dell'organo, ma il cui presupposto non è la mera inosservanza del termine suddetto bensì la constata inadempienza ad un'intimazione puntuale e ultimativa dell'organo competente, che attesta l'impossibilità, o la volontà del consiglio di non approvare il bilancio.' (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 19 febbraio 2007, n. 826).
Considerata la gravità del provvedimento di scioglimento è peraltro comprensibile che il legislatore abbia voluto, a garanzia dell'autonomia dell'ente ed in applicazione del principio costituzionale di leale collaborazione, subordinare sempre alla previa diffida l'eventuale provvedimento dissolutorio, come peraltro è previsto per l'altra ipotesi di scioglimento derivante da 'gravi e persistenti violazioni di legge'.
Ulteriore argomento di ordine sistematico è dato rinvenire nell'art. 52 del T.U.O.E.L. 267/2000, per il quale 'il voto del consiglio comunale contrario ad una proposta del sindaco o della giunta non comporta le dimissioni' del sindaco ed il conseguente scioglimento del consiglio comunale, laddove la cessazione del sindaco e delle rispettive giunte dalla carica discende solo dall'approvazione di una apposita mozione di sfiducia votata dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio.
Pertanto, ferma restando la competenza del prefetto nella valutazione della fattispecie e dei conseguenti provvedimenti da adottare, si ritiene che non si possa prescindere da una preventiva diffida del consiglio comunale prima di avviare l'eventuale procedimento dissolutorio.