Eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità nei confronti di un consigliere comunale debitore di somme nei confronti dell’ente locale.

Territorio e autonomie locali
16 Marzo 2007
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

Preliminarmente si rileva che ai sensi dell’art. 63 n.6 D.Lgs. 267/2000 “non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale, colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente verso il comune, la provincia ovvero verso l’istituto o azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora..”.
Nel caso in esame, invero, va esclusa la sussistenza della predetta causa di incompatibilità, in quanto, dalle notizie fornite, si evince che sia il Tar che il Consiglio di Stato hanno annullato i provvedimenti del comune con cui vengono revocati alcuni finanziamenti, concessi in precedenza al consigliere comunale, travolgendo, così, anche la connessa pretesa creditoria dell’ente nei riguardi del consigliere medesimo.
Invece, la fattispecie de qua sembra riconducibile alla causa di incompatibilità per lite pendente contemplata dall’art. 63 comma 1 n.4 del citato testo unico, sussistendo il giudizio in Cassazione promosso dall’amministrazione comunale, ai sensi degli artt. 111 Cost. e 362 c.p.c., per motivi inerenti la giurisdizione avverso la sentenza del Consiglio di Stato.

Testo 

E' stato richiesto un parere in merito all'eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità, ai sensi dell'art. 63 del D. Lgs. n. 267/2000, e, segnatamente quella indicata al n. 6 (debito liquido ed esigibile), nei confronti di un consigliere comunale, in quanto lo stesso sarebbe debitore di alcune somme nei confronti dell'ente locale medesimo.
Preliminarmente, si rappresenta che ai sensi dell'art. 63, comma 1, n. 6 del TUOEL'.non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale, colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente verso il comune, la provincia ovvero verso istituto o azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora.'.
Invero, nel caso di specie, va esclusa la sussistenza della causa di incompatibilità di cui al citato n. 6, comma 1, dell'art. 63 TUOEL, in quanto dalle notizie fornite, risulta che sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno annullato i provvedimenti del comune con i quali venivano revocati alcuni finanziamenti, concessi in precedenza al suddetto consigliere, travolgendo, così, anche la connessa pretesa creditoria dell'ente nei confronti del medesimo consigliere.
Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, nella fattispecie esaminata, non sembra sussistere alcun debito liquido ed esigibile del consigliere nei confronti dell'ente, nonostante la rituale messa in mora da parte del comune, considerato, altresì, che i concetti di liquidità ed esigibilità, di cui al sopracitato art. 63, comma 1, n. 6, esprimono l'uno la certezza del debito e del suo ammontare, l'altro che lo stesso debito non sia soggetto a termini o condizioni e, quindi, la disponibilità immediata del denaro.
Ad avviso di quest'Ufficio, invece, la fattispecie de qua, dai dati in possesso, sembra riconducibile alla causa di incompatibilità per lite pendente, di cui all'art. 63, comma 1, n. 4, del D. Lgs. n. 267/2000, prevista, tra l'altro, per i consiglieri comunali parti di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell'ente di riferimento.
In via preliminare, si rappresenta che per la fattispecie di cui alla citata norma, l'incompatibilità consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte.
In siffatte ipotesi, l'incompatibilità trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto di interessi determinativo della lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare, all'esterno, sospetti al riguardo; donde risponde ad una scelta del legislatore di sacrificio del diritto alla carica a fronte di detta eventualità.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'espressione 'essere parte di un procedimento' va intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla qualità di parte in senso processuale, che non è riferibile, in chiave sostanzialistica, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene. Agli effetti della sussistenza della causa di incompatibilità della lite pendente con il comune, non sono, infine, sindacabili i motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce 'ex se' il presupposto dell'incompatibilità (Cass. civ., Sez. I, 16 febbraio 1991, n. 1666).
Occorre, quindi, la formale pendenza di un procedimento giurisdizionale appartenente ad uno dei due tipi suddetti, con la conseguenza che può considerarsi superato l'indirizzo giurisprudenziale che aveva ampliato il concetto di lite pendente, in modo da comprendere non solo la lite giudiziale ma qualsiasi lite, intesa come conflitto d'interessi che avesse dato luogo ad una controversia, ancorché non ancora tradotta in un procedimento giurisdizionale ( Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1981, n. 6200).
Ciò posto, nella fattispecie in esame, risulta pendente il giudizio in Cassazione promosso dall'amministrazione comunale ai sensi degli artt. 111 Costituzione e 362 c. p. c., per motivi inerenti la giurisdizione, avverso la già citata sentenza del Consiglio di Stato e, pertanto, in capo al consigliere comunale sussisterebbe la suddetta incompatibilità in quanto lo stesso è, dalle notizie fornite, parte contumace del suddetto giudizio, ciò in quanto '.il convenuto acquista la qualità di parte del processo con la notificazione della citazione, indipendentemente dalla costituzione in giudizio o, in caso di mancata costituzione, dalla dichiarazione della sua contumacia.
' (cfr. Cass. 23.02.1993, n. 526).