Nel caso in esame, si verifica la sovrapposizione di due fattispecie: la decadenza del sindaco, con decadenza della giunta e scioglimento del consiglio comunale, organi che tuttavia restano in carica (art. 53 comma1 TUOEL), nonché le dimissioni del vicesindaco, da tale carica e da quella di consigliere comunale.
Premesso che, tra le prerogative del vicesindaco non può rientrare quella di designare un suo sostituto (C.d.S. pareri nn. 94/96 e 501/2001), è da ritenere che, in caso di dimissioni ovvero decadenza, rimozione, decesso, questi debba essere sostituito da un commissario prefettizio, con le funzioni di sindaco e giunta (connesse in virtù del nesso dei fiduciarietà), mentre il consiglio continua ad operare, fino al rinnovo delle consultazioni elettorali.
Inoltre, il particolare regime dell’art. 53 comma3 cit. che consente al sindaco di revocare le sue dimissioni entro il termine di 20 giorni dalla presentazione e quindi di differirne l’efficacia allo scadere di questo periodo, si reputa estensibile anche nei confronti del vicesindaco.
Diversamente per le sue dimissioni da consigliere, per esse, infatti, non può non applicarsi il regime loro proprio dell’irretrattabilità ed immediata efficacia.
Una prefettura ha sottoposto la problematica emersa in un comune (il cui consiglio è stato sciolto ai sensi dell'art. 53 del T.U.O.E.L. n. 267/2000, a seguito della decadenza del sindaco) in relazione alle dimissioni del vicesindaco da tale carica nonché da quella di consigliere comunale.
In particolare è stato chiesto di conoscere se le surriferite dimissioni dalla carica di vicesindaco siano revocabili entro il termine di venti giorni dalla presentazione, in analogia al regime disposto per le dimissioni del sindaco dal comma 3 del citato art. 53 e se, in caso affermativo, sia configurabile la sua permanenza nella carica quale vicesindaco "esterno", (dovendo reputarsi pacificamente irretrattabili le dimissioni rassegnate nella qualità di consigliere comunale).
Al riguardo, si formula il seguente orientamento.
In via preliminare, al fine di una più compiuta disamina in merito all'estensione dei poteri del vicesindaco, si rammenta che su tale materia si è pronunciato in sede consultiva, su sollecitazione di questa Amministrazione dell'Interno, il Consiglio di Stato, sez. I, con i pareri nn. 94/96 del 21.2.1996 e 501/2001 del 14.6.2001 (diramati con circolari di questo Ministero nn. 7/96 del 30.4.1996 e 7/2001 del 6.9.2001).
Per quanto concerne gli effetti delle dimissioni del vicesindaco reggente in un'ipotesi, quale quella ricorrente nel caso di specie, si esprime l'avviso che sia possibile estendere quanto sostenuto dal Supremo Consesso Amministrativo nel cennato parere n. 501/2001 in relazione ai casi di impedimento, rimozione o decesso del vicesindaco reggente, trattandosi, del pari al caso di dimissioni, di impedimenti permanenti del sostituto.
In particolare, si afferma che tra le prerogative del vicesindaco non può rientrare anche quella di designare un suo sostituto: salva espressa previsione di legge il "munus" pubblico non è disponibile per il titolare, con conseguente impossibilità di sostituzioni atipiche o fondate su base esclusivamente volontaria.
Pertanto, su questo presupposto, non potendo il vicesindaco designare un sub-sostituto, è da ritenere che debba essere sostituito, in caso di dimissioni, ovvero ove decaduto, rimosso o deceduto, da un commissario prefettizio con le funzioni di sindaco e giunta, mentre il consiglio continua ad operare fino al rinnovo delle consultazioni elettorali.
Nel caso di specie, invero, si configura una sovrapposizione di due fattispecie: la prima, disciplinata espressamente dal surrichiamato art. 53, co. 1 che, con la decadenza del sindaco, vede la decadenza della giunta e lo scioglimento del consiglio comunale, organi, questi ultimi, che tuttavia rimangono in carica, in ossequio ad un contesto normativo che tende a salvaguardarne l'operatività sino al rinnovo elettorale. A detta fattispecie si aggiunge l'ipotesi che nel delineato contesto si verifichino anche le dimissioni del sostituto del sindaco, la cui presenza giustifica il permanere della giunta legata, secondo il quadro istituzionale degli assetti tra gli organi dell'ente locale, da un rapporto fiduciario alla figura del sindaco; rapporto, che in assenza del vertice o del suo designato sostituto viene naturalmente meno.
Ne deriva che il commissario entrante potrà svolgere le funzioni di sindaco e della giunta (che in virtù del predetto nesso di fiduciarietà sono essenzialmente connesse), mentre può sostenersi la proroga della carica del consiglio (il cui scioglimento era stato già decretato al verificarsi della decadenza del sindaco), sia poiché il medesimo commissario prefettizio non può presiedere un organo assembleare elettivo da cui egli non fa parte, sia poiché la sua presenza al vertice non preclude l'esercizio dei poteri di indirizzo e controllo riservati al consiglio.
Premesso quanto sopra, per quanto concerne l'eventualità, prospettata nel quesito in esame, che il vicesindaco reggente revochi le proprie dimissioni da tale carica entro il termine di venti giorni di cui all'art. 53 co. 3 del citato T.U.E.L. n. 267, se ne ritiene l'ammissibilità.
Ad avviso della scrivente, il particolare regime, contemplato da quest'ultima disposizione che disciplina le dimissioni del sindaco nel senso di consentirne la revocabilità entro il termine di venti giorni dalla presentazione e, quindi, di differirne l'efficacia allo scadere del suddetto arco temporale, è estensibile anche nei confronti del vicesindaco, in quanto configurato, alla stregua dei soprarichiamati orientamenti del Consiglio di Stato, come una sorta di "vicario" del sindaco, del quale esercita le funzioni.
Com'è noto, il legislatore statale ha riservato un regime speciale alle dimissioni del sindaco, differenziandolo da quello previsto per le altre figure di amministratori comunali, stante la gravità delle conseguenze connesse alla loro presentazione.
Ed invero, le dimissioni rese dai consiglieri comunali sono immediatamente efficaci ed irretrattabili (né necessitano di presa d'atto) come dispone espressamente l'art. 38, co. 8 del citato T.U.O.E.L. n. 267 (norma dalla quale la prevalente dottrina ritiene possa desumersi un principio generale, valevole per tutti gli amministratori degli enti locali).
Il regime delle dimissioni del sindaco, pertanto, sotto il profilo della loro revocabilità entro venti giorni dalla presentazione (e, quindi, del differimento dell'efficacia allo spirare del suddetto termine) si pone in deroga, per le ragioni anzidette, al generale principio dell'irretrattabilità ed immediata operatività, valevole, in linea di massima, per le dimissioni di tutti gli altri amministratori degli enti locali.
La stessa ratio che giustifica la specialità del regime riservato alle dimissioni del sindaco è, ad avviso della scrivente, riscontrabile anche nel caso delle dimissioni del vicesindaco.
Su tale base deve concludersi nel senso dell'ammissibilità dell'ipotesi che il vicesindaco, come prospettato dalla prefettura, revochi nel prescritto termine di venti giorni le proprie dimissioni, permanendo nella carica in parola.
Va da sé tuttavia, che trattandosi di dimissioni rese anche nella qualità di consigliere, (non potendosi applicare a queste ultime che il regime loro proprio, vale dire quello dell'irretrattabilità ed immediata efficacia) si è determinata, nel vicesindaco la perdita delle funzioni di componente con diritto di voto nel consiglio comunale.
Come affermato dal Supremo Consesso amministrativo nel parere n. 94/96 del 21.2.1996, tali funzioni spettano direttamente ed esclusivamente al sindaco, che ne è l'unico titolare, in applicazione del principio di fondo per cui nel nostro ordinamento non è ammessa la delega o sostituzione nelle funzioni di componente delle assemblee elettive.
Si precisa, infine, che la cessazione dalla qualità di consigliere determina la necessità di procedere alla surroga del dimissionario in seno all'organo consiliare.