- Legittimità delle modalità seguite da un Comune per l’elezione dei propri rappresentanti presso l’Unione di Comuni

Territorio e autonomie locali
14 Maggio 2006
Categoria 
07.01 Unione dei Comuni
Sintesi/Massima 

- Legittimità delle modalità seguite da un Comune per l’elezione dei propri rappresentanti presso l’Unione di Comuni

Testo 

Si fa riferimento ad una nota, con la quale si chiede l'avviso di questa Direzione Centrale in merito alla legittimità delle modalità seguite da un Comune per l'elezione dei propri rappresentanti presso l'Unione di Comuni.
Al riguardo, giova ricordare che secondo l'art. 32 del T.U.O.E.L. n. 267 del 2000 lo statuto delle Unioni di Comuni 'individua gli organi dell'Unione e le modalità per la loro costituzione ..' prevedendo, in particolare, 'il presidente dell'Unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati', nonché 'altri organi formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze'.
Lo statuto dell'Ente, in armonia con quanto prescritto dalla disciplina statale, prevede che 'il consiglio dell'unione è composto da un numero di 20 consiglieri' e che 'ciascun consiglio comunale.. elegge, con votazioni separate, a scrutinio segreto e voto limitato a uno, al proprio interno tre consiglieri, di cui due espressi dalla maggioranza e uno espresso dalla minoranza' (art. 8).
Tanto premesso, questa Direzione centrale ritiene di poter condividere l'avviso espresso da codesta Prefettura in merito alla prima questione posta, concernente le modalità procedurali seguite nella delibera n. 7/2005 del consiglio comunale per dare concreta attuazione alla richiamata norma statutaria che prescrive il sistema del voto separato per l'elezione, rispettivamente, dei rappresentanti di maggioranza e di minoranza.
D'altra parte, appare praticamente irrilevante, ai fini dell'esito delle votazioni, che vengano costituiti due collegi separati (soluzione prescelta nel caso in esame), ovvero che alle votazioni partecipi l'intero collegio, ma con l'astensione, di volta in volta, dei consiglieri di minoranza o di quelli di maggioranza; e ciò, anche in considerazione della norma statutaria che prescrive lo scrutinio segreto.
Per quanto concerne, invece, la legittimità del provvedimento in questione nella parte in cui ha proclamato l'elezione dei due soli rappresentanti della maggioranza del Consiglio comunale, dichiarando infruttuosa la votazione per quello di minoranza, si fa presente quanto segue.
La citata norma statutaria non richiede che il consigliere eletto, con voto separato, dalla minoranza debba necessariamente essere componente del gruppo (o di uno dei gruppi) di minoranza, ma unicamente che venga 'espresso' (cioè, autonomamente votato) da tale parte politica del Consiglio comunale. In altri termini, sembrerebbe che la norma abbia inteso garantire la tutela della minoranza esclusivamente attraverso il meccanismo della votazione separata, la quale di per sé è idonea a consentire alla parte politica minoritaria di superare l'impedimento, ad esprimere autonomamente una propria rappresentanza, che le deriverebbe dalla concorrenza del proprio voto con quello della maggioranza in seno ad un unico collegio. Ma una volta che la minoranza è stata posta in condizione di esprimere la propria rappresentanza, non sembra che possa ammettersi un sindacato di merito sulla scelta effettuata, anche perché l'appartenenza alla minoranza o alla maggioranza non è dato certo e definitivo, potendosi verificare eventi evolutivi dell'assetto originario riflettente l'appartenenza alle liste dei candidati che hanno concorso alle elezioni; né possono rilevare, all'atto di adozione della deliberazione di formalizzazione dell'esito della votazione, le motivazioni che possono aver indotto la minoranza a far confluire il voto su un esponente della maggioranza. La congruità dell'esposto orientamento sembra trovare conforto nella giurisprudenza (C.d.S., Sez. I, 21 dicembre 2005, n. 4989), che ha ritenuto ammissibile, 'in assenza di una espressa riserva', la 'elezione di soli rappresentanti della maggioranza'.
Pertanto, a giudizio di questo Ufficio, pur con le incertezze derivanti dalla assenza di chiari riferimenti giurisprudenziali, il dispositivo del provvedimento in questione non avrebbe dovuto deliberare l'elezione dei soli due consiglieri espressi dalla maggioranza, ma anche di quello votato dalla minoranza, benché si trattasse di un consigliere non appartenente a quest'ultimo gruppo consiliare.
Va inoltre rilevato che i Comuni aderenti alle Unioni sono tenuti, anche nel proprio interesse, ad esprimere i propri rappresentanti nel numero complessivamente spettante, per un principio di 'par condicio' tra gli enti medesimi i quali, disponendo di un pari numero di rappresentanti, possono tutelare ciascuno i propri interessi in seno all'Unione in modo paritetico.