Espulsione di un consigliere da parte del Presidente del Consiglio comunale.

Territorio e autonomie locali
11 Aprile 2006
Categoria 
05.02.05 Consiglieri: prerogative e compiti
Sintesi/Massima 

Espulsione di un consigliere da parte del Presidente del Consiglio comunale.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale una Prefettura rappresenta che le conseguenze della mancata espulsione del consigliere in questione dall'aula 'sarebbero state ben più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico del mancato rispetto della prerogativa del consigliere', chiedendo conclusivamente di conoscere 'quale interesse debba considerarsi prevalente nella situazione sopra descritta'.
Al riguardo, fermo restando quanto già comunicato con nota in data 17 febbraio scorso, si rileva che la giurisprudenza della corte Suprema di Cassazione è costante nel ravvisare, nel comportamento tenuto dal sindaco (o dal presidente del consiglio comunale) che faccia allontanare coattivamente dall'aula uno o più consiglieri dell'opposizione, 'l'ipotesi dell'atto arbitrario, che la giurisprudenza di legittimità configura non come semplice sconfinamento dei poteri eventualmente censurabile come atto amministrativo, ma come fatto del pubblico ufficiale, il quale eccede dai suoi poteri con la consapevolezza di perseguire uno scopo estraneo alle sue funzioni e non conforme a legge(cfr., ex plurimis, Cass. Pen., Sez. VI, 19 dicembre 1990, n. 16669, nonché Cass. Pen., Sez. VI, 12 dicembre 1996, n. 10696).
Secondo tale orientamento giurisprudenziale i poteri di colui che presiede l'organo assembleare consistono, qualora un consigliere determini l'impossibilità di proseguire la seduta, nella sola facoltà di sospendere, per un breve lasso di tempo, la riunione, oppure, nei casi estremi, sciogliere l'adunanza.
La giurisprudenza amministrativa, peraltro, come già rilevato con la citata nota in data 17 febbraio scorso, ha talora ritenuto legittima la norma regolamentare che preveda l'espulsione del consigliere intemperante, precisando, tuttavia, che può addivenirsi a tale estremo rimedio solo se congruamente motivato e dopo che il presidente ha inutilmente richiamato il consigliere una o più volte, ed evidenziando soprattutto che non è possibile prefigurare anche il potere di allontanamento, con il ricorso alla forza pubblica, in quanto qui si incide direttamente sulla libertà individuale, tutelata dall'art. 13 della Costituzione, il quale prescrive la previsione legislativa e l'atto motivato dell'autorità giudiziaria per assumere provvedimenti restrittivi e limitativi di detto diritto.
Non a caso, infatti, già l'art. 297 del T.U.E.L. del 1915, benché anteriore alla Costituzione, limitava il potere di espulsione alle sole persone presenti tra l'uditorio che fossero causa di disordine, escludendone invece i componenti del consiglio comunale.
Và da sé che nei casi più gravi, in cui il turbamento delle funzioni consiliari profili gli estremi di un reato, sarà lo stesso presidente a poter procedere alla denuncia all'autorità giudiziaria, come nei casi, ad esempio, di cui agli artt. 338 e 342 del codice penale.