Sussistenza o meno dell’obbligo da parte del Presidente del consiglio( o del Sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) di convocare il consiglio comunale, su iniziativa di un quinto dei consiglieri.

Territorio e autonomie locali
21 Marzo 2006
Categoria 
05.02.07 Richiesta convocazione Consiglio da parte di un quinto
Sintesi/Massima 

Sussistenza o meno dell’obbligo da parte del Presidente del consiglio( o del Sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) di convocare il consiglio comunale, su iniziativa di un quinto dei consiglieri.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale si richiede l'avviso di questa Direzione Centrale in merito alla sussistenza o meno di un obbligo da parte del Presidente del consiglio ( o del Sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) di convocare il consiglio comunale, su iniziativa di un quinto dei consiglieri, per la trattazione, previo inserimento nell'ordine del giorno, di argomenti che non vertono, ictu oculi sulle materie di competenza dell'organo consiliare quali discussioni politiche, crisi di maggioranza ecc. per le quali non è prevista la proposta di eventuali delibere da adottare.
Al riguardo, va rilevato, preliminarmente, che l'art. 39, comma 2, del T.U.O.E.L. 267/2000 prevede espressamente che ' . il presidente del consiglio comunale ( il sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti ) è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri . inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste '.
Il diritto di convocazione trova nella normativa vigente una tutela ampia e specifica al punto tale che la mancata convocazione nei termini prescritti viene sanzionata con la possibilità di attivare l'esercizio del potere sostitutivo del Prefetto ai sensi dell'art. 39, comma 5, del T.U.O.E.L. n. 267/2000 (vedasi T.A.R. Puglia, Lecce, 25 luglio 2001, n. 4278).
La norma sembra, infatti, configurare un obbligo del Presidente del consiglio comunale (o del Sindaco) di procedere alla convocazione dell'organo assembleare, - come si evince dalla previsione del termine di adempimento (20 giorni) - per la trattazione da parte del Consiglio, delle questioni richieste, senza alcun riferimento alla necessaria adozione di determinazioni, da parte del consiglio stesso.
Tuttavia, ciò non significa che le richieste di convocazione possano essere generiche ed in proposito si richiama quanto affermato dal Giudice Amministrativo (T.A.R. Liguria, Sez I, 11 gennaio 1994, n. 1121), il quale, recependo l'orientamento del Consiglio di Stato (C.d.S. decisione 5 dicembre 1964, n. 1564) ha affermato che l'ordine del giorno deve essere formulato 'in maniera chiara ed in termini non ambigui, ma senza che ciò implichi l'esibizione di uno schema di provvedimento o l'impossibilità di apportare variazioni o modifiche dipendenti da valutazioni di merito che il Consiglio ha il potere di effettuare'.
La dibattuta questione sulla sindacabilità, da parte del Presidente del Consiglio (o del Sindaco), dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell'assemblea, si è orientata, per giurisprudenza consolidata, nel senso che allo stesso spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non si ritiene che possa sindacarne l'oggetto.
La giurisprudenza in materia, infatti, si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, ' . al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno' (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 24 aprile 1996, n. 268).
Inoltre, si è sostenuto, più di recente, che ' . appartiene ai poteri sovrani dell'assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso (questione pregiudiziale) ovvero se ne debba rinviare la discussione (questione sospensiva) (sempre T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 25 luglio 2001, n. 4278 e T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 4 febbraio 2004, n. 124).
In tal senso si è anche espressa autorevole dottrina, che ha recepito l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la soluzione più corretta - anche se può prestarsi a finalità ostruzionistiche - sembra essere quella di lasciare al Consiglio di pronunciarsi in merito (vedasi F. Staderini, 'Diritto degli Enti locali'. CEDAM, X edizione, pagg. 162 e ss.).
Alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, si deduce che le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono la carenza del prescritto numero di consiglieri oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del Consiglio.
Passando ora dall'esame generale della questione a quello della fattispecie rappresentata, l'attenzione va trasferita alla natura degli argomenti richiesti di inserimento all'ordine del giorno da parte dei consiglieri al fine di verificarne l'eventuale estraneità alle competenze del collegio.
Nello stabilire se una determinata questione sia o meno di competenza del Consiglio comunale occorre aver riguardo non solo agli atti fondamentali espressamente elencati dal comma 2 dell'art. 42 del citato testo unico, ma anche alle funzioni di indirizzo e di controllo politico-ammministrativo di cui al comma 1 del medesimo art. 42, con la possibilità, quindi, che la trattazione da parte del collegio non debba necessariamente sfociare nell'adozione di un provvedimento finale.
In tale ottica, deve ritenersi ammissibile, ad esempio, la richiesta di iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio di interpellanze, interrogazioni a risposta orale, mozioni e di tutti gli atti previsti dallo statuto e dal regolamento sul funzionamento del consiglio comunale in cui si sostanzia l'esercizio di dette funzioni.