Uso e riproduzione di un simbolo politico

Territorio e autonomie locali
13 Marzo 2006
Categoria 
03.01 Funzioni e compiti
Sintesi/Massima 

L’apposizione di un simbolo similare o parzialmente distintivo di un contrassegno politico, su una vetrata collocata all’interno dell’edificio comunale, deve ritenersi non legittima.
Essa, infatti, può porsi in contrasto con le funzioni ed il carattere istituzionale del comune, la cui amministrazione deve rappresentare non una determinata parte politica ma l’intera comunità dei cittadini. Tale apposizione potrebbe, infatti, risultare potenzialmente lesiva di coloro che non si identificano con l’idea politica rappresentata da quel simbolo.
Nell’ambito dei segni distintivi, ciò si traduce nell’esposizione unicamente dello stemma e del gonfalone e non di altri simboli fuorvianti l’identità collettiva. Ciò posto, va osservato che, ex art. 6 comma 2 TUOEL, la disciplina dello stemma e del gonfalone è rimessa all’autonomia statutaria dell’ente.

Testo 

E' stato chiesto il parere  di questa Direzione Centrale in merito all'uso e alla riproduzione di un  simbolo  presente nel contrassegno di un partito.
Si ritiene che l'apposizione di un simbolo similare o parzialmente distintivo di un contrassegno politico non sia legittima ove, come avviene nel caso di specie, essa sia riprodotta su una vetrata collocata nella sede municipale.
 Al riguardo, si ritiene di evidenziare che la presenza di tale simbolo proprio all'interno dell'edificio comunale, può porsi in contrasto con le funzioni e il carattere istituzionale del comune, la cui amministrazione rappresenta non una determinata parte politica ma la comunità dei cittadini, ed è pertanto potenzialmente lesiva della collettività che non si identifica con l'idea politica propria di quel simbolo.
            L'utilizzo del simbolo del partito non risulta, a parere di questo Ufficio, esente da perplessità riguardo l'uso proprio degli elementi distintivi.
            La questione prospettata, anomala e peculiare per la circostanza che  sia  un ente locale a consentire l'uso del simbolo di un partito politico, si pone  sia sotto il profilo soggettivo, a livello di capacità giuridica e quindi dell'idoneità ad essere soggetto di diritto a far uso di un simbolo che non è distintivo dell'ente locale nel suo insieme bensì dell'ideologia politica di un partito; sia, sotto un profilo oggettivo, come vizio di identificazione del soggetto esponente, il comune, che può essere rappresentato esclusivamente dallo stemma comunale, unico deputato a tale funzione.
La normativa speciale vigente nella materia elettorale nulla dispone specificamente in punto di disciplina dell'utilizzo e tutela dei segni distintivi di partito, se non finalizzata alla presentazione delle candidature e delle liste (es. art. 2 D.P.R. n. 132/93, art. 14 D.P.R. n. 361/57);  nella materia la giurisprudenza  amministrativa si è formata sotto il profilo della tutela di tali segni distintivi, intesi quali insieme di elementi grafici essenziali in cui si riassume l'attitudine individuante del partito, principalmente riguardo la violazione dell'art. 33 del D.P.R. n. 570/60 per aspetti connessi alla ricusazione dei contrassegni "identici" e "facilmente confondibili" con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici. Tale giurisprudenza, affermatasi per tutelare comunque la libertà del diritto costituzionalmente garantito al voto, fa emergere quanto essenziale sia, perchè il libero confronto tra formazioni politiche di fronte al cittadino elettore avvenga in modo corretto e leale, l'uso di nomi e simboli non equivoci che ne consentano la sicura identificazione da parte di tutti.
Ai fini che qui interessano emerge che l'appartenenza del simbolo ad un partito è il principale elemento identificativo del gruppo e deve essere unico e inconfondibile rispetto a quello degli altri partiti e quindi anche di altri soggetti giuridici che con esso non possono identificarsi.
Se quindi il simbolo rappresentativo del gruppo politico o una parte significativa dello stesso è usata da un'amministrazione comunale è chiaro che si palesa l'appartenenza dell'esponente alla parte politica rappresentata dal simbolo stesso a scapito della minoranza, ponendosi in contrasto con il principio generale per il quale il comportamento degli amministratori deve essere improntato all'imparzialità e alla corretta amministrazione.
In particolare il sindaco, quale capo dell'amministrazione comunale, rappresenta tutti i cittadini e non solo gli elettori appartenenti alla sua stessa compagine politica, ma anche  quelli che hanno espresso una diversa preferenza. Ciò, nell'ambito dei segni distintivi, si traduce nell'esposizione unicamente dello stemma e del gonfalone, come ente esponenziale di una comunità e non di altri simboli fuorvianti l'dentità collettiva.
Va peraltro rilevato che l'art. 12 del D.P.R. n. 121/2000 prevede che la materia dell'esposizione delle bandiere all'esterno e all'interno delle sedi delle regioni e degli enti locali è oggetto di autonomia normativa e regolamentare delle rispettive amministrazioni, fermo restando l'obbligo di esposizione congiunta con la bandiera nazionale o quella europea, del vessillo o del gonfalone proprio dell'ente, ogni volta che è prescritta l'esposizione di quest'ultimo e osservata la prioritaria dignità della bandiera nazionale. Tale norma è stata interpretatata  dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato – cui è ascritta la competenza nella materia dell'esposizione della bandiera nazionale, nel senso che sugli edifici pubblici degli enti locali alle bandiere nazionale ed europea possono essere aggiunte le rispettive bandiere ufficiali; in tale occasione ha espressamente affermato che " non possono essere esposti simboli privati, quali insegne di partito, simboli di associazioni e organismi vari". 
Si ritiene che analoga preclusione possa essere estesa al caso prospettato e quindi valere anche per l'esposizione del predetto simbolo politico, seppure all'interno dell'edificio municipale.
Ciò posto, può soggiungersi che il solo simbolo identificativo dell'ente locale nella sua interezza è proprio lo stemma comunale, la cui  determinazione, ai sensi dell'art. 6, comma 2 del T.U.O.E.L. n. 267/2000, essendo demandata all'autonomia dell'ente, forma oggetto di identificazione statutaria. Risulta evidente che, in linea generale,  la disciplina dell'uso di tale elemento distintivo deve trovare adeguata soluzione in quell'autonomia normativa e organizzativa, significando che le modalità di utilizzazione dello stemma comunale debbono formare oggetto di specifica disciplina regolamentare dell'ente, che legittimamente può rimetterne la valutazione,  caso per caso, al preventivo vaglio della giunta.
Per inciso è utile in questo contesto rappresentare che lo stemma del comune e della provincia, che ad oggi trova la propria disciplina nel R.D. 7 giugno 1943 n. 651, reso esecutivo con R.D. n. 652/43, forma oggetto di proprietà da parte del soggetto ente che si identifica con la riproduzione grafica, che quindi può esercitare facoltà e poteri propri di questo diritto: anzitutto la tutela contro atti appropriativi, quali quelli di usurpazione, totale o parziale del titolo; ma anche contro un suo uso improprio o comunque non consentito. La tutela dello stemma come elemento grafico rappresentativo della identità dell'ente è riconducibile nell'ambito della tutela del diritto al nome prevista dall'art. 7 del codice civile. Tale tutela copre il diritto all'uso e assicura la cessazione del pregiudizio derivante dall'uso che altri indebitamente ne faccia, prevedendo anche il risarcimento dei danni.