La norma statutaria che preveda la possibilità per il presidente di un’unione di comuni di delegare la propria carica ad un consigliere del suo comune o ad un consigliere membro del consiglio comunitario, eluderebbe la ratio dell’art. 32 D. Lgs. 267/2000.
Tale disposizione statutaria, infatti, non risulterebbe legittima sotto il profilo soggettivo, in quanto le funzioni di presidente verrebbero svolte da un soggetto che, sebbene amministratore locale, non ricopre la carica elettiva di sindaco, in disaccordo con il citato art. 32 comma 3 TUOEL in base al quale lo statuto deve prevedere che il presidente dell’unione sia scelto tra i sindaci dei comuni interessati.
La previsione di una delega della carica di presidente, però, offrirebbe aspetti di criticità anche sotto il profilo oggettivo, in quanto si realizzerebbe, con un atto unilaterale e permanente sino a revoca, un trasferimento di tutte le competenze proprie del presidente. Ciò risulterebbe in contrasto con l’istituto della delega che, secondo i principi generali, ha ad oggetto alcune competenze relative a specifiche funzioni o settori di attività.
Da ultimo si segnalano le questioni di compatibilità e sovrapposizioni di funzioni con la figura del vice presidente dell’unione, ove prevista dallo statuto di riferimento.
E' stato chiesto da un' unione dei comuni di conoscere il parere di questa Direzione in merito alla possibilità di prevedere una norma statutaria che consenta al presidente dell'unione dei comuni di delegare il proprio incarico ad un consigliere del suo comune.
In via preliminare è opportuno considerare che il legislatore ha delineato l'istituto dell'unione dei comuni disciplinandolo nei suoi elementi essenziali – che si ritengono inderogabili – e demandando all'autonomia statutaria e regolamentare dell'unione medesima la disciplina dei propri organi e della propria organizzazione.
In particolare l'art. 32 , comma 2 del T.U.O.E.L. n. 267/2000 stabilisce che "lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione" ed il successivo comma 3 dispone che lo statuto deve prevedere, come contenuto obbligatorio, la figura del "Presidente dell'Unione, scelto tra i Sindaci dei comuni interessati " e che gli "altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze".
Si desume chiaramente che la volontà del legislatore statale sia quella di configurare il presidente dell'unione quale organo necessario dell'ente, il quale deve però coincidere con uno dei sindaci dei comuni aderenti all'unione, mentre gli "altri organi" devono essere composti esclusivamente da assessori o consiglieri dei comuni associati, attraverso una elezione indiretta.
Posto quindi che la norma individua gli organi che nell'unione devono essere presenti, con un criterio di tipicità soggettiva, e tenuto conto che non vige un sistema di elezione diretta degli organi stessi, all'autonomia statutaria è consentito indicare le modalità con le quali addivenire alla costituzione dei predetti organi rappresentativi, presumibilmente con il ricorso alla riunione congiunta dei sindaci che procederanno all'elezione del presidente, degli assessori, che nomineranno a loro volta i componenti dell'organo esecutivo, dei consiglieri, che eleggeranno i propri rappresentanti nell'assemblea dei comuni, tenendo presente che degli organi collegiali dell'uione dovranno far parte anche le rappresentanze delle minoranze. (in tal senso cfr. "Il diritto degli enti locali" Maggiora)
Alla luce di tali considerazioni, si osserva che prevedere la possibilità per il presidente di delegare la propria carica ad un consigliere del suo comune o anche ad un consigliere membro del consiglio comunitario, possa eludere la ratio del citato art. 32 connessa al rilievo dato all'identità degli amministratori ivi individuati, e, testualmente, la previsione – ritenuta inderogabile - che le relative funzioni presidenziali debbano essere svolte da uno dei sindaci dei comuni aderenti.
Pertanto può concludersi che tale soluzione statutaria non sarebbe pienamente legittima sia sotto il profilo soggettivo, poiché le funzioni di presidente verrebbero esercitate da soggetto che, pur essendo amministratore locale "appartenente" ad un ente aderente all'unione, non ricopre la carica elettiva di sindaco, sia sotto il profilo oggettivo, poiché, con la previsione della delega della carica di presidente, si avrebbe attraverso un atto unilaterale, non concertato, e permanente sino a revoca, un trasferimento di tutte le competenze sue proprie .
E ciò non sarebbe peraltro in linea con l'istituto della delega che, secondo principi generali, ha ad oggetto alcune competenze relative a specifiche funzioni e/o materie e settori di attività: l'organo investito in via primaria della competenza di una data materia consente unilateralmente, mediante un atto formale, ad un altro organo, di esercitare la stessa competenza.
Nel caso prospettato, va anche osservato che la previsione di una figura di "consigliere delegato dal presidente" a svolgere tutte le sue funzioni, oltre ad alterare i principi di organizzazione interna dell'ente associativo poiché lo stesso potrebbe esercitare poteri ulteriori rispetto a quelli degli altri consiglieri sui dirigenti, funzionari e responsabili degli uffici dell'unione stessa, porrebbe anche questioni di compatibilità e sovrapposizione di funzioni rispetto alla diversa figura del vice presidente, presente nello statuto dell' unione in questione che ha poteri sostitutivi temporanei.