Diniego opposto dal Sindaco di un Comune alla richiesta di convocazione del Consiglio ex art.39, comma 2, del T.U.O.E.L.

Territorio e autonomie locali
31 Gennaio 2006
Categoria 
05.02.07 Richiesta convocazione Consiglio da parte di un quinto
Sintesi/Massima 

Diniego opposto dal Sindaco di un Comune alla richiesta di convocazione del Consiglio ex art.39, comma 2, del T.U.O.E.L.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota, con la quale si chiede di conoscere l'avviso di questa Direzione Centrale in merito al diniego opposto dal Sindaco di un Comune alla richiesta di convocazione del Consiglio ex art.39, comma 2, del T.U.O.E.L., per la discussione di una serie di mozioni ed interrogazioni concernenti vari affari dell'Ente, diniego motivato sostenendo che materia di mozioni ed interrogazioni sarebbero 'unicamente le competenze del Consiglio comunale elencate all'art.42 del T.U.O.E.L. 267/2000'.
Al riguardo, va rilevato anzitutto che secondo il citato art.39 - ... il presidente del consiglio comunale ( il sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti ) è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri ... inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste-.
La norma sembra, pertanto, configurare un obbligo del Presidente del consiglio comunale (o del Sindaco) di procedere alla convocazione dell'organo assembleare, - come si evince dalla previsione del termine di adempimen-
to (20 giorni) – per la trattazione da parte del Consiglio, delle questioni richieste, senza alcun riferimento alla necessaria adozione di determinazioni, da parte del consiglio stesso.
Tale diritto di iniziativa, del resto, " ... è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell'ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve (venti giorni) (vedasi T.A.R. Puglia, Sez. 1, 25 luglio 2001,n.4278).
L'orientamento che vede riconosciuto e definito '... il potere dei consiglieri (-della minoranza-) di chiedere la convocazione del Consiglio medesimo' come 'diritto' dal legislatore è, quindi, ormai ampiamente consolidato (vedasi T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I del 4 febbraio 2004, n. 124).
La questione sulla sindacabilità, dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell'assemblea, si è ormai da tempo orientata, nel senso che al Presidente del Consiglio (o al Sindaco), spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), non potendo comunque sindacarne l'oggetto.
Consolidata giurisprudenza in materia si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, 'al presidente del consiglio comunale spetta soltanto
la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno' (T.A.R. Piemonte, Sez. Il, 24 aprile 1996, n. 268).
Più di recente, inoltre, si è sostenuto che - ... appartiene ai poteri sovrani dell'assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso (questione pregiudiziale) ovvero se ne debba rinviare la discussione (questione sospensiva) (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. 1, 25 luglio 2001, n. 4278 e sempre T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. 1, 4 febbraio 2004, n. 124).
Sarà pertanto il consiglio comunale a dover decidere, in via pregiudiziale, se procedere o meno all'esame della questione proposta dai consiglieri di minoranza.
Va peraltro rilevato che l'art. 43 del citato testo unico demanda alla potestà statutaria e regolamentare dei Comuni e delle province la disciplina delle modalità di presentazione delle interrogazioni, delle mozioni e di ogni altra istanza di sindacato ispettivo proposta dai consiglieri, nonchè delle relative risposte, che devono comunque essere fornite entro trenta giorni.
In particolare, secondo l'art.11 del regolamento sul funzionamento del Consiglio comunale, i contenuti che possono assumere tali iniziative dei consiglieri non sono limitati agli atti fondamentali di competenza del Consiglio comunale, ma possono riguardare qualsiasi argomento 'che interessa anche indirettamente la vita e l'attività del Comune'.
Il successivo articolo 12 precisa inoltre che la mozione può consistere non solo 'in una proposta concreta di deliberazione', ma anche in una proposta di voto su di un argomento diretto a promuovere o impegnare, secondo un determinato orientamento, l'attività dell'amministrazione comunale sull'argomento stesso, oppure anche in una proposta di voto per esprimere un giudizio in merito a particolari disposizioni o atteggiamenti del Sindaco o della Giunta comunale, ovvero un giudizio sull'intero indirizzo dell'amministrazione'.
Quanto alle modalità di presentazione e di discussione, l'articolo medesimo prevede che 'le mozioni devono essere presentate per iscritto e sono poste all'ordine del giorno della prima seduta consiliare', che deve aver luogo entro venti giorni quando sia sottoscritta da almeno un quinto dei consiglieri assegnati al Comune e contenga la domanda di convocazione del Consiglio'.
Analogamente dispongono gli artt.13 e 14 per le interpellanze e le interrogazioni, prevedendo che le medesime debbano essere iscritte all'ordine del giorno della prima seduta del Consiglio. Nè, in senso contrario, può invocarsi il comma 5 del medesimo art.14, per il quale il Sindaco, con provvedimento motivato, può notificare il diniego delle interpellanze e delle interrogazioni 'ritenute non proponibili'.
A prescindere dalla legittimità o meno di tale norma regolamentare, va rilevato che la medesima non sarebbe comunque applicabile al caso de quo, in quanto lo stesso comma dispone altresì che qualora l'interrogazione o l'interpellanza sia sottoscritta da almeno tre consiglieri, la medesima 'dovrà essere iscritta senza altro indugio all'ordine del giorno della prima seduta consiliare'.
Per le considerazioni suesposte, si ritiene che il Sindaco debba necessariamente provvedere alla convocazione del Consiglio comunale per la discussione delle mozioni e delle interrogazioni in questione, purchè le medesime siano presentate per iscritto, come richiesto dalle disposizioni regolamentari sopra citate.