Situazione di incompatibilità per amministratore, legale del comune
E'stato formulato un quesito teso a conoscere se sussiste incompatibilità nel confronti di un consigliere che, libero professionista in qualità di avvocato, ha ricevuto incarichi legali per difendere gli interessi dell'ente in vertenze con privati cittadini, ancora non definite od in corso, incarichi ricevuti dall'ente anteriormente alle elezioni amministrative.
La questione va esaminata alla luce dell'art. 63 comma 1, n.2, del decreto legislativo n. 267/2000, che prevede l'incompatibilità a rivestire la carica di consigliere comunale per coloro che, con poteri di rappresentanza o coordinamento, hanno parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritto, somministrazioni o appalti nell'interesse del comune. e per coloro che, in veste di consulenti legali, amministrativi e tecnici, prestano opera in modo continuativo in favore di imprese, enti, istituti, aziende e società soggetti a vigilanza o sovvenzionati dal comune.
La causa ostativa all'espletamento della carica è stata riconosciuta sussistere dalla giurisprudenza anche laddove vengono svolte attività professionali con carattere di continuità nell'interesse dell'ente territoriale, che potrebbero sostanziare quindi in un potenziale conflitto tra il dovere d'ufficio e l'interesse personale.
Con riferimento al rapporto di lavoro libero professionale, la Corte di Cassazione ha ritenuto (Cass. Civ. 8 gennaio 1979, n. 72) che gli incarichi saltuari non hanno peso rilevante sull'elettorato passivo, ed ancora (Cass. Civ. 14 maggio 1975, n. 1854) che è irrilevante il susseguirsi di una serie di incarichi professionali a meno che non si ripetano costantemente nel tempo.
Considerato, quindi, che l'ipotesi ostativa allo svolgimento del mandato prevista dall'art. 63 del T.U.E.L., si concretizza in presenza della nozione della 'continuità', implicante esclusività e permanenza della prestazione professionale, codesto ente dovrà effettuare le opportune verifiche sulla sussistenza di tale condizione, ai fini dell'applicabilità della causa ostativa nella fattispecie in esame.
Ad ogni buon conto, si richiama, infine, l'art. 78 del decreto legislativo n. 267/2000, che impone all'amministratore interessato l'obbligo di astensione dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti l'interesse proprio o di parenti affini sino al quarto grado, al fine di escludere un'indebita commistione tra l'esercizio di funzioni pubbliche e gli interessi personali di cui il medesimo potrebbe essere portatore.
Merita infine menzione il comma 5 dello stesso art. 78, del cui principio ispiratore occorre tenere conto, per motivi di ragionevolezza, anche nel caso di incarichi professionali presso lo stesso ente di cui il professionista è ammininistratore.