Diritto di accesso al protocollo informatico dell’ente.

Territorio e autonomie locali
17 Novembre 2005
Categoria 
05.02.06 Diritto di accesso
Sintesi/Massima 

Diritto di accesso al protocollo informatico dell’ente.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale è stato chiesto l'avviso della scrivente in ordine all'accesso, da parte di un consigliere comunale, al protocollo informatico dell'ente.
Al riguardo, si fa preliminarmente presente che l'accesso dei consiglieri comunali e provinciali agli atti amministrativi dell'ente locale, disciplinato dall'art. 43, comma 2, del T.U.O.E.L. n. 267/2000, prevede in capo agli stessi il diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato.
Dalla finalizzazione dell'accesso all'espletamento del mandato (C.d.S., sez V, 26 settembre 2000, n. 5109), deriva l'assenza dell'onere della motivazione da parte del consigliere comunale che ' . non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo a richiederlo ' (C.d.S., sez. V, del 13 novembre 2002, n. 6293).
L'interpretazione data nel corso del tempo al diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri non è stata sempre univoca e si sono formati al riguardo orientamenti giurisprudenziali talvolta contrapposti. Attualmente la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è orientata nel senso dell'accessibilità dei consiglieri comunali a tutti i documenti adottati dal comune, in virtù del munus agli stessi affidato.
Con la sentenza della sezione V del 4 maggio 2004, n. 2716, il Consiglio di Stato, ha affermato l'ampiezza di tale facoltà asserendo, in sostanza, l'assenza di limiti al diritto in parola in quanto ' . i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione' ed inoltre che ' . l'espletamento del mandato di cui sono investiti i consiglieri comunali li abilita a conoscere tutte quante le attività svolte dall'Amministrazione comunale nonché dalle aziende e dagli enti dipendenti, affinché possano consapevolmente intervenire in ogni singolo settore '.
L'Alto Consesso sostiene, pertanto, che '. qualsiasi limitazione verrebbe a restringere la possibilità di intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulla possibilità d'integrale espletamento del mandato ricevuto' e che pertanto, ' .una richiesta di accesso avanzata da un consigliere a motivo dell'espletamento del proprio mandato risulta congruamente motivata e non può essere disattesa dall'Amministrazione'.
La notevole portata del diritto di accesso del consigliere comunale per l'espletamento del proprio mandato istituzionale, non veniva riconosciuta da parte della giurisprudenza anteriore, che riteneva che il diritto di accesso del consigliere, non fosse configurabile come generalizzato ed indiscriminato fino ad ottenere qualsiasi tipo di atto dell'Ente (C.d.S., sez. V, 8 settembre 1994, n. 976 ) ed in particolare che non consentisse la visione generalizzata del registro di protocollo dell'ente.
In tal senso si è espresso il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto il quale ha ritenuto che si debba escludere in capo ai consiglieri un indiscriminato diritto di accesso al registro del protocollo, in quanto lo stesso può ben riportare materie coperte da segreto e notizie riservate (T.A.R. Veneto, Sez. I, 30 marzo 1995, n. 498).
Tale orientamento trae origine dalla considerazione che il diritto di accesso dei consiglieri riguarda gli atti, intesi come i documenti dai quali è possibile desumere l'attività giuridica compiuta dagli organi dell'ente e i documenti ad essi collegati, mentre il registro di protocollo è un documento per la classificazione degli atti ad uso strumentale che l'ente deve utilizzare per l'esercizio dei propri compiti amministrativi, a sua visione non disciplinata potrebbe ostacolare lo svolgimento dell'attività dell'ente.
Del resto, le richieste dei consiglieri devono essere determinate e non generiche in modo da non comportare intralcio o disservizi incidendo negativamente sul regolare funzionamento degli uffici comunali (C.d.S., sez. V, 13 novembre 2002 n. 6293) e non vi è dubbio che la richiesta di accesso al protocollo informatico (disciplinato dal Testo Unico, adottato con d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), sia generica e priva di individuazione specifica dell'oggetto su cui avrebbe dovuto esercitarsi il diritto di accesso.
La Commissione per l'accesso alla documentazione amministrativa, ha confermato tale indirizzo sostenendo che ' . è generale dovere della pubblica amministrazione ispirare la propria attività al principio di economicità da cui discende l'esigenza di non aggravare le procedure esecutive se non per giustificati, particolari motivi', e, pertanto, i soggetti che richiedono la prestazione amministrativa, soprattutto se appartenenti alla stessa amministrazione, sono tenuti a modulare le proprie richieste in modo da contemperare il loro interesse con l'interesse pubblico al buon andamento dell'amministrazione ( parere deliberato il 10 dicembre 2002 ).
A seguito dell'attuale interpretazione fornita dal Consiglio di Stato a partire dalla già citata sentenza 4 maggio 2004 n. 2716, anche tale limitazione sembra ormai ampiamente superata, in quanto si afferma che ' Gli Enti locali, al pari di tutte le Pubbliche Amministrazioni, sono tenuti a curare tutti gli adempimenti a loro carico e, quindi, a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche e materiali vari) necessari all'assolvimento dei loro compiti '.
Pertanto, l'unico limite ravvisabile potrebbe essere rappresentato dalla esigenza di tutelare, anche da parte dei consiglieri comunali e provinciali, la riservatezza dei terzi.
Al riguardo, si ritiene che la stessa sia sufficientemente tutelata dalla disposizione di cui al comma 2 dell'art. 43 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 che stabilisce ' Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge'.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha affermato che al consigliere, comunale spetta un'ampia e qualificata posizione di pretesa all'informazione 'ratione officii' ' . rispetto alla quale non gli sono opponibili profili di riservatezza a condizione che i documenti e le informazioni richiesti siano pertinenti all'esercizio del mandato (non essendo altrimenti utili per il suo espletamento), e che egli se ne avvalga a tale fine, e fermi restando gli obblighi di tutela del segreto e i divieti di divulgazione di dati personali stabiliti dalla normativa' (C.d.S., sez. V, 26 settembre 2000, n. 5109).
Lo stesso Consiglio di Stato, nella nota sentenza n. 2716/2004, ha ribadito che ' . essendo i detti consiglieri tenuti al segreto nel caso di atti riguardanti la riservatezza dei terzi, non sussiste, all' evidenza, alcuna ragione logica perché possa essere inibito l'accesso ad atti riguardanti i dati riservati di terzi'.
In modo analogo, sulla riservatezza dei terzi, si è espresso anche il Garante per la protezione dei dati personali, sostenendo l'accessibilità, purché si mantenga il rispetto del principio di pertinenza stabilito dall'art. 9, comma 1, lett. d) della legge n. 675/1996 in relazione alle notizie ed alle informazioni acquisite, secondo cui l'accesso è permesso ai dati effettivamente utili per lo svolgimento del mandato, salvo eventuali ipotesi di segreto d'ufficio nei casi espressamente indicati dalla legge (vedasi anche il citato parere della Commissione per l'accesso del 10 dicembre 2002 – Comune di Rocca di Papa).
Infine, anche il T.A.R. Lombardia, Brescia (sentenza 19 aprile 2005 n. 362) ha precisato che il ' . diritto di accesso dei consiglieri comunali non trova un limite neppure nei diritti tutelati dall'ordinamento - fra cui la riservatezza, anche di terzi - essendo i consiglieri tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge'.
Nello Statuto dell'ente, in ordine al diritto di accesso, all'art. 1, comma 3, sono state, sostanzialmente, riprodotte le disposizioni della norma statale ' I Consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune nonché dalle aziende, istituzioni o enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del proprio mandato. Essi, nei limiti e nelle forme stabilite dal regolamento, hanno diritto di visionare gli atti e documenti, anche preparatori e di conoscere ogni altro atto utilizzato ai fini dell'attività amministrativa e sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge..'.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che l'accesso al protocollo informatico dell'ente in questione non possa essere negato, fatta salva la possibilità dell'ente locale, nell'ambito della propria autonomia, di dotarsi, ove mancante, di un'apposita normativa regolamentare, mediante la quale disciplinarne le modalità di esercizio in termini tali da renderle compatibili con il regolare svolgimento dell'attività degli uffici.
Si segnala, infine, che l'attuale orientamento della giurisprudenza sul diritto d'accesso, particolarmente tutelato, come si è visto, per i consiglieri comunali e provinciali, ha trovato una ulteriore conferma nella previsione di una tutela amministrativa innanzi alla Commissione per l'Accesso ai documenti amministrativi introdotta con la legge 11 febbraio 2005, n. 15 che ha integrato l'art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241; il ricorso suddetto, che non è alternativo a quello giurisdizionale, garantisce il rispetto del contraddittorio e comporta, in caso di accoglimento, che la Commissione ordini all'amministrazione l'esibizione, ove necessario entro un termine perentorio, del documento richiesto.