- Una Unione di Comuni può apportare al proprio statuto le modifiche ritenute necessarie, ovvero tali modifiche devono essere deliberate dai consigli dei singoli Comuni associati.

Territorio e autonomie locali
5 Ottobre 2005
Categoria 
07.01 Unione dei Comuni
Sintesi/Massima 

- Una Unione di Comuni può apportare al proprio statuto le modifiche ritenute necessarie, ovvero tali modifiche devono essere deliberate dai consigli dei singoli Comuni associati.

Testo 

Il quesito trasmesso è diretto a conoscere se, alla luce dell'art.4 della legge n. 131 del 2003, una Unione di Comuni possa apportare essa stessa al proprio statuto le modifiche ritenute necessarie, ovvero se tali modifiche debbano essere deliberate dai consigli dei singoli Comuni associati.
Al riguardo, va rilevato che l'art.32 del T.U.O.E.L n. 267 del 2000 prevede, al comma 2, che 'l'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie'.
Il comma 5 del medesimo art.32 dispone altresì che 'alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni'.
In forza di tale ultima norma devono dunque ritenersi applicabili anche alle unioni le disposizioni dell'art.6 del citato testo unico, nella parte (comma 4, ultimo periodo) in cui stabilisce che le norme sulla procedura di approvazione degli statuti comunali 'si applicano anche alle modifiche statutarie'.
Ma anche al di là dell'applicabilità all''ipotesi in questione delle richiamate disposizioni, alle medesime conclusioni deve comunque pervenirsi in base al quadro costituzionale di riferimento.
L'art.118 della Costituzione prevede, infatti, che 'le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza'.
In base a tale norma i Comuni rimangono titolari delle funzioni amministrative proprie anche qualora, in applicazione dei citati principi costituzionali, decidano volontariamente di conferire l'esercizio di alcune di esse ad una unione, e ciò in quanto quest'ultima non è altro che 'una proiezione dei Comuni che ad essa fanno capo', come precisato dalla Corte Costituzionale già con la sentenza n. 229 del 2001 e ribadito di recente con la decisione n. 244 del 24 giugno 2005.
Ciò posto, va rilevato che uno dei contenuti necessari dello statuto delle unioni è rappresentato, in base al citato art.32, dall'individuazione delle funzioni conferite dai Comuni associati all'ente associativo.
E' chiaro, quindi, che l'ammettere la possibilità che gli organi dell'unione possano autonomamente – cioè senza bisogno di un coinvolgimento dei singoli Comuni associati – procedere a modifiche statutarie, verrebbe a confliggere con il quadro ordinamentale sopra delineato, sottraendo alla disponibilità del singolo Comune la decisione fondamentale sulla forma di esercizio, diretta o associata, delle proprie funzioni.
Si ritiene pertanto che gli organi dell'unione ben possano individuare modifiche dello statuto originario deliberato dai Comuni aderenti, ma debbano necessariamente sottoporre tali proposte al vaglio dei singoli consigli comunali, come già previsto, peraltro, dagli statuti di alcune unioni di Comuni.