Rimborsi spese
- Rifusione delle spese legali sostenute da ex amministratori
Si fa riferimento al quesito in merito alla problematica della rifusione delle spese legali sostenute da due ex amministratori, nella qualità di Vice Sindaco ed Assessore, in un procedimento penale cui erano imputati, il primo per i reati di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p. ed il secondo per i reati di cui agli artt, 81 e.p.c. 40, 317 c.p. e conclusosi con l'assoluzione degli stessi dai reati loro contestati con le seguenti formule : 'per non aver commesso il fatto' e per 'insussistenza del fatto' .
Al riguardo, si rappresenta che non esiste una disposizione che obblighi il comune a tenere indenni gli amministratori delle spese processuali sostenute in giudizi penali concernenti
imputazioni oggettivamente connesse all'espletamento dell'incarico, espressamente prevista, invece per i dipendenti comunali.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 197 del 2000, ha ritenuto costituzionalmente legittima la norma che prevede l'indennizzabilità degli oneri di difesa sopportati dai dipendenti, nel caso si trovino sottoposti ad un procedimento in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, all'esito del quale siano dichiarati esenti da responsabilità, e non anche di quelli sostenuti dagli amministratori. La Corte ha argomentato, al riguardo, che la differenziazione di trattamento trova giustificazione nella diversità di rapporto che lega i dipendenti e gli amministratori all'ente: il rapporto di subordinazione, per i primi, un rapporto variamente configurato in dottrina ma comunque non di lavoro subordinato, per i secondi.
In linea con tale orientamento, la V sezione del Consiglio di Stato, nella decisione n. 2242/2000, ha ritenuto che alla lacuna legislativa potesse ovviarsi con una norma di carattere generale, che ha individuato nella disciplina civilistica del contratto di mandato stabilita dall'art. 1720, comma 2, del codice civile. In base a tale norma '.....Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell'incarico'.
Nella medesima decisione, il Consiglio di Stato ha comunque evidenziato la sostanziale eccezionalità del rimborso delle spese legali, necessariamente circondata da garanzie procedimentali che non hanno valore puramente formale, ma mirano ad accertare la presenza dei necessari presupposti sostanziali della pretesa, la quale, in ultima analisi, postula l'accertamento dell'assenza di responsabilità dell'amministratore in relazione al fatto generatore dell'esborso anticipato nel giudizio penale.
Ha, altresì, ribadito con richiamo alla giurisprudenza ordinaria che, ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali.
In tal senso la giurisprudenza (C.d.S., Sez. V, n. 2242/2000; Corte Conti, Sez.II n. 51/A del 2 febbraio 2001; Corte Conti Reg. Abruzzo, Sez. giurisd. N. 1122/99) ha escluso la rimborsabilità delle spese legali nel caso di dichiarata estinzione del procedimento penale per prescrizione, mancando il requisito essenziale della verifica dell'assenza del dolo e della colpa.
Ulteriore condizione è l'assenza di un conflitto di interessi tra l'attività dell'amministrazione e la condotta dell'amministratore, che il comune interessato dovrà valutare ex post, a conclusione del procedimento (cfr. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza n. 15724 del 13.12.2000 e n. 54 del 2.01.02). In base all'orientamento della magistratura (Corte dei Conti, sezioni riunite, 18.06.86, n. 501; TAR Lombardia, sezione II, 14.01.93, n. 14; TAR Piemonte, sezione II, 28.02.95, n. 138; Consiglio di Stato, sezione VI, 13.01.94, n. 20) il contrasto di interessi va escluso quando l'amministratore abbia adottato atti d'ufficio nell'esclusivo interesse dell'amministrazione e non può pertanto essere valutato in astratto ed ex ante, cioè con puro e semplice riferimento alle accuse rubricate, ma deve essere preso in considerazione in concreto, a conclusione del processo, tenuto conto dell'esito dell'istruttoria e del conseguente giudizio.
Il conflitto d'interessi sussiste tutte le volte in cui l'ente ha assunto, in atti amministrativi o in sede giurisidizionale, una linea a tutela dei propri interessi totalmente o parzialmente diversa da quella dell'amministratore, ed in ogni caso in cui emerga obiettivamente una condizione conflittuale. Così, ad esempio, nel caso in cui la condotta dell'amministratore, pur risultando irrilevante in sede penale, abbia esposto l'ente ad una condizione pregiudizievole o comunque sfavorevole, ovvero non possa ritenersi coerente con i doveri imputabili allo stesso amministratore. A tale ultimo riguardo, occorre rilevare che, avendo la richiamata giurisprudenza fondato sulla disciplina civilistica del mandato la rimborsabilità delle spese in questione, il conflitto di interesse, preclusivo del rimborso, è da ritenersi sussistente tutte le volte in cui il comportamento dell'amministratore non risulti compatibile con l'osservanza di quella ordinaria diligenza (la diligenza del buon padre di famiglia) che l'art. 1710 c.c. impone al mandatario.
Si soggiunge che, allorquando l'amministrazione si sia costituita parte civile nei confronti dell'amministratore, indipendentemente da ogni valutazione attinente l'esito del procedimento penale, appare evidente, in tale ipotesi, il conflitto di interessi tra l'ente e l'interessato (cfr. Corte di Cassazione sez.lav., sentenza n. 13624 del 17 settembre 2002).
Tutto ciò premesso, la tipologia delle fattispecie penali che hanno dato luogo al giudizio, conclusosi poi con l'assoluzione, porta di per sé ad escludere che la condotta sia stata posta in essere a causa dell'incarico ricoperto e nell'esclusivo interesse dell'amministrazione, condizioni, queste ritenute essenziali dalla giurisprudenza per la rifusione delle spese legali.
Fermo restando la inidoneità dei comportamenti degli interessati ad integrare gli estremi di reato, non possono essere riportati all'alveo della riferibilità al volere dell'amministrazione locale fatti ed atti che per definizione di legge –associazione a delinquere di stampo mafioso- corruzione- sono estranei all'assolvimento dei compiti d'ufficio e si pongono, altresì, in palese contrapposizione con gli interessi dell'amministrazione stessa.
Atteso, infatti, che il Consiglio di Stato, nella decisione citata, ha statuito l'attitudine dell'art. 1720, comma 2, c.c. –secondo cui il mandante deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell'incarico- ad essere applicato, in via analogica, ai rapporti tra ente locale ed amministratore, riconoscendo così anche a quest'ultimo il diritto al ristoro delle perdite sopportate nella gestione dell'interesse altrui, è essenziale, ai fini dell'ammissibilità della rifusione delle spese legali, che l'atto che ha dato origine all'esborso sia riconducibile all'espletamento del mandato elettivo ed effettuato a causa dello stesso, nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza.
Per quanto esposto, salvo diverse valutazioni che possono trarsi dalla sentenza di assoluzione circa la sussistenza dei requisiti incontrovertibili del collegamento dell'attività istituzionale e dell'interesse dell'ente, non sembrano ricorrere, nella fattispecie in esame, le condizioni per la rifusione delle spese legali.