Gettoni di presenza - Incompatibilità per lite pendente, ai sensi dell’art. 63 del decreto legislativo n. 267/2000.

Territorio e autonomie locali
25 Marzo 2005
Categoria 
13.01.05 Compensi: gettoni di presenza
Sintesi/Massima 

Gettoni di presenza
- Incompatibilità per lite pendente, ai sensi dell’art. 63 del decreto legislativo n. 267/2000.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale è stato chiesto di conoscere se sussista causa di incompatibilità, in capo ad un assessore, ora consigliere comunale, che ha citato in giudizio il proprio comune per il rimborso delle spese legali sostenute in occasione di un procedimento penale per querela, conclusosi con sentenza passata in giudicato con la formula di non luogo a procedere per insussistenza del fatto.
Si rappresenta che, in forza dell'art. 63, comma 1, n. 4, del TUEL, la causa di incompatibilità per lite pendente prevista per il sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, attiene all'essere parte di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell'ente di riferimento. Si rileva, dunque, che per la fattispecie di cui alla citata norma, l'incompatibilità consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'espressione 'essere parte di un procedimento' va intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla qualità di parte in senso processuale. Agli effetti della sussistenza della causa di incompatibilità della lite pendente con il comune, non sono, infine, sindacabili i motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce 'ex se' il presupposto dell'incompatibilità (Cass. Civ. sez. I, 16 febbraio 1991, n. 1666).
Ciò posto, la questione va esaminata sotto il profilo della operatività dell'esimente di cui all'art. 63, comma 3, del decreto legislativo n. 267/2000, secondo il quale l'incompatibilità con la carica di amministratore comunale, per effetto di lite civile o amministrativa con il comune, non sussiste in relazione ai fatti connessi con l'esercizio del mandato. La nozione di fatto connesso con l'esercizio del mandato si riferisce esclusivamente ai comportamenti collegati all'esercizio della funzione, in quanto concorrenti al perseguimento degli interessi generali propri di essa.
Nella fattispecie, l'azione promossa dall'amministratore, ai fini del riconoscimento del rimborso spese legali, trova ragione d'essere nella vicenda in cui il medesimo è risultato coinvolto, in virtù delle proprie dichiarazioni rese durante una seduta consiliare, relativa alla risposta ad una interrogazione, fatto che è indubbiamente prerogativa dell'attività consiliare. In conseguenza di tali dichiarazioni, è stato aperto il procedimento penale conclusosi con formula assolutoria, i quali oneri legali formano oggetto dell'azione innanzi al giudice civile.
Atteso il dato obiettivo della connessione del fatto generatore della lite con l'esercizio del mandato, si ritiene operante l'esimente di cui all'art. 63, comma 3, del decreto legislativo n. 267/2000, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa attivata in sede civile dall'amministratore, sulla quale, trattandosi di vertenza in corso, questo Ministero non ritiene in alcun modo di potersi pronunciare.