Quesito in merito alla sussistenza o meno di un obbligo da parte del presidente del consiglio comunale di convocare il consiglio comunale, su iniziativa di un quinto dei consiglieri, per la trattazione, previo inserimento nell’ordine del giorno, di questioni riguardanti materie non espressamente di competenza del Consiglio comunale o riservate in via esclusiva alla Giunta o ai dirigenti
Si fa riferimento ad una nota con la quale si richiede l'avviso di questa Direzione Centrale in merito alla sussistenza o meno di un obbligo da parte del presidente del consiglio comunale di convocare il consiglio comunale, su iniziativa di un quinto dei consiglieri, per la trattazione, previo inserimento nell'ordine del giorno, di questioni riguardanti materie non espressamente di competenza del Consiglio comunale o riservate in via esclusiva alla Giunta o ai dirigenti.
Al riguardo, va rilevato, preliminarmente, che l'art. 39, comma 2, del T.U.O.E.L. 267/2000 prevede espressamente che ' . il presidente del consiglio comunale ( il sindaco nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti ) è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri . inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste '.
La norma sembra, pertanto, configurare un obbligo del Presidente del consiglio comunale (o del Sindaco) di procedere alla convocazione dell'organo assembleare, - come si evince dalla previsione del termine di adempimento (20 giorni) - per la trattazione da parte del Consiglio, delle questioni richieste, senza alcun riferimento alla necessaria adozione di determinazioni, da parte del consiglio stesso.
Infatti, tale diritto di iniziativa. ' . è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell'ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve (venti giorni) ( vedasi T.A.R. Puglia, Sez. I, 25 luglio 2001, n. 4278).
L'orientamento che vede riconosciuto e definito ' . il potere dei consiglieri ('della minoranza') di chiedere la convocazione del Consiglio medesimo ' come 'diritto' dal legislatore è, pertanto, ormai ampiamente consolidato (vedasi T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I del 4 febbraio 2004, n. 124).
La dibattuta questione sulla sindacabilità, da parte del Presidente del Consiglio, dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell'assemblea, si è orientata, per giurisprudenza consolidata, nel senso che allo stesso spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non si ritiene che possa sindacarne l'oggetto.
La giurisprudenza in materia, infatti, si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, 'al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno' (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 24 aprile 1996, n. 268).
Inoltre anche più di recente si è sostenuto che ' . appartiene ai poteri sovrani dell'assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso (questione pregiudiziale) ovvero se ne debba rinviare la discussione (questione sospensiva) ( T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 25 luglio 2001, n. 4278 e sempre T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 4 febbraio 2004, n. 124).
In tal senso si è anche espressa autorevole dottrina, che ha recepito l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la soluzione più corretta - anche se può prestarsi a finalità ostruzionistiche - sembra essere quella di lasciare al Consiglio di pronunciarsi in merito (vedasi F. Staderini, 'Diritto degli Enti locali'. CEDAM, X edizione, pagg. 162 e ss.).
Alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, si deduce che le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono la carenza del prescritto numero di consiglieri oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del Consiglio.
Con riguardo a quest'ultimo ambito, tuttavia, occorre rilevare che, qualora l'intenzione dei proponenti non fosse diretta a provocare una delibera in merito del Consiglio comunale, bensì a porre in essere un atto di sindacato ispettivo, anche se non formulato secondo lo schema abitualmente previsto per le interpellanze e le interrogazioni. si potrebbe ipotizzare, ai sensi dell'art. 42, comma 1 del T.U.O.E.L. n. 267/2000, che rientri nella competenza del Consiglio comunale in qualità di ' . organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo ' anche la trattazione di 'questioni' che, pur non rientrando nell'elencazione del comma 2 del medesimo art. 42, attengono comunque al suddetto ambito di controllo.
Del resto, la dizione legislativa che parla di 'questioni' e non di deliberazioni o di atti fondamentali, conforta nel ritenere che la trattazione di argomenti non rientranti nella previsione del citato comma 2, dell'art. 42, non debba necessariamente essere subordinata alla successiva adozione di provvedimenti da parte del consiglio comunale.