Dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, “le commissioni consiliari permanenti possono ancora effettuare regolari sedute”.

Territorio e autonomie locali
16 Marzo 2005
Categoria 
05.02 Consigli Comunali e Provinciali
Sintesi/Massima 

Dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, “le commissioni consiliari permanenti possono ancora effettuare regolari sedute”.

Testo 

Con una nota un Ente chiede di conoscere se, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, 'le commissioni consiliari permanenti possono ancora effettuare regolari sedute'.
Al riguardo, giova precisare la natura delle commissioni in questione, che non sono organi necessari dell'Ente locale, cioè non sono componenti indispensabili della sua struttura organizzativa. Esse, in base all'art. 38 del T.U.O.E.L. 267/2000, sono organi strumentali dei consigli ('il consiglio si avvale di commissioni') e, in quanto tali, costituiscono componenti interne dell'organo assemblare, prive di vita e di competenze autonome rispetto a quelle del Consiglio comunale.
Ne deriva che tali organismi hanno la medesima durata del Consiglio comunale, cioè 'durano in carica per un periodo di cinque anni', ai sensi dell'art. 51 del citato testo unico.
Il comma 5 del menzionato art. 38 precisa, inoltre, che 'i consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti ed improrogabili'.
Si può ritenere che, in base al principio di continuità dell'ordinamento che ha ispirato il legislatore, per 'elezione' debba intendersi il momento della proclamazione degli eletti e non la data di svolgimento delle consultazioni medesime.
La 'ratio' della norma è infatti quella di garantire che nessuna cesura abbia luogo tra la gestione del consiglio uscente e quella del consiglio entrante.
Fino a tale momento, dunque, anche le commissioni potranno continuare ad operare, ove nulla sia previsto in contrario nell'apposito regolamento, cui l'art. 61, comma 2, dello statuto di codesto Ente demanda la disciplina del 'funzionamento, della composizione, dei poteri e della durata delle commissioni'. Queste ultime, infatti, essendo dotate esclusivamente di poteri referenti, si riuniscono ed operano solo in funzione istruttoria e preparatoria delle deliberazioni che devono essere assunte dal 'plenum'.
Per quanto concerne i provvedimenti che potranno essere esaminati dalle commissioni nel periodo 'de quo', la legge non precisa quali siano gli atti che possono considerarsi 'urgenti ed improrogabili'.
Ai fini della loro concreta individuazione, che va operata caso per caso da parte dell'interprete, è utile tener conto delle finalità della norma, la quale è diretta ad evitare che, nel periodo pre-elettorale, si adottino provvedimenti che possano incidere sulla formazione della volontà elettorale degli elettori.
Secondo la giurisprudenza amministrativa in materia, la lettura più adeguata da dare ai suddetti principi 'induce ragionevolmente a ritenere che la norma in parola operi nel suo significato preclusivo con riguardo soltanto a quelle fattispecie in cui il consiglio comunale è chiamato ad operare in pieno esercizio di discrezionalità e senza interferire con i diritti fondamentali dell'individuo riconosciuti e protetti dalla fonte normativa superiore'.
In altre parole, possono ritenersi sicuramente 'urgenti ed improrogabili' solo quegli atti con i quali il Consiglio comunale è chiamato a pronunciarsi su questioni vincolate nell'an, nel quando e nel quomodo o che impingono diritti primari dell'individuo.
In tali casi, cioè, 'l'esercizio del potere non può essere rinviato (principio di doverosità) né può incontrare limiti nell'art. 38 citato, il cui precetto lascia fuori dalla fattispecie astratta tale tipo di situazioni' (cfr., in tal senso, T.AR. Puglia, Bari, Sezione Seconda, 3 febbraio 2004, n. 382).
Sulla base dei cennati principi il consiglio comunale – e, quindi, anche le relative commissioni – deve valutare caso per caso l'esistenza dei presupposti in questione, tenendo presente il criterio interpretativo di fondo che pone, quali elementi costitutivi della fattispecie, scadenze fissate improrogabilmente dalla legge e/o il rilevante danno per l'Amministrazione comunale che deriverebbe da un ritardo nel provvedere.
Va infine rilevato che, qualora il Consiglio intenda invece adottare atti a contenuto discrezionale, essendo la valutazione della necessità dell'atto rimessa all'apprezzamento dell'organo che deve emanarlo, che ne assume la relativa responsabilità politica, è necessario che la deliberazione sia adeguatamente motivata, soprattutto qualora si tratti di atti per i quali non è prescritto un termine perentorio. La giurisprudenza amministrativa ha ritenuto, ad esempio, la deliberazione di adozione di una variante al piano regolatore generale sufficientemente motivata con riferimento all'esigenza di evitare gravi danni al paesaggio naturale o all'assetto urbanistico (T.A.R. Umbria, Perugia, 13.2.1998, n. 165).