Consigli Comunali; consigliere aggiunto.
Si fa riferimento ad una nota, con la quale si chiede l'avviso di questa Direzione Centrale in merito all'iniziativa assunta da un Comune, il cui Consiglio ha approvato una modifica statutaria che prevede l'integrazione dell'organo medesimo con la presenza 'di componenti speciali nella misura massima di due unità, ulteriori rispetto al numero dei consiglieri stabilito dalla legge' - privi di diritto di voto, ma con facoltà di far parte delle commissioni consiliari e con diritto di intervento nelle sedute consiliari – eletti fra i cittadini di provenienza extracomunitaria o apolidi, residenti nel comune.
Al riguardo va rilevato che la figura del consigliere aggiunto può agevolmente inquadrarsi nella convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, sottoscritta a Strasburgo nel 1992, e ratificata con la legge 8 marzo 1994, n. 203 limitatamente ai capitoli A e B.
Il capitolo B della convenzione, in particolare, impegna gli Stati firmatari, tra l'altro, ad adottare disposizioni appropriate a livello istituzionale che garantiscano la rappresentanza, nelle collettività locali, dei residenti stranieri che raggiungano un numero significativo.
Nell'ambito dell'ordinamento degli Enti locali la norma statutaria in questione rinviene poi uno specifico fondamento nell'art.8, comma 5, del T.U.O.E.L. N. 267/2000, per il quale 'lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti'.
Ciò in quanto le disposizioni in questione si muovono su un terreno diverso dalla rappresentanza elettiva e dall'esercizio delle pubbliche funzioni, diritti, questi ultimi, riservati ai cittadini italiani, in forza degli artt. 48 e 51 della Costituzione.
Giova, in merito, definire l'ambito che può correttamente essere riconosciuto ai termini 'elettore' e 'carica elettiva' che si rinvengono nelle richiamate norme costituzionali.
Infatti, non qualunque procedimento attraverso il quale le persone fisiche presenti su un territorio possono essere chiamate ad esprimere una scelta o una valutazione attraverso un voto, configura i partecipanti come elettori. Soltanto con riguardo ai procedimenti finalizzati alla investitura di un munus pubblicum (cìoé dell'esercizio di una pubblica potestà avente rilevanza esterna, nei rapporti con i cittadini e gli altri soggetti istituzionali), ovvero alla assunzione, in forma collettiva, di una determinazione in grado di modificare direttamente e unilateralmente l'assetto di preesistenti rapporti affidati alla cura dell'autorità amministrativa (referendum abrogativo), si applica la riserva costituzionale a favore del cittadino contenuta negli artt. 48 e 51. Fuori da questo ambito, le persone chiamate da una norma locale ad esprimere un voto non si qualificano secondo la norma costituzionale come elettori e la carica che il procedimento mira ad attribuire non può essere considerata elettiva.
Ne consegue che, tutte le volte in cui venga configurato un procedimento collettivo di scelta per la attribuzione della titolarità di un organo dell'ente locale, la partecipazione allo stesso deve ritenersi riservata al cittadino soltanto se le competenze attribuite all'organo integrino l'esercizio di una pubblica funzione legittimata ad incidere sull'assetto dei rapporti esterni all'ente locale.
Nel caso di specie, invece, la partecipazione dei 'consiglieri aggiunti' alle sedute del Consiglio comunale e delle commissioni consiliari ha valenza meramente consultiva ed istruttoria, non avendo i medesimi diritto di voto e quindi non essendo qualificabile il relativo incarico come un 'munus pubblicum', caratterizzato, come già rilevato, dall'esercizio di una pubblica potestà avente rilevanza esterna.
Per le considerazioni suesposte si esprime l'avviso che le disposizioni in questione possano ritenersi compatibili con il vigente quadro ordinamentale.