Incompatibilità
- Art. 63, comma 4, del decreto legislativo 267/2000.
È stato chiesto se è necessario procedere alla surroga prima di procedere alla convalida del surrogante e se sussista incompatibilità per lite pendente in capo al subentrante nei cui confronti il comune ha proposto, in data 19.10.2003, atto di opposizione al decreto di ingiuntivo con cui questi reclamava il pagamento di somme a titolo di compenso per le prestazioni professionali fornite all'ente, dal momento che il candidato ha operato la cessione del credito.
In ordine al primo quesito, si osserva che al candidato primo dei non eletti nella lista del consigliere cessato dalla carica, va data comunicazione della seduta del consiglio comunale nel corso della quale va deliberata la surroga. Il subentrante non è ammesso a partecipare alla seduta del consiglio fino a che non viene deliberata la surroga da parte del competente organo.
Relativamente alla possibilità di surroga in presenza di una causa di incompatibilità o di ineleggibilità del surrogante, pur con gli aspetti controversi che la questione presenta, appare coerente con il sistema ordinamentale, che consente all'organo collegiale di deliberare anche nella non completezza della composizione – come nei 10 giorni di tempo previsti per la surroga –, che la surroga non possa essere disposta laddove nella discussione sull'argomento venga ritualmente e legittimamente rilevata una causa ostativa all'espletamento del mandato per il quale venga avviata la contestazione.
Si specifica che, in virtù del principio generale che ogni organo collegiale deliberi sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la competenza alla contestazione spetta al consiglio secondo la procedura prevista dall'art. 69 del decreto legislativo n. 267/2000.
Poiché, nella fattispecie, la contestazione è stata effettuata irritualmente dal sindaco, si ritiene che il consiglio debba essere nuovamente convocato per l'avvio della procedura di contestazione.
Per quanto attiene infine al quesito formulato in ordine alla sussistenza dell'ipotesi di incompatibilità in capo al surrogante, si rileva che l'art. 63, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000 dispone che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, con il comune.
La Corte di Cassazione, con giurisprudenza costante, ha evidenziato che per la sussistenza della predetta causa di limitazione all'espletamento del mandato elettivo è necessario far riferimento al concetto tecnico di parte in senso processuale e non è, quindi, riferibile alla diversa figura del 'soggetto interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene..'
Le parti del processo, anche in assenza di una espressa definizione legislativa, sono univocamente individuate, in dottrina e in giurisprudenza, in quei soggetti i quali, a seguito del compimento di determinati atti processuali (proposizione della domanda, costituzione nel processo), assumono la qualità e la conseguente titolarità di una serie di poteri e facoltà processuali.
Con la pronuncia n. 14204 del 17.12.99, la Corte di Cassazione ha altresì chiarito che '.il ricorrere della pendenza della lite va ravvisato tanto nell'ipotesi in cui è l'eletto ad assumere la veste di attore, sia in quella in cui a promuovere la lite sia stato invece l'ente territoriale. Da ciò consegue che la rimozione della suddetta causa d'incompatibilità, necessaria ad evitare la decadenza, . nel secondo caso comporti necessariamente l'iniziativa dell'ente la quale potrà, eventualmente, essere stimolata dall'eletto attraverso gli stessi mezzi che sono a disposizione di qualsiasi convenuto (soddisfacimento della pretesa, transazione, ecc.) e si esprimerà attraverso i tipici atti estintivi – del giudizio o dell'azione – che sono a disposizione di qualsiasi attore'.
Alla luce dell'orientamento giurisprudenziale richiamato, la cessione del credito operato dall'interessato non consente pertanto di far venire meno la lite nei confronti con il comune e di rimuovere la causa di incompatibilità.