Incompatibilità
- Quesito in merito all’art. 63, comma 4, del decreto legislativo 267/00
Si fa riferimento ad una nota, con la quale è stato richiesto il parere di questo Ministero in merito alla sussistenza dell'ipotesi di incompatibilità per lite pendente in capo ad un consigliere comunale, citato in giudizio da codesto comune, per fatti riconducibili all'incarico svolto, precedentemente al mandato elettorale, per l'ente, di progettista e di direttore dei lavori di ristrutturazione di alcuni edifici scolastici. Codesto ente ha difatti avviato il procedimento giurisdizionale nei confronti dell'amministratore e dell'impresa aggiudicataria dell'esecuzione dei lavori, dopo che nell'edificio scolastico ristrutturato si sono verificate infiltrazioni d'acqua tali da costringere l'amministrazione ad emettere ordinanza di inagibilità e sgombero di alcune aule della scuola.
In proposito, si rileva che l'art. 63, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000 dispone che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale, circoscrizionale colui che ha lite pendente in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o con la provincia.
La Corte di Cassazione, con giurisprudenza costante, ha evidenziato che per la sussistenza della predetta causa di limitazione all'espletamento del mandato elettivo è necessario far riferimento al concetto tecnico di parte in senso processuale e non è, quindi, riferibile alla diversa figura del 'soggetto interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene..'
Le parti del processo, anche in assenza di una espressa definizione legislativa, sono univocamente individuate, in dottrina e in giurisprudenza, in quei soggetti i quali, a seguito del compimento di determinati atti processuali (proposizione della domanda, costituzione nel processo), assumono la qualità e la conseguente titolarità di una serie di poteri e facoltà processuali.
Con la pronuncia n. 14204 del 17.12.99, la Corte di Cassazione ha altresì chiarito che '.il ricorrere della pendenza della lite va ravvisato tanto nell'ipotesi in cui è l'eletto ad assumere la veste di attore, sia in quella in cui a promuovere la lite sia stato invece l'ente territoriale. Da ciò consegue che la rimozione della suddetta causa d'incompatibilità, necessaria ad evitare la decadenza, . nel secondo caso comporti necessariamente l'iniziativa dell'ente la quale potrà, eventualmente, essere stimolata dall'eletto attraverso gli stessi mezzi che sono a disposizione di qualsiasi convenuto (soddisfacimento della pretesa, transazione, ecc.) e si esprimerà attraverso i tipici atti estintivi – del giudizio o dell'azione – che sono a disposizione di qualsiasi attore'.
Si rileva, infine, che la Corte di Appello di Salerno, con la recente sentenza n. 621/04 del 16 novembre 2004, nell'affermare che la causa ostativa prevista dall'art. 63, comma 4, sussiste anche nel caso in cui l'eletto è parte convenuta nella litispendenza, ha precisato che '. é indubbio che la situazione che si intende tutelare é anche quella in cui l'eletto, quale parte convenuta, possa influire sulle scelte dell'ente nella causa contro di lui proposta'.
Per completezza, si rammenta che con giurisprudenza costante, il giudice del contenzioso elettorale ha competenza nel valutare l'effettività della lite pendente e che tale verifica non si arresta alla sussistenza degli elementi formali della citazione proposta dall'attore, ma deve necessariamente incentrarsi sulla non manifesta infondatezza della domanda.
Relativamente al secondo quesito posto, si precisa che la litispendenza si intende instaurata dal momento in cui la citazione è stata notificata al convenuto.