- Applicabilità principi elaborati Corte Costituzionale, relativi alla garanzia dell’accesso dall’esterno con prescritta riserva di una quota a personale interno, a concorsi interni indetti per progressioni verticali.
Con una nota un ente ha chiesto a questo Ministero se i principi elaborati dalla Corte Costituzionale in materia di garanzie della preservazione dell'accesso dall'esterno, con la prescritta riserva al personale interno di una quota non superiore al 50%, debbano applicarsi anche nel caso dei concorsi interni per progressioni verticali indetti dagli Enti locali.
In via preliminare, occorre rappresentare che in materia di concorsi riservati al personale interno, vige l'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, il quale recita: 'gli enti disciplinano, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei principi di cui all'art. 36 del d. legs. n. 29/93, come modificato dagli artt. 22 e 23 del d. legs. n. 80/98 (ora art. 35 del d. legs. n. 165/2001) e tenendo conto dei requisiti professionali indicati nelle declaratorie delle categorie di cui all'allegato A, le procedure selettive per la progressione verticale finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione, nel limite dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria che non siano destinati all'accesso dall'esterno'.
Riguardo al rispetto del principio dell'adeguato accesso dall'esterno, si ricorda, in particolare, che con sentenza n. 194/2002 la Corte Costituzionale ha ritenuto 'non adeguata' la percentuale del 30% dei posti vacanti che l'art. 22 della legge n. 133/1999 riservava all'accesso dall'esterno in ordine ad alcuni concorsi per il Ministero delle Finanze; parimenti, l'Avvocatura Generale dello Stato, con proprio parere del 4.7.2002, reso relativamente agli effetti della citata sentenza n. 194/2002, ha ritenuto che il richiesto requisito della adeguatezza potesse essere considerato soddisfatto in presenza di una percentuale non inferiore al 50%. La stessa Corte Costituzionale con precedente sentenza n. 234/1994 aveva peraltro specificato che 'non contrasta con i criteri di salvaguardia del buon andamento della p.a. e di congruità dei requisiti concorsuali, posti a limite della discrezionalità legislativa spettante alle regioni in materia di ammissione ai concorsi e di progressione in carriera, l'art. 11, primo e secondo comma, della l. reg. Lombardia n. 60 del 1984, che nei concorsi pubblici per l'accesso a qualifiche funzionali, prevede una riserva di posti (pari al 50% di quelli messi a concorso) a favore del proprio personale di ruolo'.
Anche l'A.Ra.N., citando testualmente il predetto parere dell'Avvocatura Generale dello Stato e la sentenza n. 234/1994 della Corte Costituzionale, con proprio parere R24 del 6.8.2002 ha rappresentato, peraltro, che 'un'eventuale comportamento degli enti non rispettoso del principio dell'adeguato accesso dell'esterno, dato il suo contrasto con norme imperative di legge (l'art. 35, comma 1, del d. legs. n. 165/2001), potrebbe ugualmente essere sanzionato in sede giudiziaria (cfr. in tal senso la sentenza n. 568/2002 del TAR Calabria, anche a prescindere da un intervento diretto della Corte Costituzionale)'.
Ciò premesso, in merito allo specifico quesito, si fa presente che sempre la Corte Costituzionale, con sentenza n. 205 del 5-6 luglio 2004 ha sottolineato 'altresì che nella giurisprudenza costituzionale il principio del concorso pubblico, pur non essendo incompatibile - nella logica di agevolare il buon andamento dell'amministrazione – con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, tuttavia non tollera - salvo circostanze del tutto eccezionali – la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno'.
Ovviamente, tutte le sentenze della Corte Costituzionale intervenute in materia hanno censurato norme di legge (dello Stato e regionali) e non già specifiche norme contrattuali intervenute dopo la razionalizzazione (privatizzazione) del rapporto di impiego dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, visto che queste ultime sono sottratte al vaglio di tale Supremo Organo.
Tuttavia, ad avviso di questa Direzione Centrale tutte le pubbliche amministrazioni, in quanto soggette agli obblighi stabiliti in particolare dall'art. 97 della Costituzione (imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione) sono tenute, comunque, al rispetto dei principi enucleati dalla Corte Costituzionale in materia di assunzioni e progressioni in carriera (concorsi interni) del personale, indipendentemente dal fatto dell'avvenuta contrattualizzazione del rapporto di lavoro che, rispetto al precedente ordinamento non prevede il recepimento con d.P.R. degli accordi nazionali disciplinanti gli istituti giuridico-economici del personale.
Infatti, occorre considerare che il d. legs. n. 165/2001, all'art. 40, comma 1 stabilisce che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali e che rispetto alla precedente formulazione della norma prevista dal d. legs. n. 29/93 non è più prevista l'esclusione dall'ambito della contrattazione collettiva delle materie coperte dalla c.d. riserva di legge (tra cui anche l'accesso).
Ciò nonostante, la riconduzione nell'ambito della disciplina pattizia delle materie prima riservate alla legge (per effetto della normativa di delegificazione) impone il rispetto dei principi costituzionali; pertanto la giurisprudenza costituzionale diviene momento ermeneutico, e nello stesso tempo, limite esterno invalicabile nell'interpretazione e nell'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, potendone l'autorità giudiziaria dichiararne la nullità derivante dal contrasto delle norme ivi contenute con i principi costituzionali (così come peraltro già avvenuto con la sopra richiamata sentenza n. 568/2002 del TAR Calabria).
Tant'è che il CCNL del comparto Regioni-Autonomie locali del 31.3.1999, all'art. 14, comma 1, lega sostanzialmente le progressioni verticali alle procedure di accesso all'amministrazione, per cui le procedure previste dall'art. 4 'sono indette, ai sensi delle vigenti disposizioni, nel rispetto della programmazione in tema di gestione delle risorse umane, utilizzando le risorse a tal fine disponibili nei bilanci degli enti'.
Infine, si ritiene opportuno rappresentare che con sentenza 15.10.2003, n. 15403 la Corte di cassazione – Sezioni unite ha puntualizzato che competono al Giudice amministrativo i ricorsi in materia di 'prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore'.