Poteri del vicesindaco.

Territorio e autonomie locali
19 Luglio 2004
Categoria 
05.01.05 Vicesindaco e Vicepresidente della Provncia
Sintesi/Massima 

Poteri del vicesindaco.

Testo 

Con una nota il vicepresidente di una Commissione del consiglio comunale di un ente ha posto a questa Direzione Centrale un quesito in tema di poteri spettanti al vicesindaco, essendo stato il Sindaco in carica eletto consigliere regionale.
Al riguardo, va rilevato in via preliminare che le questioni prospettate trovano adeguata soluzione nell'orientamento già espresso dal Consiglio di Stato nei propri pareri n. 94/96 e n. 501/01, che nella sostanza hanno anche confermato la linea interpretativa seguita da questa Direzione nella materia.
Nel caso di specie il Sindaco, per effetto del combinato disposto degli artt. 65 e 68 del T.U.E.L., eletto Consigliere Regionale, è decaduto dalla carica, essendo intervenuta una causa di incompatibilità che comporta la cessazione delle relative funzioni. Si applica quindi l'art. 53 che disciplina gli effetti della decadenza del Sindaco; sino a nuove elezioni le relative funzioni vicarie possono essere svolte dal vicesindaco, che assume la veste di reggente, con titolarità delle competenze, sia pure in via temporanea e straordinaria, a compiere tutti gli atti di competenza del sindaco uscente. La sostituzione ha infatti carattere di stabilità, atteso che la carica sindaco è, almeno sino a nuove elezioni, definitivamente vacante. In tale ipotesi la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio; sempre per il principio di continuità dell'azione amministrativa, nelle more del rinnovo della consultazione elettorale, consiglio e giunta rimangono in carica in regime di prorogatio.
A specifico riscontro del punto a) del quesito si precisa che l'Alto Consesso nel parere n. 501 reso nell'Adunanza del 14.6.2001, nel più ampio obiettivo che sia assicurata la piena funzionalità dell'ente, ha affermato una configurazione non restrittiva dei poteri affidati al sostituto, ritenendo che, nell'ipotesi della vicarietà, nessuna norma identifica gli atti riservati al titolare della carica e vietati a chi lo sostituisce. La preposizione alla carica in cui si è realizzata la vacanza implica di norma l'attribuzione di tutti i poteri del titolare, con la sola limitazione temporale connessa alla vacanza stessa.
Nel medesimo parere si legge che l'esigenza di continuità nell'azione amministrativa nell'ente locale postula che in ogni momento vi sia un soggetto legittimato ad adottare tutti i provvedimenti necessari nell'interesse pubblico, è giocoforza riconoscere al vicesindaco investito di funzioni vicarie pienezza di poteri anche per quanto concerne la revoca o la nomina degli assessori.
Quanto al quesito di cui al punto b), concernente gli effetti delle dimissioni del vicesindaco, si ritiene sia possibile estendere quanto sostenuto dall'Alto Consesso nel precitato parere in relazione ai casi di impedimento, rimozione o decesso del vicesindaco reggente, trattandosi parimenti al caso di dimissioni di impedimenti permanenti del sostituto.
In particolare, si afferma che tra le prerogative del vicesindaco non può rientrare anche quella di designare un suo sostituto: salva espressa previsione di legge il munus pubblico non è disponibile per il titolare, con conseguente impossibilità di sostituzioni atipiche o fondate su base esclusivamente volontaria.
Pertanto, su questo presupposto, non potendo il vicesindaco designare un sub-sostituto, è da ritenere che debba essere sostituito, in caso di dimissioni, ovvero ove decaduto, rimosso o deceduto, da un commissario prefettizio (cfr. lo stesso parere C.di S. n.501/2001). Si applica, in parziale analogia, quanto l'art. 53, comma 3 del T.U. dispone per le dimissioni del sindaco, con le seguenti osservazioni di merito.
Nel caso prospettato si configura una sovrapposizione di due fattispecie: la prima, disciplinata espressamente dall'art. 53 co.1, che vede la decadenza del sindaco e conseguente scioglimento del consiglio comunale e decadenza della giunta, che in regime di prorogatio rimangono in carica, in ossequio ad un contesto normativo che tende a salvaguardarne l'operatività sino al rinnovo elettorale. A ciò si aggiunge l'ipotesi che in tale situazione si verifichino anche le dimissioni del sostituto del sindaco, la cui presenza invece giustifica il permanere della giunta, essendo nel vigente ordinamento degli enti locali particolarmente marcato il rapporto fiduciario tra sindaco e giunta; rapporto, che in assenza del vertice o del suo designato sostituto viene naturalmente meno.
Ne deriva che il commissario entrante potrà svolgere le funzioni di sindaco e della giunta, che in virtù del predetto nesso di fiduciarietà sono essenzialmente connesse; mentre può sostenersi la proroga della carica del consiglio (il cui scioglimento era stato già decretato al verificarsi dell'impedimento del sindaco), sia poichè il medesimo commissario prefettizio non può presiedere un organo assembleare elettivo di cui egli non fa parte, sia poiché la sua presenza al vertice non preclude l'esercizio dei poteri di indirizzo e controllo riservati al consiglio.
Su questi presupposti, in relazione al quesito di cui alle lettere c) e d), si rappresenta quanto segue.
Nel caso di specie il consiglio comunale è rimasto in carica in regime di prorogatio ai sensi dell'art. 53 e, a mente dell'art. 38, comma 5, del T.U.O.E.L. n. 267/2000 l'attività di tale organo, in carica sino all'elezione del nuovo, è limitata, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, agli atti urgenti e improrogabili. Ai fini dell'individuazione dell'esistenza dei presupposti per l'adozione di tali atti, questa Direzione si è costantemente espressa nel senso che la questione deve essere valutata caso per caso dal consiglio comunale, tenendo presente i limiti derivanti da scadenze improrogabili di legge o il rilevante danno che all'amministrazione comunale potrebbe derivare da un ritardo nel provvedere.
Tanto premesso, ove la revisione dello statuto o di regolamenti si renda necessaria al fine di adeguare le relative disposizioni allo ius superveniens, si applica l'art. 1 del T.U. 267/2000 che prevede il necessario adeguamento entro i 120 giorni successivi all'entrata in vigore della legge ordinaria. Il consiglio comunale dovrà quindi avviare il procedimento di revisione statutaria che deve concludersi nel predetto termine, durante il quale si ha una ultrattività delle disposizioni statutarie difformi dai principi sopravvenuti. Negli altri casi, per motivi di opportunità politica, è preferibile che il consiglio uscente non provveda oltre i limiti sopra esposti, in linea con quella giurisprudenza amministrativa che si è pronunciata nel senso dell'illegittimità di delibere non urgenti e improrogabili (cfr. T.A.R. Puglia n.8602/04 che si è espresso nel senso dell'illegittimità formale – procedimentale per incompetenza del consiglio ad approvare un piano urbanistico successivamente all'indizione dei comizi elettorali, in quanto atto non urgente e improrogabile). Sempre in tal senso, si soggiunge infine che l'art. 38 comma 5 non opera nel suo significato preclusivo quando l'organo consiliare 'è chiamato a pronunciarsi su questioni che sono vincolate nell'an, nel quando, e nel quomodo, e che inoltre impongono diritti primari dell'individuo riconosciuti e protetti da fonte normativa superiore.(cfr. T.A.R. Puglia n.382/04)