- Quesito circa la legittimità delle disposizioni (art. 14) dello statuto di una Unione di Comuni per le quali solo quattro dei dieci Comuni aderenti all’Unione hanno la minoranza consiliare rappresentata.

Territorio e autonomie locali
4 Giugno 2004
Categoria 
07.02 Consorzi
Sintesi/Massima 

- Quesito circa la legittimità delle disposizioni (art. 14) dello statuto di una Unione di Comuni per le quali solo quattro dei dieci Comuni aderenti all’Unione hanno la minoranza consiliare rappresentata.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale si chiede di conoscere se possano considerarsi legittime le disposizioni (art. 14) dello statuto di una Unione di Comuni per le quali solo quattro dei dieci Comuni aderenti all'Unione hanno la minoranza consiliare rappresentata.
Al riguardo, va rilevato che l'art. 32, comma 2, del testo unico sull'ordinamento degli enti locali n. 267/2000 demanda allo statuto dell'Unione, che è approvato dai consigli dei comuni partecipanti, il compito di individuare gli organi dell'Unione stessa, nonché le modalità per la loro costituzione.
Si tratta di una norma che potenzia notevolmente l'autonomia locale in quanto è affidato alla scelta dei comuni, mediante statuto, l'assetto istituzionale del nuovo ente, che invece nel precedente regime era interamente definito dalla legge.
La citata norma si limita a dettare due prescrizioni ai Comuni: in primo luogo, imponendo quale unico organo necessario dell'Unione il Presidente, che deve essere scelto tra i sindaci dei comuni aderenti; in secondo luogo, per quanto riguarda gli altri organi, prescrivendo che i relativi membri siano scelti tra i componenti delle Giunte e dei Consigli dei Comuni associati, rispettando la rappresentanza delle minoranze.
Peraltro, lo stesso art. 32 prevede, al comma 5, che alle Unioni di Comuni si applichino, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei Comuni ed, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei Comuni; la norma dispone altresì che 'il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i Comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'Ente'.
Quest'ultima norma va peraltro coordinata con l'altra disposizione, anch'essa già citata, che impone la garanzia della rappresentanza delle minoranze.
Molte Unioni di Comuni, si sono peraltro trovate in difficoltà nel contenere il numero dei componenti dell'organo assembleare entro il limite massimo previsto per il comune di dimensione pari alla popolazione complessiva dell'ente, laddove il numero degli enti aderenti fosse tale da rendere praticamente impossibile l'armonizzazione del citato limite numerico con il principio della partecipazione all'organo assembleare delle minoranze esistenti in ciascun consiglio comunale.
Secondo la soluzione prescelta dalla maggior parte delle Unioni, l'organo consiliare è composto di diritto da tutti i sindaci dei comuni associati ed inoltre da due rappresentanti, uno di maggioranza, designato da ciascun consiglio comunale fra tutti gli amministratori del Comune (consiglieri ed assessori), ovvero solo fra i consiglieri, ed uno di minoranza, designato, da ciascun consiglio comunale, tra i consiglieri comunali.
La descritta soluzione appare conforme alle indicazioni fornite dal Ministero dell'Interno con circolare n. 10/2000 UARAL dell'8.11.2000, elaborata con specifico riferimento alle comunità montane, ma le cui argomentazioni possono trovare applicazione anche con riferimento alle Unioni, ove si consideri l'identità di disciplina prevista per le une e per le altre sotto il profilo considerato, ai sensi dei combinato disposto degli artt. 28, comma 7 e 32, comma 5, del T.U.O.E.L., tanto più che le comunità montane sono espressamente qualificate dalla legislazione statale (art. 27 T.U.O.E.L.) "Unioni", seppure con peculiarità specifiche ed esclusive.
Secondo l'orientamento formulato, il limite numerico massimo stabilito per l'organo assembleare può essere superato in eccesso negli stretti limiti in cui ciò si rende necessario per assicurare la partecipazione delle minoranze consiliari alle rappresentanze comunali in seno all'assemblea comunitaria. Tale soluzione garantisce nel modo più adeguato il rispetto del principio della partecipazione delle minoranze presenti all'interno dei singoli consigli comunali espressamente richiesto dalla legge. Val la pena di precisare che il descritto indirizzo ermeneutico è stato condiviso dal Consiglio di Stato, pronunciatosi con il parere (della sez. 1 n. 1506/02 del 29.1.2003) diramato con circolare del Ministero dell'Interno n. 8/2003 UARAL dell'8 maggio 2003.
Tanto premesso, va rilevato che, nel caso in questione, lo statuto dell'Unione dei Comuni XXXXX nell'impossibilità materiale di assicurare il contemporaneo rispetto del principio della rappresentanza delle minoranze e del vincolo numerico prescritto per la composizione dell'organo assemblare (essendo la popolazione complessiva dell'Unione pari a 20.745 abitanti, il relativo Consiglio dovrebbe, ai sensi del combinato disposto, dell'art. 37 e dell'art. 32, comma 5, del citato T.U., essere composto da 21 membri) ha ritenuto di privilegiare la conformità a tale ultima disposizione.
Per le considerazioni suesposte la soluzione più rispondente alla citata normativa sarebbe quella di un organo composto da trenta membri più il presidente, cioè da due consiglieri di maggioranza ed uno di minoranza eletti in rappresentanza di ciascun Comune associato; tale soluzione ha infatti l'indubbio pregio di assicurare il rispetto del richiamato principio di rappresentanza delle minoranze sacrificando nei limiti strettamente necessari la conformità all'altro vincolo relativo al limite numerico dell'organo assemblare.
Pertanto, fatto salvo quanto potrà essere previsto nei decreti legislativi da emanarsi in attuazione della delega di cui all'art. 2 della legge 131/2003, si ritiene che le norme statutarie in questione non rispettino la normativa di principio posta dalla legge statale.