- Richiesta parere in merito alla prospettata attivazione dei poteri sostitutivi di cui all’art.136 del T.U.O.E.L. 267/2000.

Territorio e autonomie locali
22 Aprile 2004
Categoria 
06.04.03 Poteri sostitutivi per omissione e ritardo di atti obbligatori (Commissario ad Acta)
Sintesi/Massima 

- Richiesta parere in merito alla prospettata attivazione dei poteri sostitutivi di cui all’art.136 del T.U.O.E.L. 267/2000.

Testo 

Si fa seguito alla nota pari numero in data 23 marzo u.s. con la quale questa Direzione Centrale, rispondendo ad apposito quesito posto da codesta Prefettura, ha tra l'altro rilevato, con specifico riferimento alla prospettata attivazione dei poteri sostitutivi di cui all'art.136 del T.U.O.E.L. 267/2000, che la norma de qua deve continuarsi ad applicare, in base al principio di continuità dell'ordinamento, fino a quando non ne verrà definita la compatibilità con il 'sistema costituzionale degli Enti locali' ai sensi del comma 4, lettera g), dell'art.2 legge 131/2003 ovvero dichiarata l'incostituzionalità a seguito di apposita sentenza della Corte Costituzionale.
Al riguardo, si informa che con la recentissima sentenza n. 112 del 25 marzo 2004 il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una legge regionale, nella parte in cui attribuiva al difensore civico regionale la titolarità del potere sostitutivo.
La Corte Costituzionale ha, in particolare, affermato che 'i poteri sostitutivi in ambito regionale sono in ogni caso da ascrivere, per lo spostamento eccezionale di competenze che determinano e per l'incidenza diretta su Enti politicamente rappresentativi, ad organi di governo della Regione e non già ad apparati amministrativi, dal momento che le scelte relative ai criteri ed ai modi degli interventi sostitutivi a salvaguardia di interessi di livello superiore a quelli delle autonomie locali presentano un grado di politicità tale che la loro valutazione complessiva ragionevolmente non può che spettare agli organi regionali di vertice, cui istituzionalmente competono le determinazioni di politica generale, delle quali assumono la responsabilità.
In questa categoria non rientra certo la figura del difensore civico regionale, che, indipendentemente da ogni qualificazione giuridica, è generalmente titolare di sole funzioni di tutela della legalità e della regolarità amministrativa, in larga misura assimilabili a quelle di controllo, già di competenza, prima dell'abrogazione dell'art. 130 della Costituzione, dei previsti comitati regionali di controllo, ai quali, del resto, tale figura era già stata equiparata dall'art. 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (ora art. 136 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), nonché da alcune leggi regionali successive'.
Secondo la citata sentenza si tratta quindi essenzialemente di un organo preposto alla vigilanza sull'operato dell'amministrazione regionale con limitati compiti di segnalazione di disfunzioni amministrative, al quale non può dunque essere legittimamente attribuita, proprio perché non è un organo di governo regionale, la responsabilità di misure sostitutive che incidono in modo diretto e gravoso sull'autonomia costituzionale garantita dei Comuni.
Benché dunque la Corte Costituzionale si sia pronunciata, caducandola, solo sulla norma di legge regionale sottoposta al suo giudizio e non abbia quindi dichiarato espressamente l'illegittimità costituzionale dell'art. 136, è tuttavia innegabile che i principi affermati con la menzionata sentenza inducono a ritenere ormai incompatibile con il nuovo quadro costituzionale la norma in questione, in quanto attributiva di un generale potere sostitutivo nei confronti degli Enti locali ad un organo, qual'è il difensore civico regionale, che non è un organo di governo della Regione ed è pertanto inidoneo, per le suesposte motivazioni, ad assumere la responsabilità di scelte connotate da un elevato grado di politicità.
Rimane invece fermo quanto rappresentato con la precedente nota del 23 marzo u.s. in merito alla possibilità per il Prefetto, previe opportune intese con l'Avvocatura dello Stato, di impugnare innanzi al Giudice amministrativo gli atti comunali che ritenga lesivi delle proprie prerogative in materia di toponomastica.