Parere su ammissibilità intervento dell’assessore esterno nel dibattito del Consiglio Comunale.

Territorio e autonomie locali
29 Marzo 2004
Categoria 
05.03.03 Assessori esterni
Sintesi/Massima 

Parere su ammissibilità intervento dell’assessore esterno nel dibattito del Consiglio Comunale.

Testo 

Si fa riferimento ad una lettera, con la quale è stato richiesto l'avviso della scrivente in merito all'ammissibilità dell'ipotesi che l'assessore esterno intervenga nel dibattito che si svolge in seno al consiglio comunale.
Al riguardo, si osserva quanto segue.
Muovendo dalla sostanziale equiparazione, nello status, dell'assessore esterno al consiglio all'assessore-consigliere, si ritiene che il primo (assessore esterno) possa legittimamente partecipare alle riunioni del consiglio ed intervenire, se autorizzato, nella discussione, senza poter esprimere il voto, sia in relazione a materie di propria competenza, sia a materie di competenza di un altro assessore, qualora sia stato abilitato a relazionare dal sindaco.
In sostanza, si ritiene che spetti al presidente del consiglio (ovvero al sindaco, quando sia questi competente a presiedere il consesso), quale titolare della potestà di dirigerne i lavori, la valutazione circa l'ammissibilità dell'intervento di cui trattasi.
Un conferma circa l'ammissibilità della partecipazione dell'assessore esterno alle sedute consiliari può desumersi, indirettamente, anche dalla disposizione di cui all'art. 43, co. 3 del T.U.E.L. n. 267/2000 la quale prevede la sua legittimazione, su delega del sindaco, a fornire risposta, eventualmente anche in sede di adunanza consiliare (se lo preveda la specifica disciplina statutaria e regolamentare regolante la materia) alle interpellanze o alle interrogazioni presentate.
In favore della potenziale ammissibilità dell'intervento dell'assessore esterno al dibattito del consiglio comunale milita, fra l'altro, anche il consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale che ammette la partecipazione alle adunanze consiliari di soggetti estranei al collegio, quali funzionari dell'apparato burocratico dell'ente locale referenti su una determinata deliberazione (v. Cons. Stato, sez. IV, 9.11.1985, n. 511), consulenti ecc. con l'esclusiva finalità dell'apporto di un contributo tecnico, utile per una più approfondita conoscenza degli argomenti in trattazione.
Si ritiene, infine, che specifiche indicazioni in ordine alla problematica in argomento potrebbero essere recepite, al fine di fugare ogni dubbio, dall'apposito regolamento sul funzionamento del consiglio cui il legislatore statale (art. 38, co. 2 del T.U.E.L. n. 267/2000) demanda, fra l'altro, quale contenuto obbligatorio, la disciplina riguardante 'le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte'.
Per quanto concerne l'ulteriore quesito prospettato, riguardante l'ammissibilità della nomina di un assessore esterno quale vicesindaco, si ritiene che la risposta debba essere data in senso affermativo.
Si ritiene, invero, che l'evenienza di individuare il vicesindaco in un assessore esterno, piuttosto che in un componente del consiglio, rientri nella discrezionalità del sindaco (v. art. 46, co. 2 del T.U.E.L. n. 267/2000).
Vi sono però taluni limiti alle prerogative del vicesindaco esterno al consiglio, evidenziati dal Consiglio di Stato, sez. I, nel parere n. 94/1996 reso nell'adunanza del 21.2.1996 (che ad ogni buon fine si allega, unitamente alla circolare esplicativa di questo Ufficio n. 7/1996 del 30.4.1996).
In tale parere, il Supremo Consesso Amministrativo ha precisato che il vicesindaco esterno al consiglio non può svolgere le funzioni di componente, con diritto di voto, nel consiglio comunale, in quanto 'appare difficilmente concepibile che esse vengano esercitate di volta in volta dal sindaco o da chi ne fa occasionalmente le veci', considerato che 'nel nostro ordinamento non è ammessa la delega o sostituzione nelle funzioni di componente delle assemblee elettive'.
Per quanto concerne le funzioni di presidente del consiglio comunale che spettano al sindaco nei comuni sino a 15.000 abitanti (salvo che l'ente si sia avvalso della facoltà di prevedere nello statuto la figura del presidente del consiglio), il Consiglio di Stato ha distinto l'ipotesi che il vicesindaco sia anche consigliere comunale, da quella in cui è, viceversa, esterno al consiglio: nel primo caso deve reputarsi ammissibile la possibilità di sostituire il sindaco anche nelle funzioni presidenziali, mentre nel secondo caso il vicesindaco (esterno al consiglio) non può presiedere il consiglio, in quanto non può 'fungere da presidente di un collegio un soggetto che non ne fa parte. La presidenza sarà invece assunta dal membro del collegio che ne ha titolo in base alle consuete regole dell'anzianità'.
Il Consiglio di Stato, nel surriferito parere ha, infine, precisato che 'resta salvo, ovviamente, il diritto – dovere del vicesindaco e di tutti i componenti della giunta in carica, pur non facenti parte del consiglio comunale, di intervenire alle adunanze di quest'ultimo, per riferire sulle questioni messe all'ordine del giorno, sostenere le proposte della giunta, rispondere alle interrogazioni e alle richieste di chiarimenti, e via dicendo.
Questa facoltà non risulta esplicitamente dalla legge, ma è da ritenere insita nel sistema, anche in analogia alle regole (già presenti nello statuto albertino) che consentono ai membri dell'esecutivo di intervenire alle discussioni delle camere, ancorché non ne facciano parte'.