Spese legali sostenute da consigliere comunale.

Territorio e autonomie locali
22 Marzo 2004
Categoria 
05.02.03 Commissioni e gruppi consiliari
Sintesi/Massima 

Spese legali sostenute da consigliere comunale.

Testo 

E' stato richiesto l'avviso della scrivente in merito alla possibilità, per un consigliere comunale, di utilizzare fondi riservati dal bilancio del comune al gruppo consiliare di appartenenza, per sopperire alle spese legali derivanti dalla proposizione di un ricorso avverso una deliberazione comunale lesiva dei diritti del consigliere, essendo stata scorrettamente applicata una norma del regolamento comunale.
Al riguardo, si svolgono le seguenti considerazioni.
La problematica prospettata riguardante, nella sostanza, la destinazione delle risorse finanziarie assegnate dal comune al gruppo consiliare, va ricondotta alla specifica disciplina dettata dal regolamento sul funzionamento del consiglio.
Ed invero, in base a quanto dispone l'art.38, co.3 del T.U.E.L. n.267/2000, i consigli sono dotati di autonomia organizzativa e funzionale.
Detta disposizione, introdotta dalla legge n.265/1999 (e riprodotta nel T.U.E.L.) va inquadrata nell'ambito della generale rivalutazione del ruolo del consiglio comunale operata, a vari livelli, dalla suddetta legge. Per il profilo in esame, si rileva come il riconoscimento di una più accentuata autonomia funzionale e organizzativa appaia chiaramente preordinato ad assicurare un miglior svolgimento dei processi decisionali e una più elevata qualità delle relative determinazioni.
L'autonomia organizzativa si concretizza attraverso la possibilità che i comuni, con norme regolamentari ad hoc assicurino ai consigli la disponibilità di servizi, attrezzature e risorse finanziarie, provvedendo all'istituzione, nei comuni di maggiore dimensione demografica, di apposite strutture di supporto.
Quest'ultima ipotesi configura una facoltà che il legislatore riserva solo ai comuni di maggiore dimensione demografica, stanti le problematiche organizzative e finanziarie che comporta la creazione di strutture e unità amministrative stabili, destinate al funzionamento dell'organo assembleare.
Di notevole rilievo è la previsione contenuta nel comma 3, ultimo periodo del citato articolo 38, in base alla quale i consigli, in sede di regolamento sul proprio funzionamento, devono disciplinare la gestione di tutte le risorse attribuite dal bilancio per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.
Tale disposizione, ad avviso di alcuni giuristi, verrebbe a configurare una vera e propria 'autonomia contabile' del consiglio.
Sotto certo profilo, può rilevarsi che la suddetta previsione individui una materia che costituisce un contenuto obbligatorio del regolamento sul funzionamento dei consigli.
Le disposizioni regolamentari in questione provvedono, in particolare, a stabilire in che modo dovranno essere utilizzate le somme a disposizione ed individuano i soggetti che dovranno occuparsi della gestione.
A quest'ultimo proposito si osserva che la questione relativa all'individuazione dell'organo competente ad erogare, in concreto, le risorse stanziate per il funzionamento dei consigli, è stata affrontata e risolta dalla prevalente dottrina alla stregua del principio generale di separazione fra attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo, e attribuzioni di attuazione e gestione, con la conseguenza che l'attività in parola è da imputare alla competenza dei dirigenti.
Tutto ciò premesso in punto di diritto, si osserva che, nel caso di specie, la problematica sottoposta alla scrivente deve trovare soluzione alla stregua delle prescrizioni di cui al comma 3 dell'art.15 del locale regolamento sul funzionamento del consiglio. In tale sede è precisato, fra l'altro, che i fondi destinati al funzionamento dei gruppi possono essere utilizzati esclusivamente 'per iniziative politiche ed amministrative direttamente connesse all'attività dei gruppi'.
Ad avviso della scrivente, pertanto, la possibilità di utilizzare i predetti fondi per le spese legali sostenute da un consigliere in relazione ad un'impugnativa di una deliberazione comunale potrebbe, in linea astratta, reputarsi ammissibilie soltanto nel caso in cui l'iniziativa giurisdizionale in questione sia correlabile ad una tutela diretta dell'attività istituzionale del 'gruppo', piuttosto che ad un interesse individuale e specifico del singolo consigliere.
Riguardo alla capacità processuale del consigliere val la pena di richiamare l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale che sostiene l'inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto da componenti di un organo collegiale deliberante contro una deliberazione del collegio di cui essi fanno parte (nella specie il consiglio comunale) nel caso in cui i ricorrenti non deducano la lesione della potestà di cui in seno al collegio sono titolari né eccepiscano la violazione di norme procedimentali per cui non siano stati posti in condizione di svolgere regolarmente il proprio ufficio di membri dell'organo in occasione dell'adozione del provvedimento impugnato.
Di conseguenza, il consigliere è legittimato ad impugnare le deliberazioni consiliari, qualora lamenti una lesione dei diritti e facoltà che gli competono come componente dell'organo collegiale (come il diritto di essere convocato, di prendere parte alla votazione, ecc.) ossia quando vengano eccepiti vizi che attengono al procedimento, di guisa che egli non è posto in condizione di poter svolgere regolarmente l'ufficio di cui è investito (TAR Lombardia, Milano, II, 30 maggio 1986 n.149; Cons. Stato , V, 27 settembre 1990, n.696; TAR Lombardia, Brescia, 20 giugno 1996, n.705).
Pertanto, a giudizio di questo Ufficio, la spesa in questione potrebbe legittimamente essere finanziata con le risorse del gruppo soltanto nel caso in cui il ricorso venga proposto collettivamente da tutti gli iscritti al gruppo consiliare medesimo per la tutela cumulativa delle prerogative dei suoi componenti, come definita e circoscritta dalla richiamata giurisprudenza, e conseguentemente venga dichiarato ammissibile dal giudice adito.
A tale conclusione non si ritiene che osti la formula testuale della norma regolamentare, stante che alla qualificazione come 'politiche' o 'amministrative' delle iniziative dichiarate finanziabili non può essere riconosciuta una valenza strettamente letterale che porti al risultato irragionevole di escludere dalla sua applicazione la forma più significativa e rilevante di salvaguardia del ruolo istituzionale del gruppo consiliare, quale è la tutela delle prerogative connesse al munus posseduto.
Piuttosto, è la 'diretta connessione con l'attività' del gruppo, alla quale il regolamento fa riferimento, l'elemento discriminante della ammissibilità della utilizzazione delle risorse in questione; e non è dubbio che detta connessione diretta nella fattispecie può ritenersi sussistente.
Si ritiene, ad ogni modo, che spetti al dirigente responsabile della segreteria del consiglio (a fronte della prescritta richiesta scritta e adeguatamente motivata del capogruppo), la valutazione, in concreto, circa la sussistenza o meno, nella fattispecie considerata, dei presupposti per l'utilizzazione dei fondi destinati al funzionamento dei gruppi, atteso che la gestione di tali fondi è demandata dal regolamento a tale figura.