Ineleggibilità
- Quesito in merito alla sussistenza di ipotesi di ineleggibilità di un consigliere comunale. Articolo 60 decreto legislativo n. 267/2000.
E' stato richiesto un parere in merito all'eventuale sussistenza, in capo ad un consigliere comunale, della causa di ineleggibilità alla carica di sindaco ai sensi dell' articolo 60, comma 1, n.12 del decreto legislativo n. 267/2000.
Le cause di ineleggibilità previste dall'art. 60 citato riguardano il momento elettivo e mirano ad impedire che per la particolare posizione professionale, alcune persone siano potenzialmente in grado di turbare il libero convincimento degli elettori. Tali cause non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature. Nell'ipotesi in cui, pur sussistendo una causa di ineleggibilità, si verifichi ugualmente l'elezione, questa considerarsi sin dall'inizio radicalmente nulla e non sanabile in alcun modo da parte dell'eletto.
Al riguardo, si fa presente che l'articolo 60, comma 1, n. 12, del decreto legislativo n. 267/2000 prevede, tra l'altro, che non sono eleggibili a sindaco i sindaci in carica in un altro comune.
Nella fattispecie in esame, quindi, non ricorre la causa di ineleggibilità di cui all'art. 60, comma 1, n. 12 del decreto citato, pertanto, un consigliere comunale in carica potrà candidarsi a sindaco in altro comune.
Riguardo, poi, ai concetti di ineleggibilità ed incandidabilità va, preliminarmente detto che tale ultima figura non trova una precisa definizione giuridica. Va, altresì, considerato che il termine 'incandidabilità' si trova nella rubrica del capo II del titolo III della parte I del decreto legislativo n. 267/2000 e gli articoli 56 e 58 del decreto stesso stabiliscono i requisiti delle candidature e le cause alle stesse ostative. E' opportuno richiamare anche l'art. 55 T.U.E.L. che, in tema di elettorato passivo, testualmente recita 'Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione'.
La Costituzione, inoltre, assicura in via generale il diritto di elettorato passivo, ricondotto dalla Corte Costituzionale alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall'articolo 2 della Costituzione stessa, pertanto le restrizioni del contenuto di tale diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione (cfr. Corte Cost. sentenze nn. 571/1989 e 235/1988).
La giurisprudenza ha riconosciuto nell'incandidabilità una nuova figura di incapacità giuridica speciale, una situazione che, a differenza dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità, che come essa afferiscono al diritto di elettorato passivo, incide direttamente sulla legittimazione rispetto a tale diritto e non, semplicemente, sull'esercizio dello stesso (cfr. TAR Sicilia, sez. Catania, II sez. int., 27-05-1999, n. 1021; C.G.A. sent. 14-03-2000, n. 113).
Un contributo importante per la sistemazione del concetto di incandidabilità, sconosciuto all'ordinamento nazionale fino all'emanazione della legge n. 16/1992, era venuto dalla Corte Costituzionale (cfr. sent. n. 141/1996) che l'ha dapprima, ricondotto nella figura dell'ineleggibilità e, poi, ne ha sottolineato la specialità e specificità. Lo sforzo ricostruttivo compiuto dalla Corte, siccome limitato alla considerazione delle questioni rimesse, ed attinenti alla legittimità costituzionale della norma che ha introdotto la 'non candidabilità', non è giunto alla definitiva sistemazione dell'istituto.
La Corte, infatti, si è limitata ad assumere che il concetto di non candidabilità inerisce a quello della eleggibilità (descritta come capacità di essere eletti o nominati ad alcune cariche negli enti locali) e, che 'la legge n. 16/1992 per la prima volta introduce fattispecie di non candidabilità che incidono sulla costituzione delle assemblee elettive; fattispecie che, interferendo sulla formazione della rappresentanza, devono essere sottoposte a un controllo particolarmente stringente. In tale ipotesi, infatti, la norma incide direttamente sul diritto di partecipazione alla vita pubblica, quindi sui meccanismi che danno concretezza al principio della rappresentatività democratica nel governo degli enti locali, in quanto enti esponenziali delle collettività sottostanti. Ora tale non candidabilità va considerata come particolarissima causa di ineleggibilità che il legislatore ha configurato in relazione a vicende processuali. L'elezione di coloro che versano nelle condizioni di non candidabilità è nulla senza che sia in alcun modo possibile per l'interessato rimuovere l'impedimento all'elezione, come invece è ammesso per le cause di ineleggibilità derivanti da uffici ricoperti attraverso la presentazione delle dimissioni o il collocamento in aspettativa' (cfr. C. Cost. n. 141/1996).
L'alterità, che pure la Corte Costituzionale riconosce all'incandidabilità rispetto all'ineleggibilità, cui l'accomuna per il fatto di inerire, entrambe, al diritto di elettorato passivo, è data dalla indisponibilità della fattispecie che genera l'impossibilità di adire una carica elettiva negli enti locali.
L'incandidabilità è, quindi, ontologicamente e teleologicamente diversa da quelle situazioni che, come essa, impediscono l'elezione o la permanenza in una carica pubblica, perché i fatti che importano incandidabilità escludono il diritto di elettorato passivo (rispetto alle elezioni amministrative) e non solo l'esercizio dello stesso; e poiché escludono quel diritto, impediscono ai soggetti che ne sono colpiti di adire quella situazione giuridica prodromica rispetto all'elezione quale è la candidatura.