Richiesta parere in merito alla norma statutaria che attribuisca al difensore civico “il potere di annullare gli atti sottoposti al suo controllo su richiesta della minoranza consiliare e ritenuti illegittimi”.
Si fa riferimento ad una nota con la quale è stato richiesto l'avviso della scrivente in merito all'ammissibilità della norma statutaria che attribuisca al difensore civico 'il potere di annullare gli atti sottoposti al suo controllo su richiesta della minoranza consiliare e ritenuti illegittimi'.
Al riguardo, si svolgono le seguenti considerazioni.
Così come formulata, la prospettata norma statutaria manifesta l'intendimento di attribuire alla 'minoranza consiliare' la facoltà di richiedere al difensore civico comunale l'annullamento 'degli atti sottoposti al suo controllo. e ritenuti illegittimi'.
La dizione 'atti', stante la sua genericità sembra ricomprendere tanto le deliberazioni e i provvedimenti degli organi politici che le determinazioni dirigenziali.
Per i profili che attengono alla natura del soggetto legittimato (la 'minoranza consiliare') ad attivarsi per sollecitare il controllo, la disposizione statutaria in esame appare censurabile, in quanto essa attribuisce esclusivamente ad una parte di consiglieri, individuata politicamente, una prerogativa che dovrebbe spettare indistintamente a tutti i consiglieri in quanto contitolari della funzione di indirizzo politico-amministrativo.
In ipotesi, la facoltà di richiedere al difensore civico l'esercizio del controllo andrebbe, pertanto, più correttamente, attribuita ad un determinato quorum di consiglieri che potrebbe indifferentemente ricomprendere consiglieri appartenenti all'uno o all'altro schieramento politico.
Per quanto concerne l'imputazione al difensore civico comunale del potere di annullamento degli atti reputati illegittimi, si ritiene ammissibile una previsione statutaria che configuri tale ipotesi,
L'indirizzo legislativo affermatosi particolarmente nell'ultimo decennio (e precisamente a far tempo dall'entrata in vigore della legge n. 142/1990) è andato verso il superamento dei controlli tradizionali sugli atti degli enti locali.
Il modello di pubblica amministrazione delineato dalla legge n. 241/1990, quale efficiente, trasparente, improntata nell'esercizio delle proprie attività a principi di efficacia ed economicità, ha determinato l'esigenza di riformare profondamente l'impianto tutorio, la struttura e le finalità dei controlli, introducendo meccanismi e tecniche di riscontro che estendono la propria indagine dal singolo atto all'attività dell'ente nel suo complesso.
Si è così pervenuti alla legge costituzionale n. 3/2001 la quale ha, fra le innumerevoli e rilevanti innovazioni introdotte, disposto l'abrogazione dell'art. 130 Cost., con la conseguente caducazione del controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali sinora svolto dall'organo regionale di controllo
Il superamento del sistema tradizionale dei controlli sui predetti atti ha fatto emergere un'esigenza di garanzia della legalità che non può essere assicurata esclusivamente mediante il ricorso allo strumento giurisdizionale.
Nell'attuale contesto ordinamentale può dirsi che la risposta a tale esigenza è data dalla legge 5 giugno 2003 n. 131 la quale, nel delineare (art. 2, comma 4, lett. e)) i criteri di delega cui deve attenersi il Governo nell'emanazione dei decreti legislativi relativi all'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale n. 3/2001 prevede espressamente che deve essere attribuita all'autonomia statutaria degli enti locali 'la potestà di individuare sistemi di controllo interno, al fine di garantire il funzionamento dell'ente, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa,'.
Tale criterio di delega va a confermare l'indirizzo volto alla valorizzazione del cosiddetto 'autocontrollo' o controllo interno, pure presente nel vigente T.U.E.L. n. 267, il cui art. 147, 1° co. dispone che 'gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati', fra l'altro, 'a garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa.
I contenuti delle cennate previsioni normative sono alquanto ampi, in quanto demandano alla potestà statutaria degli enti locali il compito di individuare forme di controllo interno, senza stabilire dei limiti.
In ultima analisi, si rileva che in tema di controlli interni, la fonte legislativa statale recede in favore di un impianto tutorio che trova la sua consistenza e i suoi limiti esclusivamente nello statuto, che diviene normative di riferimento in via primaria.
Non può escludersi, per quanto precede, che lo statuto possa individuare, in teoria, anche nel difensore civico comunale una possibile figura competente all'esercizio di forme di controllo interno sull'attività, sui singoli atti, o su 'categorie' di atti amministrativi, al fine di garantire la conformità dell'azione amministrativa alla legge, allo statuto ed ai regolamenti.
Conclusivamente, l'ipotesi che lo statuto possa prevedere, in estrema ratio, anche attraverso una procedimentalizzazione del controllo sugli atti (o su alcuni di essi) la legittimazione del difensore civico ad annullare quelli reputati illegittimi, deve ritenersi, nell'attuale quadro ordinamentale, ammissibile.