Decadenza dall’incarico per mancata partecipazione alle sedute

Territorio e autonomie locali
15 Marzo 2003
Categoria 
05.02.03 Commissioni e gruppi consiliari
Sintesi/Massima 

Decadenza dall’incarico per mancata partecipazione alle sedute

Testo 

E' stato chiesto l'avviso della Scrivente in ordine al quesito posto da un'Amministrazione provinciale in tema di composizione delle commissioni consiliari permanenti.
Si è chiesto in particolare di conoscere se, ai sensi dell'art. 31 del regolamento comunale, sia possibile procedere alla dichiarazione di decadenza del consigliere comunale che si trovi ad essere unico rappresentante della commissione consiliare.
La Provincia ha previsto una composizione di dette commissioni proporzionata alla consistenza numerica di ciascun gruppo consiliare presente nel consiglio provinciale nella misura di un consigliere ogni tre seggi, iscritti al gruppo consiliare, assicurando comunque la presenza di un rappresentante di ciascun gruppo in tutte le commissioni.
Nel quesito si è evidenziato che presso certe commissioni consiliari operano membri rappresentanti di gruppi consiliari costituiti da un unico consigliere provinciale che non potrebbe essere in alcun modo surrogato nella carica da un altro componente del gruppo.
Al riguardo occorre considerare quanto segue.
Nel vigente sistema normativo delle autonomie locali è consentito al consiglio provinciale istituire, nel suo seno, commissioni permanenti, composte con criterio proporzionale alla consistenza numerica dei gruppi consiliari (ex art. 38 comma 6 del T.U.E.L. n. 267/2000) in modo che ciascuna di esse rispecchi la composizione politica del consiglio comunale.
Il 'criterio proporzionale' è posto dal legislatore come direttiva suscettibile di svariate opzioni applicative, egualmente legittime purché coerenti con la ratio che quel principio sottende e che consiste nell'assicurare in seno alle commissioni la rappresentatività delle forze politiche presenti nel consiglio.
E' principio ormai consolidato in dottrina e in giurisprudenza che al raggiungimento di questo obiettivo concorrono non soltanto una rappresentanza numerica proporzionata alla consistenza delle forze politiche presenti nell'organo elettivo, ma anche - quando la varietà di consistenza e di numero dei gruppi non lo consentano con precisione aritmetica per quozienti interi - meccanismi tecnici (quali il voto ponderato, il voto plurimo e simili) idonei ad assicurare a ciascun consigliere un peso corrispondente a quello della forza politica che rappresenta (vedasi sentenza T.A.R. Lombardia 3 maggio 1996 n. 367).
A tale criterio si è ispirata la norma dell'art. 58, commi secondo e terzo del regolamento che disciplina la 'composizione delle commissioni consiliari permanenti'.
La norma, testé citata, legittimamente ha previsto una composizione di dette commissioni proporzionata alla consistenza numerica di ciascun gruppo consiliare presente nel consiglio provinciale nella misura di un consigliere ogni tre, iscritti al gruppo, assicurando, comunque, la presenza di un rappresentante di ciascun gruppo in tutte le commissioni.
In tal modo sono rappresentate nelle commissioni anche le forze politiche che hanno ottenuto un solo seggio.
Il criterio proporzionale nella rappresentanza dei gruppi è peraltro garantito dal successivo comma 3 dello stesso art. 58 dello statuto che consente a ciascun gruppo consiliare di esprimere nelle commissioni un numero di voti corrispondenti alla consistenza del gruppo (cd voto plurimo).
Il 'sistema' di composizione delle Commissioni consiliari permanenti di cui all'art. 58, commi 2 e 3 del regolamento che prevede la presenza di un rappresentante per tutti i gruppi politici in ciascuna commissione consiliare non incide sulla stessa pari dignità riconosciuta ad ogni consigliere comunale nell'esercizio del proprio mandato e non discrimina negativamente le facoltà propositive dei singoli consiglieri, a seconda della consistenza numerica del gruppo di rispettiva appartenenza.
Nel caso di specie, a giudizio di questo Ufficio, la scelta della composizione delle commissioni consiliari permanenti rientra nell'esercizio della discrezionalità amministrativa.
Quanto alla decadenza del consigliere comunale si osserva che in passato l'art. 289 del testo unico n. 148 del 1915 aveva previsto l'istituto della decadenza del consigliere comunale per mancato intervento ad una intera sessione ordinaria del consiglio comunale.
Pertanto, in relazione alla dizione letterale della suddetta norma, si riteneva che la decadenza potesse essere pronunciata esclusivamente con riferimento alle sessioni ordinarie e non a quelle straordinarie.
L'art. 43, ultimo comma del T.U.E.L. n. 267/2000 ha, poi, demandato allo statuto dell'ente locale la disciplina sulla materia considerata.
Tale norma va letta in combinato disposto con l'art. 273, comma 6, del medesimo T.U.E.L. n. 267/2000; quest'ultima norma dispone l'applicabilità, in via transitoria (vale a dire sino all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari) della disciplina contemplata dall'art. 289 del T.U. n. 148/1915.
Nella provincia in questione l'istituto della decadenza del consigliere comunale è attualmente regolato dallo Statuto e dal regolamento per il funzionamento degli organi.
Dalla lettura delle richiamate norme si evince la previsione della decadenza in relazione alla mancata partecipazione al consiglio per un semestre senza giustificato motivo.
L'iniziativa per la pronuncia della decadenza può essere assunta d'ufficio da parte del Presidente del Consiglio o su richiesta del consigliere comunale che risulta primo dei candidati non eletti.
La giurisprudenza ha chiarito che la decadenza dalla carica di consigliere appartiene alla categoria di quelle limitazioni all'esercizio di un diritto al munus publicum che devono essere interpretate restrittivamente (vedasi T.A.R. Campania Napoli sezione I n. 436 del 4 dicembre 1992).
Conseguentemente la decadenza non può riguardare il deliberato astensionismo di un gruppo politico, che rientra nel novero delle facoltà ordinariamente a disposizione delle forze di opposizione, ma piuttosto sanziona comportamenti negligenti dei consiglieri dai quali possano derivare disagi all'attività dell'organo (ricorrenti sedute deserte, la cui difficoltà di raggiungere il quorum strutturale) la cui valutazione meramente discrezionale (di esclusiva competenza del solo consiglio comunale) costituisce il fondamento giuridico del provvedimento (Cass. SS.UU. 7 gennaio 1981 n. 74).
Il consigliere comunale ha facoltà di far valere le cause giustificative delle assenze nonché fornire eventuali documenti probatori (T.A.R. Abruzzo sentenza n. 144 del 2.3.1990).
In ogni caso, ferma restando la discrezionalità del consiglio comunale nel valutare la sussistenza dei presupposti, resta il fatto che la reiterazione dei periodi di prolungata astensione dalla partecipazione al consiglio sembrerebbe evidenziare una situazione di inconciliabilità della condizione personale del consigliere con l'esigenza di funzionalità dell'organo di rappresentanza elettiva del comune.