Trasferimento dipendente da un settore ad altro -Violazione o meno art. 51, commi 2,3 e 4, L. n. 142, 8.6.1990 – Contenzioso materia lavoro (art. 417-bis c.p.c.).

Territorio e autonomie locali
16 Novembre 2002
Categoria 
15.02.09 Mobilità
Sintesi/Massima 

Legittimità o meno trasferimento dipendente da un settore ad altro – Possibile violazione art. 51, commi 2,3 e 4, L. n. 142, 8.6.1990 (attribuzione dirigenti determinazioni relative gestione personale) - Contenzioso materia lavoro (art. 417-bis c.p.c.).

Testo 

Un U.T.G. ha richiesto le valutazioni della Direzione Centrale in merito al contenzioso promosso da un dipendente di un comune con il quale lamenta l'illegittimità del proprio trasferimento da un settore ad altro della medesima Amministrazione, contestando la scelta dell'Ente di affidare il primo incarico ad altra unità in servizio che si ritiene sia priva dei necessari requisiti.
In particolare, il ricorrente impugna la disposizione con la quale il Sindaco avrebbe fornito direttive ai dirigenti circa la necessità dello spostamento interno da un settore ad altro nei riguardi di una serie di dipendenti, nonché l'ordine di servizio con cui il Dirigente del III settore disponeva il trasferimento del ricorrente presso altro servizio del comune.
Il ricorrente, lamenta la violazione dell'art. 51, II, III e IV comma della legge 8.6.1990, n. 142 che attribuisce ai dirigenti le determinazioni relative alla gestione del personale in quanto l'illegittimità della disposizione del Sindaco si riverbera sull'ordine di servizio dirigenziale il quale si sarebbe conformato 'per relationem' a tale disposizione, risultando, pertanto, illogico, privo di criteri ed arbitrario.
Il Giudice del lavoro in sede d'esame del ricorso ex art. 700 c.p.c. ante causam, acquisita una testimonianza, accordava la sospensione dei provvedimenti impugnati, in quanto l'assegnazione ad altro settore era stata effettuata non in via propria ed autonoma dal dirigente del settore interessato bensì in via di mera esecuzione di altro provvedimento del sindaco.
Al riguardo, vero è che la normativa citata assegna all'esclusiva responsabilità dei dirigenti gli atti di gestione e di amministrazione del personale ma è anche vero che agli organi di governo dell'ente è affidato il potere di indirizzo nei confronti dei medesimi dirigenti.
Il potere di indirizzo può esplicarsi con formulazioni generiche o anche con suggerimenti circa particolari provvedimenti da adottare, tant'è che per ammissione dello stesso ricorrente nonostante la direttiva sindacale riguardasse numerosi dipendenti del comune, il dirigente ha adottato l'atto di trasferimento solo ed esclusivamente nei suoi confronti.
Peraltro, l'intervento del Sindaco era in un certo senso obbligato in considerazione che i provvedimenti dovevano essere adottati da dirigenti responsabili di tre settori distinti i quali, senza tale necessario coordinamento, non avrebbero potuto realizzare i predetti spostamenti.
Ciò nonostante, solo il dirigente del terzo settore ricevendo l'input del sindaco ha adottato il provvedimento, non escludendosi, per tale fatto, che il medesimo dirigente non abbia effettuato la previa autonoma valutazione.
Nel merito, non può certo contestarsi la decisione adottata dall'Amministrazione nei confronti di un dipendente, il quale seppur abbia svolto per anni le mansioni di addetto all'ufficio metano, proprio in virtù del contenzioso in corso relativo al preteso riconoscimento di una qualifica funzionale nettamente superiore (ora posizione economica 'D3') non poteva esimersi dall'assegnare il dipendente ad altre funzioni corrispondenti al profilo professionale ed alla posizione economica di cui è legittimamente in possesso.
Del resto, l'organizzazione degli uffici è una prerogativa dell'Amministrazione, la quale a proprio insindacabile giudizio può collocare il proprio personale nei settori ritenuti più confacenti anche alle singole posizioni personali.
Il dipendente, pertanto, pur essendo legittimato a proporre ricorso contro il provvedimento con cui si dispone il proprio movimento interno, non può contestualmente entrare nel merito dei requisiti soggettivi ed oggettivi del personale che va a sostituirlo nelle precedenti funzioni; per tale aspetto, infatti, la doglianza, secondo cui il dipendente che va a gestire il settore metano sia privo dei necessari requisiti, ad avviso di questa Direzione Generale è inammissibile.
Qualora ve ne fosse necessità, si cita ad abundantiam parte della giurisprudenza con cui si conferma la legittimità dell'operato delle amministrazioni che dispongono i cosiddetti movimenti interni di personale.
Cons. Stato (Sez. VI), 8 giugno 1999, n. 764, secondo cui 'Il trasferimento di un dipendente da un servizio ad altro all'interno dello stesso ufficio rientra negli ordinari poteri organizzatori della p.a.'; T.A.R. Piemonte, sez. II, 30 aprile 1998, n. 170: 'E' legittimo il trasferimento ad altra sede di servizio di un pubblico dipendente per motivate esigenze organizzative, indipendentemente dal suo gradimento. Il gradimento personale del dipendente si qualifica infatti, all'interno del procedimento di trasferimento del medesimo ad altra sede, come interesse di mero fatto destinato ad essere pretermesso di fronte a quello pubblico dell'esigenza di riorganizzazione del servizio prospettato dall'amministrazione'.
'L'amministrazione, nell'esercizio del potere organizzatorio interno di distribuzione, e quindi di utilizzazione del personale nell'ambito dei propri uffici, gode di un ampio potere discrezionale volto esclusivamente ad un migliore assetto funzionale degli uffici medesimi e non anche alla tutela del lavoratore, per cui, ove l'assegnazione del dipendente ad altro ufficio, pur involgendo mutamento di mansioni, non comporti trasferimento di sede, esso non necessita di particolare motivazione con la dettagliata indicazione delle ragioni tecnico-organizzative che presiedono all'applicazione del dipendente presso altro ufficio. (T.A.R. Sicilia, sez. I Palermo, 1 giugno 1994, n. 372).
'La motivazione del provvedimento di trasferimento d'ufficio di un pubblico dipendente - necessaria in linea di principio - non occorre allorché il trasferimento viene disposto all'interno dello stesso territorio comunale, o, a maggior ragione, in un diverso ufficio presso la stessa sede, senza incidere negativamente sulla qualifica e sulle mansioni del dipendente'. (T.A.R. Campania, sez. V, 27 aprile 1993, n. 190).
Peraltro, il dipendente, che ha subito una condanna penale per delle vicende di concussione nell'espletamento del servizio di responsabile del settore metano, oltre a dovere essere assoggettato alla 'destituzione' in base alla normativa applicabile all'epoca dell'emissione della relativa sentenza (previo avvio o meno del procedimento disciplinare), nelle more, doveva essere obbligatoriamente trasferito d'ufficio già da allora, al fine di salvaguardare gli interessi dell'Ente la cui lesione è stata riconosciuta anche dalla Corte dei Conti con la sentenza n. 821/2001 che ha previsto, inoltre, la condanna del dipendente al pagamento della somma di £14 milioni oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.
Il trasferimento c.d. 'ambientale' è attuabile ancora oggi. Infatti, tra i tanti, anche il Pretore di Roma con decisione dell'1 marzo 1999 ha sostenuto che 'L'abrogazione, da parte del d.lg. n. 80 del 1998 dell'art. 32 t.u. imp. civ, Stato n. 3 del 1957, che al comma 4 prevedeva il trasferimento del pubblico dipendente quando la permanenza dell'impiegato in una sede nuoce al prestigio dell'ufficio - c.d. incompatibilità ambientale - non comporta automaticamente l'illegittimità di tale trasferimento, ma piuttosto, a seguito della contrattualizzazione del rapporto, risulta ora necessario provare come in concreto la lamentata incompatibilità ambientale produca effettivamente conseguenze di disorganizzazione, disfunzione o conflitto organizzativo interno all'unità produttiva tali da rilevare sotto quei profili tecnici, organizzativi e produttivi di cui all'art. 2103 c.c.'.
Pertanto, risulta assolutamente infondata la richiesta di reintegrazione del ricorrente nelle mansioni e funzioni di istruttore perito industriale addetto all'ufficio metano - essendo invero possibile – pur mantenendo la stessa qualifica di istruttore perito industriale in capo al dipendente, l'assegnazione, così come disposta dall'ente presso altro settore della medesima Amministrazione.
Parimenti, alla luce anche della citata sentenza della Corte dei Conti che ha riconosciuto un danno nei confronti del Comune per l'avere il dipendente abusato della propria posizione all'interno dell'Ufficio metano, per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, sanzionati penalmente, anche la richiesta di risarcimento dei danni morali e materiali quantificata dal dipendente in £ 50 milioni non può certo essere accolta dal Giudice.
Infine, tutto ciò premesso, vista l'assoluta infondatezza delle pretese del dipendente, non si ritiene che sussistano spazi per un'eventuale conciliazione con il ricorrente.