Mobilità interna dipendente (cat. A2) immesso posto vacante operatore per mutamento mansioni seguito inidoneità fisica (art. 56, D.P.R. n. 268/87) – Controversia materia lavoro art. 417-bis c.p.c..

Territorio e autonomie locali
15 Novembre 2002
Categoria 
15.02.09 Mobilità
Sintesi/Massima 

Mobilità interna dipendente (ausiliario cat. A2) immesso posto vacante operatore per mutamento manzioni seguito dichiarazione inidoneità fisica (art. 56, D.P.R. n. 268/87) -
Legittimità o meno detta operazione attesa la connessa revoca riserva a concorso interno posto esecutore -Controversia materia lavoro (art. 417-bis c.p.c.).

Testo 

Un U.T.G., al fine di predisporre la memoria difensiva di costituzione e risposta per l'Amministrazione comunale rappresentata, ha chiesto il parere di questo Ministero in merito alla questione sollevata da una dipendente di un Comune.
Dalla documentazione inviata si evince che la dipendente, assunta con la qualifica di 'ausiliario' (III qualifica funzionale) è stata successivamente inquadrata nella posizione economica A2, in applicazione del nuovo CCNL relativo al nuovo sistema di classificazione.
Successivamente, l'Amministrazione ha disposto la soppressione del posto occupato dalla dipendente e la contestuale immissione di tale dipendente nel posto vacante di 'operatore' dell'Ufficio Anagrafe.
La dipendente contesta tale operazione dell'Ente, alla quale è connessa anche la revoca della riserva a concorso interno di un posto di esecutore, sostenendo che in realtà l'Amministrazione ha adottato tali atti senza tenere conto delle effettive esigenze di servizio, ma col solo fine di dissimulare un provvedimento disciplinare nei confronti della medesima alla quale si addebita una presunta interruzione del servizio di protocollo degli atti.
Tra gli atti inviati, è stata allegata anche copia del ricorso al T.A.R. in data 21.12.1999 (tuttora pendente) con il quale la dipendente reclama l'attribuzione delle differenze retributive per espletamento delle mansioni superiori connesse al profilo impiegatizio (IV qualifica funzionale) che le sarebbe stato attribuito dall'Amministrazione sin dal 12.9.1991, in attesa dell'esito della visita collegiale che successivamente l'avrebbe riconosciuta inidonea allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo di appartenenza.
Dal quadro delineato si rileva, pertanto, che la dipendente, assunta con il profilo di ausiliario (III livello), a seguito di dichiarazione di inidoneità fisica all'espletamento delle mansioni per le quali era stata assunta, era stata collocata dall'Amministrazione presso l'ufficio stato giuridico ed aggiornamento del personale per coadiuvare i dipendenti ivi addetti.
Con separato procedimento, la dipendente reclama il proprio diritto alle differenze retributive, mentre, con l'odierno gravame la stessa dipendente sostiene la propria inamovibilità dall'ufficio in cui prestava servizio.
Giova fare presente che in materia di mutamento di mansioni per inidoneità fisica l'art. 56 del d.P.R. n. 268/87, vigente all'epoca, prevedeva l'obbligo per l'Amministrazione interessata di 'esperire ogni utile tentativo, compatibilmente con le strutture organizzative dei vari settori e con le disponibilità organiche dell'ente, per recuperare al servizio attivo il dipendente, in mansioni diverse, possibilmente affini a quelle del profilo rivestito, appartenenti alla stessa qualifica funzionale od a qualifica funzionale inferiore'. La norma, al comma 2 stabiliva, inoltre, che 'dal momento del nuovo inquadramento il dipendente seguirà la dinamica retributiva della nuova qualifica funzionale senza nessun riassorbimento del trattamento in godimento'.
L'Amministrazione comunale, pertanto, ha inserito la dipendente in un posto di pari qualifica funzionale (III) adibendola a servizi sedentari, con compiti di mero ausilio degli addetti all'ufficio protocollo.
Come si evince dalla deliberazione di Giunta municipale, a seguito dell'assenza dall'Ufficio da parte dei titolari, ed a conferma del mancato impiego della dipendente in mansioni ascrivibili alla qualifica superiore, si è assistito ad un'interruzione del relativo servizio, tanto che l'Amministrazione ha ritenuto opportuno trasferire la ricorrente in un posto vacante di operatore presso altro settore dell'Amministrazione.
In merito, occorre ricordare che l'art. 89 del nuovo T.U. sugli enti locali (d. legs. n. 267/2000), al comma 5 fa salva l'autonomia normativa ed organizzativa degli enti locali in materia di rideterminazione delle dotazioni organiche e di organizzazione e gestione del personale, con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di servizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti.
In questo caso, pertanto, il trasferimento della dipendente da un settore ad altro della medesima Amministrazione, in un posto, peraltro, inquadrabile nella medesima categoria economica, ad avviso di questa Direzione Generale, è in linea con la previsione di legge.
Anzi, appare abbastanza singolare che la dipendente invochi l'instaurazione di un procedimento disciplinare nei suoi confronti (per delle motivazioni che non è dato riscontrare) a fronte del semplice trasferimento da un settore all'altro effettuato per mere esigenze di servizio.
Infatti, dalla documentazione si evince che la dipendente ha omesso lo svolgimento delle incombenze attinenti all'ufficio protocollo proprio perché non confacenti al proprio profilo professionale, sicché l'Amministrazione verificata l'incongrua utilizzazione della dipendente presso tale ufficio, correttamente non ha formulato alcun rilievo di natura disciplinare, ma si è limitata invece ad impegnare in modo più proficuo la dipendente in altri servizi.
La doglianza relativa alla esclusione della riserva a concorso interno del posto di 'esecutore' (vacante) previsto presso l'Ufficio 1 del Servizio 2 del I settore dovrebbe ritenersi inammissibile, in quanto, pur sussistendo un mero interesse della ricorrente, è demandata all'Amministrazione l'individuazione 'dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno' così come stabilito dall'art. 6, comma 12 della legge n. 127/97, (art. 91, comma 3 del d. legs. n. 267/2000) fatto proprio dall'art. 4, comma 2 del CCNL 31.3.1999; tale facoltà (di autonoma disciplina) sussiste, peraltro, anche nel caso dell'individuazione dei posti riservati alla progressione verticale nel nuovo sistema di classificazione di cui al C.C.N.L. del 31.3.2001.