Erroneità inquadramento dipendente (per mansioni superiori svolte) in istruttore tecnico (cat. C2) anziché architetto (cat. D1) - Controversia materia lavoro (art. 417-bis c.p.c.).

Territorio e autonomie locali
15 Novembre 2002
Categoria 
15.01.01 Inquadramento
Sintesi/Massima 

Controversia materia lavoro (art. 417-bis c.p.c.). Considerazione, parte dipendente comunale, erroneo proprio inquadramento in istruttore tecnico (cat. C2) - Rivendicazione profilo architetto (cat. D1) attese mansioni effettivamente espletate e responsabilità attribuite.

Testo 

Un U.T.G., al fine di predisporre la memoria difensiva di costituzione e risposta per l'Amministrazione comunale rappresentata, ha chiesto il parere di questo Ministero in merito alla questione sollevata da un dipendente di un Comune.
Dalla documentazione inviata si evince che il dipendente, rivestente un profilo professionale appartenente alla VI qualifica funzionale, pur svolgendo funzioni riconducibili al profilo di architetto, a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo di comparto sulla classificazione del personale, è stato inquadrato, con determinazione dirigenziale, nella qualifica di 'istruttore tecnico' posizione economica C2.
Il dipendente lamenta l'erroneità di tale inquadramento rivendicando, in base alle mansioni espletate ed in relazione alle responsabilità che gli sono state attribuite, l'inquadramento nella posizione economica 'D1', con il profilo di 'architetto'.
Non risulta chiaro se l'Amministrazione abbia o meno istituito il posto di 'architetto', tuttavia il dipendente lamenta che l'identificazione dei nuovi profili individuati con la ristrutturazione operata dall'Ente avrebbe dovuto comportare la ricognizione delle mansioni effettivamente espletate a prescindere dalla qualifica posseduta in precedenza.
Ciò premesso, il ricorrente chiede l'accertamento dell'illegittimità della determinazione dirigenziale n. 150 del 25.8.1999 nella parte in cui inquadra il medesimo nella posizione economica C2, anziché nella posizione economica D1 (architetto), nonché della deliberazione n. 4/1999 con la quale la Giunta Municipale adottando il regolamento organico dell'Ente, avrebbe autoritativamente disposto accorpamenti di profili professionali.
Contestualmente, chiede la corresponsione delle differenze retributive, relative alla differenza del trattamento iniziale tra le categorie C2 e D1.
In subordine, il ricorrente chiede la corresponsione delle predette differenze stipendiali di cui al punto precedente dall'1.7.1998 fino alla data della decisione del ricorso in relazione alle mansioni attribuite ed effettivamente espletate.
Al riguardo, occorre ricordare che prima dell'entrata in vigore del d. legs. n. 29/93 - il quale ha profondamente modificato il regime del pubblico impiego, riconducendolo (con gradualità, mediante un percorso normativo che va completandosi) nell'alveo del regime privatistico - era principio generalmente riconosciuto, confermato dalla giurisprudenza prevalente, che le mansioni di fatto fossero giuridicamente irrilevanti.
Del resto, l'unica eccezione consentita nell'ambito degli enti locali era quella riconducibile all'applicazione dell'art. 40 del d.P.R. n. 347/83 il quale, per il riconoscimento delle mansioni superiori, richiedeva oltre allo svolgimento di fatto di tali mansioni anche la presenza di un corrispondente posto vacante all'1.1.1983 e l'affidamento pregresso di funzioni con atti formali (deliberazione di Giunta o di Consiglio), sempre prima dell'1.1.1983.
Oggi, tali principi consistono, innanzi tutto, nella presenza di un posto vacante disponibile d'organico, in quanto non risulterebbe corretto l'affidamento di funzioni non previste nell'ordinamento dell'ente e, secondariamente, nella transitorietà di tale affidamento - nelle more dell'espletamento del concorso - finalizzata ad impedire aspettative di inquadramento automatico nel posto in questione in capo al personale in servizio.
Infatti, solo con il d. legs. 29/93 (ora d. legs. n. 165/2001), come detto, si è voluto condurre al regime civilistico il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali, che per il riconoscimento delle differenze stipendiali, mantiene, comunque, fermi i capisaldi a presupposto per il conferimento, costituiti 1) dalla presenza di un posto vacante o temporaneamente scoperto per assenza del titolare, 2) da un atto formale (disposto, ai sensi del d. legs. n. 142/ 90 ed ora ai sensi del d. legs. n. 267/2000, dal dirigente) il quale, in ogni caso, non dà luogo, all'assegnazione definitiva della titolarità del posto 3) dalla contestuale indizione di un concorso per la copertura del posto (se vacante).
La predetta disposizione del d. legs. n. 29/93 e successive modificazioni ed integrazioni (ora art. 52 del d. legs. n. 165/2001) è stata sostanzialmente confermata dal C.C.N.L. del personale del comparto Regioni – Autonomie locali, successivo a quello dell'1.4.1999 entrato in vigore il 15.9.2000, il quale, all'art. 8, comma 5 ha ribadito che il dipendente, pur avendo diritto alle differenze stipendiali, può essere solo temporaneamente assegnato al posto di superiore qualifica, fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità.
L'eccezionalità della possibilità del ricorso a tale forma lavorativa è confermata, comunque, dalla rigida disciplina per la sua pratica attuazione che, in generale, nel caso di mancato rispetto, pur considerando il diritto al riconoscimento delle spettanze economiche, dà luogo a responsabilità dirigenziale esclusiva.
Tuttavia, la suddetta ipotesi lavorativa, subordinata alla previa ridefinizione degli organici (ex art. 57 del predetto d. legs. n. 29/93) ed oggetto di successivi rinvii con decreti legge più volte reiterati, per un certo intervallo di tempo non era operativa, essendo divenuta tale solo con la riformulazione dell'art. 56 operata dall'art. 25 del d. legs. n. 80 del 31.3.1998, modificato, per la parte relativa al diritto a percepire le differenze retributive, dall'art. 15 del d. legs. n. 387 del 29.10.1998.
Peraltro, l'art. 56 del predetto d. legs. n. 29/93 nella sua prima formulazione (in vigore fino alla sua modifica intervenuta con il d. legs. n. 80/98) stabiliva al comma 2 che: 'Il dipendente può essere adibito a svolgere compiti specifici non prevalenti della qualifica superiore, ovvero, occasionalmente e ove possibile con criteri di rotazione, compiti o mansioni immediatamente inferiori, se richiesto dal dirigente dell'unità organizzativa cui è addetto, senza che ciò comporti alcuna variazione del trattamento economico'.
La giurisprudenza prevalente, nel frattempo, si è anche espressa in termini favorevoli ai dipendenti (v. T.A.R. Campania, sez. III Napoli, 16 gennaio 1996, n. 12 - Consiglio di Stato, Sez. V, 7 marzo 1997, n. 211) affermando che 'al dipendente di Ente locale spettano le differenze retributive connesse al comprovato svolgimento di mansioni superiori'.
Si è espresso, invece, in senso contrario, il T.A.R. Lazio, Latina, con decisione 8 luglio 1997, n. 612, la quale recita: 'E' inammissibile la domanda di accertamento del diritto alla qualifica superiore, in un rapporto di lavoro alle dipendenze di una p.a., qualora non sia stato impugnato il provvedimento di inquadramento nella qualifica che si assume non corrispondente alle mansioni svolte. Va respinta la domanda diretta al riconoscimento delle differenze retributive conseguenti all'esercizio di mansioni superiori, in quanto il diritto correlativo è condizionato al presupposto dell'incarico formale conferito dall'ente e del posto vacante in organico, oltre che dell'effettivo svolgimento delle mansioni superiori'.
Si rileva, inoltre, che il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, con la recente decisione n. 22/1999 ha osservato che nel pubblico impiego, al fine dell'individuazione della corretta retribuzione, è rilevante la qualifica posseduta; le mansioni espletate di fatto, invece, non possono costituire un parametro adeguato, in considerazione della necessità dell'osservanza delle esigenze primarie di controllo e di contenimento della spesa pubblica e del rispetto dell'assetto rigido della pubblica amministrazione, quale scaturisce dall'art. 97 della Costituzione che richiede l'obbligo dell'osservanza di criteri che garantiscano l'imparzialità dell'azione amministrativa.
Premesso, pertanto, che in presenza di determinati presupposti (tra i quali l'esistenza del posto è fondamentale), almeno per determinati periodi, è possibile il riconoscimento di mansioni superiori effettivamente svolte, occorre ribadire che la questione fondamentale sollevata dal ricorrente verte, comunque, sul diritto all'inquadramento nella superiore posizione economica, in virtù delle pregresse mansioni espletate di fatto; diritto che non può essere riconosciuto per le motivazioni già espresse sopra, stante, peraltro, la correttezza del primo inquadramento effettuato dall'Ente in base alla corrispondenza della vecchia qualifica funzionale alla nuova posizione economica, così come previsto nella tabella 'C' del C.C.N.L. del 31.3.1999.
Riguardo, alla presunta illegittimità dell'operato dell'Amministrazione che in sede di ridefinizione della pianta organica avrebbe disposto accorpamenti di profili professionali senza tenere conto della situazione di fatto, non può non rilevarsi che l'Ente, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, è in facoltà di prevedere la strutturazione d'organico più confacente alle proprie esigenze, operando le modifiche e gli accorpamenti che a proprio insindacabile giudizio ritenga più opportuni, comprese, addirittura, eventuali soppressioni di posti coperti con la conseguente mobilità del personale interessato.
Ciò premesso, vista l'infondatezza dei motivi addotti, ad avviso di questa Direzione Generale, il ricorso in oggetto dovrebbe essere respinto.