Procedura per la surroga di un consigliere dimissionario in caso di rinuncia al subentro

Territorio e autonomie locali
10 Maggio 2021
Categoria 
11 Controllo sugli Organi degli Enti Locali
Sintesi/Massima 

Non avendo il legislatore previsto una specifica disciplina al riguardo si ritiene che la rinuncia preventiva alla carica non richieda particolari formalità e potrà essere presentata con qualsiasi modalità, purché nel rispetto dei principi generali che regolano la presentazione delle istanze alla Pubblica Amministrazione, dettati dalle norme sulla semplificazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000). E’ al consiglio comunale che la problematica deve essere rimessa atteso che tale organo deve pronunciarsi sulla sussistenza o meno in capo ai suoi componenti di cause ostative a far parte del collegio.

Testo 

E’ stato chiesto un parere in ordine alla procedura da adottare per la surroga di un consigliere dimissionario. In particolare, il consiglio comunale in oggetto avrebbe preso atto della manifestazione di volontà di rinuncia al subentro da parte di uno dei candidati non eletti nella medesima lista.
Al riguardo, con nota prot. 6687 del 07/05/21, si è osservato quanto segue. 
Come chiarito da questo Ministero con precedenti pareri (16 e 17 febbraio 2017), le dimissioni dalla carica di consigliere, disciplinate dall’art. 38, comma 8, del decreto legislativo n.267/00, seppur immediatamente efficaci, si distinguono “logicamente e cronologicamente … dal subentro del primo dei candidati non eletti, che si realizza con l’adozione di un atto consequenziale e subordinato entro il termine di legge” (TAR Lombardia n. 245/2006). 
Alla luce di tale considerazione, si era ritenuto che a seguito della formalizzazione delle dimissioni da parte di un consigliere si poteva dare avvio al “procedimento di surroga mediante convocazione del consiglio comunale estesa al primo dei non eletti e successiva nomina di quest'ultimo (recte, convalida della sua elezione) al posto del dimissionario … Prima di che, non poteva il … rinunciare ad uno status non ancora acquisito, pertanto inesistente e per lui indisponibile. Ogni anticipata rinuncia a quel diritto, dunque, non può che essere radicalmente inefficace” (così TAR Lazio, Latina, Sez. I, n. 311/2006).
Nei predetti pareri, nel contempo è stata posta in rilievo una più recente giurisprudenza in materia, sentenza del TAR Puglia – Sezione di Lecce, n. 922/2015 del 17.03.2015 che perviene a diverse conclusioni, in quanto attribuisce alla preventiva rinuncia alla carica di consigliere da parte di candidati non eletti aventi titolo allo scorrimento della lista, la medesima valenza formale delle dimissioni dalla carica. 
La succitata pronuncia, ad oggi isolata - sulla stessa si è formato il giudicato per inammissibilità del ricorso in appello - sembrerebbe assimilare, alla rinuncia preventiva formulata dal candidato prima della proclamazione degli eletti, la preventiva rinuncia alla carica di consigliere da parte del candidato primo dei non eletti avente titolo allo scorrimento della lista. 
Sul punto esiste un pacifico orientamento giurisprudenziale, confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3091 del 23 maggio 2018, secondo il quale “l'accettazione della candidatura alle elezioni non crea di per sé vincoli giuridici, ma dà luogo ad un impegno fiduciario, che può essere rinunciato attraverso un'autonoma dichiarazione di volontà, senza necessità d'accettazione, fermo però restando che, per la stessa esigenza di certezza che contraddistingue il procedimento elettorale - anche in considerazione che la rinuncia alla candidatura può incidere sull'ammissibilità della lista e, più in generale, sulla posizione di altri candidati - tale rinuncia va prodotta con le stesse modalità e negli stessi termini stabiliti per la presentazione delle candidature, in caso contrario la rinuncia esplicando effetti non sulla composizione della lista, ma solo sul diritto all'elezione del rinunciatario" (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 1998, n. 1384; cfr., altresì, negli stessi sensi, C.G.A.R.S., 11 ottobre 2012, n. 906; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 29 aprile 2015, n. 2432 e 12 aprile 2012, n. 1724; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 26 ottobre 2004, n. 2001; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 6 novembre 2007, n. 1135)”. 
Sul tema, va sottolineato che la non vincolatività dell’accettazione della carica ha carattere di principio generale dell’ordinamento, come affermato da una giurisprudenza risalente e consolidata: “Se un principio generale vige in materia, è quello, già enucleato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. V, 28 aprile 1950 n. 528), secondo il quale l’accettazione del mandato politico (ed amministrativo), e così pure della candidatura, non crea vincoli giuridici, ma dà luogo ad un impegno fiduciario che, per il fatto stesso di non essere giuridicamente obbligatorio, può essere sempre rinunziato” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 165 del 15 maggio 1981). 
Per quanto concerne, in particolare, la rinuncia preventiva alla carica, non avendo il legislatore previsto una specifica disciplina al riguardo si ritiene che la stessa non richieda particolari formalità e potrà essere presentata con qualsiasi modalità, purché nel rispetto dei principi generali che regolano la presentazione delle istanze alla Pubblica Amministrazione, dettati dalle norme sulla semplificazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000). 
Così ricostruita la cornice normativa e giurisprudenziale, si soggiunge che è al consiglio comunale che la problematica deve essere rimessa atteso che tale organo deve pronunciarsi sulla sussistenza o meno in capo ai suoi componenti di cause ostative a far parte del collegio.