Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235. Incandidabilità a seguito di sentenza resa ai sensi dell’art.444 del codice di procedura penale

Territorio e autonomie locali
31 Marzo 2020
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

 Per le cause di incandidabilità di nuova previsione, l’efficacia ostativa delle sentenze di patteggiamento è limitata a quelle intervenute dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2012.

Testo 

E’ stato chiesto l’avviso di questo Ministero in ordine all’eventuale esistenza della causa di incandidabilità di cui all’art. 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 relativamente ad un consigliere comunale nei confronti del quale risulta una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 del codice di procedura penale, divenuta irrevocabile il 4 novembre 1996, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Al riguardo, si richiamano le considerazioni in precedenza svolte con riferimento ad altri casi analoghi e che hanno recentemente trovato conferma nella sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 5557/2018, pubblicata il 18 maggio 2018.
Come noto, l’art. 15, comma 1, del citato decreto legislativo n. 235 del 2012 stabilisce che «L’incandidabilità di cui al presente testo unico opera anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale».
Il successivo art. 16, comma 1, prevede che «Per le incandidabilità di cui ai Capi I e II, e per quelle di cui ai Capi III e IV non già rinvenibili nella disciplina previgente, la disposizione del comma 1 dell’articolo 15 si applica alle sentenze previste dall’articolo 444 del codice di procedura penale pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del presente testo unico».
Nel caso in esame, viene in considerazione il reato di cui all’art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, già previsto come causa ostativa alla candidatura dal previgente art. 58, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Peraltro, nell’analisi della fattispecie prospettata non può non tenersi conto di quanto sancito dall’art. 1, comma 3, della legge 13 dicembre 1999, n. 475, tuttora in vigore.
Invero, tale ultima disposizione, ai commi 2 e 3 - innovando l’art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55 - ha parificato le sentenze di patteggiamento alle sentenze di condanna, limitandone, peraltro, l’efficacia preclusiva a quelle intervenute dopo l’entrata in vigore della richiamata legge n. 475 del 1999 (1° gennaio 2000).
La giurisprudenza ha chiarito che la ratio della norma va ravvisata nella «caratterizzazione premiale che permea l’istituto del patteggiamento, dalla quale discende l’esigenza di evitare conseguenze negative non preventivamente valutate e ponderate al momento della prestazione del consenso». La medesima finalità è alla base dell’analoga disposizione introdotta dal citato art. 16 del decreto legislativo n. 235 del 2012 con espresso riferimento alle ipotesi di incandidabilità non rientranti nella previgente normativa contenuta nell’art. 15 della legge n. 55 del 1990 (in gran parte abrogato dall’art. 274 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e dall’art. 17 del decreto legislativo n. 235 del 2012) e negli artt. 58 e 59 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 10 febbraio 2013, n. 695; Id., sentenza 29 ottobre 2013, n. 5222).
Sembra, pertanto, coerente con la ratio ispiratrice delle norme in parola un’interpretazione che limiti l’efficacia ostativa delle sentenze di patteggiamento rispettivamente a quelle intervenute dopo l’entrata in vigore della legge n. 475 del 1999 per le cause di incandidabilità già previste dalla precedente disciplina (com’è nella situazione di cui si discute) e a quelle intervenute dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 235 del 2012 per le cause di incandidabilità di nuova previsione.
In tale direzione, depongono altresì sia la considerazione che, in caso contrario, non avrebbe senso il riferimento del menzionato art. 16, comma 1, alle sole cause ostative «non già rinvenibili nella disciplina previgente» sia la circostanza che il legislatore non ha ritenuto di abrogare l’art. 1, comma 3, della legge n. 475 del 1999, il quale, come sopra evidenziato, è tuttora in vigore.
Conclusivamente, sulla scorta delle predette coordinate normative e giurisprudenziali, si ritiene che nei confronti del consigliere comunale non sia ravvisabile la ipotizzata condizione di incandidabilità, atteso che la sentenza di condanna che lo riguarda è divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge n. 475 del 1999.