La pubblicazione all'albo pretorio del comune è prescritta anche per le determinazioni dirigenziali in conformità con il Regolamento (UE) 2016/679 che ha sancito il rispetto dei principi di "limitazione della finalità" e di "minimizzazione".
Sono stati chiesti chiarimenti in ordine alla pubblicazione sull'albo pretorio on line di alcune determinazioni comunali. In particolare, è stato rappresentato che alcune di esse a firma del responsabile del servizio concernenti l'affidamento in concessione di terreni demaniali sottoposti ad uso civico su cui afferiscono fondi comunitari sono state pubblicate all'albo on line oscurando alcuni dati di interesse pubblico che, a detta dell'esponente, avrebbero dovuto essere conosciuti dai cittadini. Al riguardo, si rappresenta che, come noto, il decreto legislativo n.33, del 14 marzo 2013, disponendo il riordino della disciplina degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, ha rafforzato l'esigenza di pubblicità degli atti. Si rileva che lo strumento informatico ha sostituito il tradizionale albo pretorio, rimanendo inalterati, sotto la nuova forma, gli obblighi di pubblicazione. Peraltro, giova richiamare la sentenza n.1370 del 15 marzo 2006, con la quale il Consiglio di Stato ha stabilito che la pubblicazione all'albo pretorio del Comune è prescritta dall'art.124 del decreto legislativo n.267/00 per tutte le deliberazioni del comune e della provincia ed essa riguarda non solo le deliberazioni degli organi di governo (consiglio e giunta municipale) ma anche le determinazioni dirigenziali. Anche il T.A.R. Campania - Sezione I, con sentenza n.03090/2012 del 28 giugno 2012, ha ribadito che la pubblicazione all'albo pretorio del Comune è prescritta anche per le determinazioni dirigenziali, esprimendo la parola "deliberazione" sia risoluzioni adottate da organi collegiali che da organi monocratici con l'intento di rendere pubblici tutti gli atti degli enti locali di esercizio del potere deliberativo, indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell'organo che li ha emanati. Inoltre, l'obbligo di pubblicazione delle determine è stato ribadito anche dalla Agenzia per l'Italia digitale nell'ambito delle "linee guida sulla pubblicità legale dei documenti e sulla conservazione dei siti web della PA" del maggio 2016. Per quanto riguarda la protezione dei dati personali, si osserva che in materia è intervenuto il decreto legislativo n.101 del 2018 recante disposizioni per l'adeguamento del diritto nazionale alla normativa UE prevista dal regolamento generale sulla protezione dei dati n.2016/679 (RGPD). L'entrata in vigore del RGPD impone la ricerca di non facili equilibri tra l'obbligo per le amministrazioni di assicurare pubblicità e trasparenza e l'esigenza di protezione dei dati personali. Al riguardo, appare utile richiamare il parere n.1028/2020 reso dal Consiglio di Stato, Sez.I, su richiesta dell'Autorità nazionale anticorruzione. In tale atto il Supremo Consesso ha dato conto del parere n.38 espresso dal Garante per la protezione dei dati personali in data 26 febbraio 2020. In sostanza, il Garante ha precisato che il Regolamento (UE) 2016/679 ha sancito il rispetto dei principi di "limitazione della finalità" e di "minimizzazione" alla luce dei quali i dati personali devono essere "raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità", nonché "adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati" (art.5, par.1, lett.b e c). Occorre tenere conto, inoltre, delle "Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri soggetti obbligati" previste dal provvedimento n.243 del 15 maggio 2014, nelle quali è precisato che "laddove l'amministrazione riscontri l'esistenza di un obbligo normativo che impone la pubblicazione dell'atto o del documento nel proprio sito web istituzionale è necessario selezionare i dati personali da inserire in tali atti e documenti, verificando, caso per caso, se ricorrono i presupposti per l'oscuramento di determinate informazioni". Per corrispondere al quesito proposto, si ritiene, altresì, utile richiamare quanto osservato dal Garante nel parere n.179 del 2 ottobre 2019 reso con riferimento ad una richiesta di accesso civico a copia di concessioni demaniali. Nel parere citato, il Garante ha osservato che "la valutazione dell'ostensione di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso civico deve inoltre essere effettuata anche nel rispetto dei principi indicati dall'art.5 del RGPD, fra cui quello di 'minimizzazione dei dati', secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (art.5, par.1, lett.c), in modo che non si realizzi un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati (cfr. anche art.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; art.8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea). Sempre nello stesso parere il Garante ha precisato che "... il riconoscimento di un accesso civico generalizzato ai dati personali contenuti nella documentazione richiesta ... può costituire un'interferenza sproporzionata nei diritti e libertà dei controinteressati, arrecando a quest'ultimi, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui i dati e le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'art.5-bis, comma 2, lett.a), del decreto legislativo n.33/13".