Il consigliere comunale può accedere agli atti ai sensi dell’art.43 del decreto legislativo n.267/00 solo presso l’Ente ove si esercita il proprio mandato.
Un consigliere comunale ha comunicato di avere presentato una richiesta di accesso agli atti presso un comune diverso da quello nel quale è stato eletto ed ha richiesto un parere in ordine alla regolarità dell’accoglimento della propria istanza subordinatamente al previo versamento di 25 euro per diritti di segreteria ed alla indicazione di una valida motivazione in base alla legge n. 241/1990.
Al riguardo, occorre osservare che la qualificazione dello status di consigliere comunale può essere fatta valere solo presso l’Ente ove si esercita la funzione in parola ai fini dell’accesso agli atti ai sensi dell’art.43 del decreto legislativo n.267/00, che, com’è noto riconosce a tale soggetto un diritto soggettivo pubblico funzionalizzato, finalizzato al controllo politico-amministrativo sull'ente, nell'interesse della collettività, dai confini più ampi del diritto di accesso riconosciuto al cittadino nei confronti del Comune di residenza (art.10 T.U. Enti locali) o, più in generale, nei confronti della P.A. come disciplinato dalla legge n.241/90 (cfr. Commissione per l’Accesso ai documenti amministrativi del 28 ottobre 2014).
La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, con decisione del 17 gennaio 2013 ha precisato che, ai sensi dell’art.10 del decreto legislativo n.267/00, è consentito al cittadino residente di accedere agli atti amministrativi dell’ente locale di appartenenza senza alcun condizionamento e senza necessità della previa indicazione delle ragioni della richiesta, dovendosi cautelare la sola segretezza degli atti la cui esibizione è vietata dalla legge o da esigenze di tutela della riservatezza dei terzi.
Nel caso di specie, non è chiaro se trattasi di cittadino residente nel comune; l’istanza potrebbe, dunque, essere inquadrata nell’ambito dell’art.22, della legge n.241/90, che definisce come “interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale e' chiesto l'accesso; la stessa legge, al comma 2 dell’art.25, prevede che la richiesta debba essere motivata.
La Commissione per l’Accesso ai documenti amministrativi con parere reso nella seduta del 27 ottobre 2015 ha ritenuto che trovi applicazione, anche all’accesso ex art.10, l’art.25 citato, laddove questo prevede che: “Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura”. Tali costi, secondo la Commissione, “includono ogni spesa che faccia carico all’Amministrazione comunale per questo servizio individualmente reso”, non escludendo la possibilità di forfettizazione “in una tariffa, definita anche considerando che, alle spese vive di copia, vanno aggiunti i costi aggiuntivi del personale, impegnato a fornire tale servizio individuale, e dunque sottratto dai propri compiti ordinari.
In merito al richiamo al decreto lgs. n.33/2013, si richiama la circolare n.2/2017 del 30 maggio 2017 del Ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, ad oggetto “Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato” con cui si afferma che in base all’art.5, comma 2, d.lgs. n.33/2013, il diritto di accesso generalizzato spetta a “chiunque”, a prescindere dalla qualità o condizione (ad esempio, di cittadino o residente) del richiedente: nessuna differenziazione o disparità di trattamento è ammissibile ai fini del godimento del diritto in questione. Inoltre, l’art.5, comma 3, stabilisce che l’esercizio del diritto di accesso “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” e che la domanda “non richiede motivazione”.
Anche il T.A.R. Lazio, Sezione II bis, con sentenza n.6875 del 19/06/2018 ha affermato che “la disciplina dell'accesso civico generalizzato (art.5, comma 2, d.lgs. n.33 del 2013) quale ulteriore strumento di trasparenza dell'azione amministrativa, si aggiunge, nel nostro ordinamento, a quella che prevede gli obblighi di pubblicazione (artt. da 12 e ss. del d.lg. n.33 del 2013) e alla più risalente disciplina di cui agli artt.22 e ss., l. n. 241 del 1990 in tema di accesso ai documenti; l'accesso agli atti di cui alla l. n.241 del 1990 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all'accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi; … nel caso dell'accesso ex l. n.241 del 1990, … la tutela può consentire un accesso più in profondità a documenti pertinenti e nel caso dell'accesso generalizzato, … le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità, se del caso, in relazione all'operatività dei limiti, ma più esteso, avendo presente che l'accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni (T.A.R. Lazio, sez. III, 21 marzo 2017, n.3742)”.