Richiesta di convocazione da parte di un quinto dei consiglieri. Art.39, comma 2, del decreto legislativo n.267/00. Al Presidente del Consiglio spetta solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non potrebbe essere sindacata nel merito, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea. Il Tar Puglia nella sentenza n.1022/2004 ha precisato che appartiene ai poteri "sovrani" dell'assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso ("questione pregiudiziale"), ovvero se ne debba rinviare la discussione ("questione sospensiva"). Il citato Tar Puglia ha sottolineato, inoltre, che "…l’ordinamento ritiene un valore essenziale del sistema democratico che alla minoranza sia assicurata effettività del diritto di iniziativa, e cioè del diritto di discussione in assemblea sull’argomento richiesto. Ove, così non fosse, grave ed evidente sarebbe la contraddizione fra tutela rafforzata del diritto di iniziativa e mancanza di limiti per la maggioranza di metterlo nel nulla con la proposizione di una qualunque questione pregiudiziale.”.
Sono stati chiesti chiarimenti in ordine alla normativa recata dall’art.39, comma 2, del decreto legislativo n.267/00.
Al riguardo, com'é noto, il citato art.39 prescrive che il presidente del consiglio comunale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri o il sindaco, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste. La disposizione configura un obbligo del Presidente del consiglio comunale di procedere alla convocazione dell'organo assembleare senza alcun riferimento alla necessaria adozione di determinazioni, da parte del consiglio stesso.
In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione, in base al comma 5, previa diffida, provvede il prefetto.
La dibattuta questione sulla sindacabilità, da parte del Presidente del Consiglio (o del Sindaco), dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell’assemblea, si è orientata, sempre in base alla giurisprudenza, nel senso che allo stesso spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non potrebbe essere sindacata nel merito, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all’ordine del giorno (v. T.A.R. Piemonte, Sez. II, 24 aprile 1996, n.268).
Alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sembrano la carenza del prescritto numero di consiglieri oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del Consiglio.
Nello stabilire se una determinata questione sia o meno di competenza del Consiglio comunale occorre aver riguardo non solo agli atti fondamentali espressamente elencati dal comma 2 dell'art.42 del citato testo unico, ma anche alle funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo di cui al comma 1 del medesimo art.42, con la possibilità, quindi, che la trattazione da parte del collegio non debba necessariamente sfociare nell'adozione di un provvedimento finale.
Il Consiglio comunale ha, infatti, un potere generale di indirizzo e di controllo politico - amministrativo sull'attività del Comune, nel cui ambito rientra pure quello di indirizzo, coordinamento e controllo sull'operato della Giunta (conforme, Tribunale di Giustizia Amministrativa di Trento n.20/2010 del 14.01.2010).
L’amministrazione locale in oggetto, nel ritenere non obbligatoria la convocazione dell'assemblea per esaminare questioni considerate "estranee" alla competenza consiliare, ha richiamato le osservazioni formulate dal Tar Puglia nella sentenza n.1022/2004. Nella citata pronuncia il giudice amministrativo ha precisato che appartiene ai poteri "sovrani" dell’assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso ("questione pregiudiziale"), ovvero se ne debba rinviare la discussione ("questione sospensiva").
La sentenza offre, altresì, un'interessante riflessione circa il necessario bilanciamento del potere assembleare di esaminare le questioni pregiudiziali con il diritto riconosciuto alle minoranze di attivare l’istituto della convocazione dell’assemblea su richiesta di un quinto dei consiglieri. A tale proposito, il citato Tar Puglia ha ritenuto di dover sottolineare che "…tale diritto di iniziativa è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell'ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve (venti giorni). Il significato giuridicamente utile di tale procedura rafforzata di tutela va individuato nel fatto che l'ordinamento ritiene un valore essenziale del sistema democratico che alla minoranza sia assicurata effettività del diritto di iniziativa, e cioè del diritto di discussione in assemblea sull'argomento richiesto. Ove, così non fosse, grave ed evidente sarebbe la contraddizione fra tutela rafforzata del diritto di iniziativa e mancanza di limiti per la maggioranza di metterlo nel nulla con la proposizione di una qualunque questione pregiudiziale.”.
Pertanto è nell'ambito delle descritte coordinate giurisprudenziali che il Presidente del consiglio dovrà conformare il proprio operato.