Art. 39, commi 2 e 5 del TUEL n., 267/2000. Richiesta di parere.

Territorio e autonomie locali
4 Marzo 2015
Categoria 
05.02 Consigli Comunali e Provinciali
Sintesi/Massima 

Art. 39, commi 2 e 5 del TUEL n., 267/2000. La dibattuta questione sulla sindacabilità, da parte del Presidente del Consiglio (o del Sindaco), dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell’assemblea, si è orientata, per giurisprudenza consolidata, nel senso che allo stesso spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non si ritiene che possa sindacarne l’oggetto, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all’ordine del giorno” (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 24 aprile 1996, n. 268).

Testo 

Si fa riferimento alla nota sopra citata con la quale codesta Prefettura in relazione alla richiesta di convocazione del Consiglio comunale di . da parte di un quinto dei consiglieri comunali, ha inoltrato la nota con cui il sindaco, contestando la legittimità di tale richiesta e ponendo appositi quesiti a questo Ministero, ha chiesto di revocare o sospendere i termini della diffida ad adempiere, nelle more del richiesto approfondimento.
Codesta Prefettura, approfondendo la richiesta nei termini sostenuti dal sindaco, facendo presente che l'Ente non è dotato di regolamento sul funzionamento del consiglio, condividerebbe le perplessità dell'Amministrazione comunale che tende a non riconoscere la legittimità della richiesta.
Al riguardo, si premette che il regolamento sul funzionamento del consiglio, proprio per l'ampia serie di istituti da disciplinare e per il superamento della disciplina transitoria di cui all'art. 273, comma 6 del citato decreto legislativo, deve essere adottato in virtù dell'esplicito rinvio operato dall'articolo 38, comma 2 del d. lgs. n. 267/2000, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, in quanto strumento necessario per il corretto funzionamento di tale organo.
Pur nella grave carenza costituita dalla mancata adozione di regolamento, occorre evidenziare che l'art. 43 comma 1 del T.U.E.L. n. 267 del 2000 riconosce, comunque, a ciascun consigliere comunale il 'diritto di iniziativa' su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio oltre al diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'art. 39 comma 2 e di presentare interrogazioni e mozioni.
L'art. 39 comma 2 del T.U.E.L. 267/2000 prescrive che il presidente del consiglio comunale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri o il sindaco, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste.
La norma sembra configurare un obbligo del Presidente del consiglio comunale di procedere alla convocazione dell'organo assembleare, - come si evince dalla previsione del termine di adempimento (20 giorni) - per la trattazione da parte del Consiglio, delle questioni richieste, senza alcun riferimento alla necessaria adozione di determinazioni, da parte del consiglio stesso.
Tuttavia, ciò non significa che le richieste di convocazione possano essere generiche, ed in proposito si richiama quanto affermato dal Giudice Amministrativo (T.A.R. Liguria, Sez I, 11 gennaio 1994, n. 1121), il quale ha affermato che l'ordine del giorno deve essere formulato 'in maniera chiara ed in termini non ambigui, ma senza che ciò implichi l'esibizione di uno schema di provvedimento o l'impossibilità di apportare variazioni o modifiche dipendenti da valutazioni di merito che il Consiglio ha il potere di effettuare'.
La dibattuta questione sulla sindacabilità, da parte del Presidente del Consiglio (o del Sindaco), dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell'assemblea, si è orientata, per giurisprudenza consolidata, nel senso che allo stesso spetti solo la verifica formale della richiesta (prescritto numero di consiglieri), mentre non si ritiene che possa sindacarne l'oggetto, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno' (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 24 aprile 1996, n. 268).
Alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, si deduce che le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono la carenza del prescritto numero di consiglieri oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del Consiglio.
Passando ora dall'esame generale della questione a quello della fattispecie rappresentata, l'attenzione va trasferita alla natura degli argomenti richiesti di inserimento all'ordine del giorno da parte dei consiglieri al fine di verificarne l'eventuale estraneità alle competenze del collegio.
Nello stabilire se una determinata questione sia o meno di competenza del Consiglio comunale occorre aver riguardo non solo agli atti fondamentali espressamente elencati dal comma 2 dell'art. 42 del citato testo unico, ma anche alle funzioni di indirizzo e di controllo politico-ammministrativo di cui al comma 1 del medesimo art. 42, con la possibilità, quindi, che la trattazione da parte del collegio non debba necessariamente sfociare nell'adozione di un provvedimento finale.
Nel caso di specie, ai consiglieri non è stato consentito di porre all'ordine del giorno il punto 2 della richiesta ove si prevede la 'valutazione ed eventuale approvazione progettuale dell'intervento di consolidamento sistemazione del movimento franoso'.. interessante alcune aree comunali, in quanto tra le competenze del consiglio 'non rientrano la valutazione e l'approvazione di progetti già inseriti in Piani Triennali'.
In merito, dal contenuto della nota di chiarimenti del sindaco, si rileva che la procedura in parola era stata avviata con deliberazione di Giunta municipale n. 11 del 18.09.2010 con l'affidamento di un progetto preliminare; gli atti successivi relativi alla complessa procedura, secondo quanto riferito dal Sindaco, hanno interessato anche il Consiglio comunale, che con deliberazione n. 24 del 10.12.2012 ha approvato il programma triennale 2012/2014 delle opere pubbliche, ove era inserito tale intervento.
La citata procedura è culminata, infine, con la determinazione n. 95 del 24.12.2014 (a distanza di oltre quattro anni dall'affidamento della progettazione preliminare) di affidamento dei lavori a mezzo di procedura aperta, con il criterio del massimo ribasso per un importo totale di 300 mila euro.
Ciò posto, considerato che proprio il citato art. 42, comma 2 del d. lgs. n. 267/2000 alla lett. b) affida alla competenza del consiglio comunale, tra l'altro, i 'programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici,. piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie', la condizione della partecipazione del Consiglio comunale alla procedura sembrerebbe soddisfatta.
Tuttavia, considerato che i consiglieri richiedenti, sostenendo che l'importo iniziale programmato per l'attuazione dei lavori non coinciderebbe con l'importo programmato in origine, questa Direzione Centrale ritiene opportuna una riconsiderazione della richiesta dei consiglieri comunali alla luce della deliberazione n. 28 del 09/05/2006 con cui l'Autorità Nazionale Anticorruzione ha puntualizzato che 'la modifica dei parametri economici del progetto deve costituire oggetto di aggiornamento e riapprovazione degli strumenti di programmazione da parte degli organi competenti, nonché di eventuale ripubblicazione nei casi più rilevanti che determinano una variazione 'di carattere sostanziale' della programmazione economica (cfr. determinazione n. 2/2002).
Si segnala, inoltre che il TAR Lombardia, Sezione di Brescia con sentenza 10/03/2005, n. 150 ha puntualizzato che 'che le successive fasi progettuali potranno essere avviate solo dopo l'approvazione del programma e della lista annuale, quale decisione di realizzabilità politico-amministrativa dell'organo competente che, nell'ordinamento degli enti locali, è il Consiglio comunale'.
Riguardo alla necessità di sottoporre ad approvazione i verbali di sedute precedenti si osserva preliminarmente che, pur non sussistendo un obbligo giuridico di procedere alla lettura ed approvazione dei verbali delle sedute consiliari – obbligo che può essere contenuto nel prescritto regolamento sul funzionamento del consiglio comunale - può ritenersi sempre ammissibile procedere ad inserire tale adempimento tra quelli da trattare all'ordine del giorno di una seduta successiva.
Tale orientamento deriva dalla considerazione che la lettura ed approvazione del verbale da parte del collegio deliberante non hanno lo scopo di rinnovare la manifestazione di volontà dell'organo collegiale, a suo tempo validamente espressa, ma solo quello di verificarne e controllarne la rispondenza con la trascrizione e documentazione fattane dal segretario, cioè da un organo estraneo al consiglio nel verbale.
Infatti, la manifestazione di volontà del Consiglio comunale necessita, ab substantiam, di una esternazione costituita dal processo verbale, redatto dal Segretario dell'ente, il quale pone in essere, mediante la verbalizzazione, un'attività strumentale di documentazione dell'atto ( T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 26 settembre 1984, n. 278).
La consuetudine secondo la quale, nonostante la abrogata legislazione (art. 300 del T.U. del 1915), i verbali devono essere letti, approvati e sottoscritti, trova applicazione nei confronti di tutti gli organi collegiali.
Il verbale, in definitiva, non attiene al procedimento deliberativo, che si esaurisce e si perfeziona con la proclamazione del risultato della votazione, ma assolve ad una funzione di mera certificazione dell'attività dell'organo deliberante (T.A.R. Lazio, I, 10 ottobre 1991, n. 1703).
Inoltre, 'l'eventuale omissione di tale adempimento non è impeditiva dell'efficacia ovvero della stessa esistenza della delibera consiliare' che, conseguentemente, dovrebbe poter sempre essere sanabile sottoponendola all'approvazione del Consiglio.
Tuttavia, ad avviso di questa Direzione Centrale, qualora, come nel caso di specie, emergano difficoltà nell'interpretazione dei brogliacci dei verbali, proprio per quella funzione di controllo demandata al consiglio, non sembra potersi negare il diritto dei consiglieri a chiedere la convocazione per la loro approvazione definitiva.
Riguardo alla richiesta di riscontro delle interpellanze, si osserva che anche tale materia dovrebbe essere disciplinata dal regolamento sul funzionamento del consiglio comunale.
In ogni caso, il diritto in parola scaturisce direttamente dall'articolo 43 del d. lgs. n. 267/2000 il quale al comma 1 prevede tra l'altro la possibilità di presentare interrogazioni e mozioni, mentre al comma 3 stabilisce che 'il sindaco o gli assessori delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo (ivi comprese le interpellanze) presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare.