SI ESCLUDE LA SITUAZIONE DI INCOMPATIBILITA' IN QUANTO L'AMMINISTRATORE NON E' PARTE PROCESSUALE NEI GIUDIZI CON IL COMUNE ME LO E' LA SOCIETA' DI CUI LO STESSO E' SOCIO ACCOMANDANTE. (CFR. CONCETTO DI "PARTE".
Class. 15900/TU/00/63 Roma, 27 agosto 2014
OGGETTO: Comune di ....... Incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 4), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Quesito.
Con la nota sopra indicata codesta Prefettura ha chiesto l'avviso di questo Ministero in ordine all'eventuale esistenza della causa d'incompatibilità prevista dall'art. 63, comma 1, n. 4), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nei confronti di un consigliere comunale di ...., socio accomandante in una società di persone, la quale è controparte dell'ente in tre contenziosi innanzi al T.A.R..
Al riguardo, si ritiene di dover confermare le valutazioni svolte relativamente ad un caso analogo con nota n. 15900/TU/63 dell'1 dicembre 2009, in adesione all'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità.
È stato, infatti, precisato che, ai fini che qui rilevano, il concetto di 'parte' del giudizio ha una portata essenzialmente processuale e non è -riferibile (in chiave sostanzialistica) alla diversa figura del soggetto 'interessato all'esito della lite' per le ricadute patrimoniali che possono derivargliene-.
In tal senso, nel caso in esame sembra doversi escludere la situazione d'incompatibilità di cui al menzionato art. 63, comma 1, n. 4), in quanto l'amministratore locale non è parte processuale nei giudizi con il comune, ma lo è la società di cui lo stesso è socio accomandante (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 19 maggio 2001, n. 6880; Id., sentenza 29 maggio 1972, n. 1685).
Tale interpretazione, finalizzata a salvaguardare il più generale principio di stretta applicazione e tassatività delle cause ostative all'assunzione ed all'espletamento del mandato elettivo, trova conferma nella richiamata sentenza n. 240 del 2 luglio 2008, con la quale il Giudice delle leggi ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma de qua, nella parte in cui -non estende il suo effetto alle persone titolari della rappresentanza organica di soggetti che si trovino nella stessa situazione di lite pendente già prevista dalla norma stessa-.
Invero, una pronuncia di accoglimento avrebbe dato luogo ad un intervento additivo della Corte costituzionale, in contrasto con la tendenza normativa diretta a circoscrivere progressivamente l'ambito di applicazione della fattispecie d'incompatibilità per lite pendente, nonché con il principio in virtù del quale spetta alla ragionevole discrezionalità del legislatore individuare il rimedio più appropriato alle diverse ipotesi di conflitto d'interessi, in relazione alla gravità di ciascuna. Ne discende che il rimedio in parola -può essere di volta in volta rappresentato non solo dalla ineleggibilità o dalla incompatibilità, ma anche dall'obbligo di astenersi o di dichiarare la situazione di conflitto-.
In relazione a quanto precede, si concorda con codesta Prefettura nel ritenere che, nell'ipotesi di che trattasi, non sia ravvisabile la prospettata condizione d'incompatibilità.