IL REGIME APPLICABILE ALLE SOCIETA' IN ACCOMANDITA SEMPLICE (SAS) INDUCE A RITENERE LA PROSPETTATA IPOTESI DI INCOMPATIBILITA' PREVISTA DALL'ART 63, COMMA 1, N6 SEMPRE CHE L'INTERESSATO ABBIA RICEVUTO INVANO NOTIFICAZIONE DELL'AVVISO
Class. 15900/TU/00/63 Roma, 27 agosto 2014
OGGETTO: Comune di .... Incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 6), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Quesito.
Con la nota sopra indicata codesta Prefettura ha trasmesso il quesito formulato dall'Amministrazione comunale di ..... in ordine all'eventuale esistenza della causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 6), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con riferimento ad un consigliere comunale, che riveste la qualità di socio accomandante in una società in accomandita semplice, debitrice nei confronti dell'ente per mancato pagamento di tributi comunali.
Al riguardo, si ritiene di dover confermare le considerazioni svolte da questo Ministero nel richiamato parere del 23 giugno 2009 relativamente al regime patrimoniale previsto per le società di persone.
In particolare, nel caso di specie, rileva il disposto dell'art. 2313, comma 1, del codice civile, a norma del quale -Nella società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita-.
La giurisprudenza ha chiarito che -Il principio posto dalla disposizione giuscivilistica citata vale, e non può non valere, anche per le obbligazioni di natura tributaria- (cfr. Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenza 8 maggio 2003, n. 7016).
Pertanto, sia pure limitatamente alla quota di partecipazione al capitale sociale, l'amministratore locale in questione potrebbe risultare portatore di interessi confliggenti con quelli del comune o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l'imparzialità, dando luogo alla situazione di incompatibilità stigmatizzata dalla norma (cfr. Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n. 44; Id., sentenza 24 giugno 2003, n. 220).
Ciò tanto più se si considera che, ai sensi dell'art. 2320 del codice civile, i soci accomandanti sono comunque chiamati a rispondere oltre il valore della quota sociale di cui sono titolari, ove si siano ingeriti, in maniera non occasionale, nell'attività di gestione (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 6 dicembre 1984, n. 6429; Id., Sezione I, sentenza 28 aprile 1999, n. 4270; Id., Sezione Tributaria, sentenza 26 giugno 2009, n. 15361).
Il delineato regime applicabile alle società in accomandita semplice induce a ritenere che la situazione prospettata rientri nell'ipotesi di incompatibilità prevista dal citato art. 63, comma 1, n. 6), sempre che l'interessato abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso ivi menzionato, a proposito del quale, occorre altresì tenere presente che, in base all'art. 38, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, -i rinvii contenuti in norme vigenti alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, abrogate dal presente decreto, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto-.
Si precisa, comunque, che la valutazione della eventuale sussistenza della causa ostativa all'espletamento del mandato elettivo è rimessa al consiglio comunale.
Infatti, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all'espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall'art. 69 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest'ultimo l'esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa d'incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).