IL TENTATIVO DI CONCUSSIONE IN QUANTO REATO AUTONOMO,NON PUO' ESSERE ASSIMILATO AL CORRISPOENDENTE DELITTO CONSUMATO - RILEVA SOLO AI FINI DELLA DECADENZA NON GIA' ALLA SOSPENSIONE DALLA CARICA ELETTIVA. L'INTERDIZIONE TEMPORANEA O DEFINITIVA DAI PUBBLICI UFFICI, MNON E' IMMEDIATAMENTE ESECUTIVA MA SEGUE LE VICENDE DELLA SENTENZA CHE COMMINA LA PENA PRINCIPALE, SE CI FOSSE APPELLO, L'INTERDIZIONE NON OPERA.
Classifica 15900/TU/00/58-59 mod. Roma, 3 aprile 2013
OGGETTO: Condanna del sindaco per tentato abuso d'ufficio. Art. 11, comma 1, del d. lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (che sostituisce l'abrogato art. 59 T.U.O.E.L.)
Si fa riferimento alla questione relativa all'applicabilità della sospensione di diritto prevista dall'art. 11, comma 1, del d. lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (che sostituisce l'abrogato art. 59 T.U.O.E.L.). Al riguardo si condividono le osservazioni di codesta Prefettura, che concludono per l'esclusione della sospensione dalla carica del sindaco, sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 1990 del 2003).
Nella citata sentenza la Suprema Corte ha escluso l'applicabilità dell'art. 59 T.U.O.E.L. a seguito della condanna di primo grado pronunciata nei confronti di un amministratore locale per il reato di tentata concussione precisando che il tentativo di concussione, in quanto reato autonomo, non può essere assimilato al corrispondente delitto consumato, sola causa di sospensione dell'eletto prevista dal citato art. 59. Il giudice di legittimità ha specificato in particolare che la predetta sospensione automatica dalle cariche elettive, in ragione della commissione di delitti da parte di pubblici ufficiali, non può essere disposta dall'autorità competente quando l'eletto sia risultato autore di un delitto tentato (nella specie, tentata concussione), atteso che, alla luce del quadro normativo allora vigente che ha svincolato l'istituto della sospensione dalla carica elettiva dalle ipotesi delittuose residuali stabilite dall'art. 58, comma 1, lett. c), del T.U.O.E.L., tale tipo di illecito penale rileva solo ai fini della "decadenza" dell'eletto e non già anche in relazione alla sua sospensione cautelare dalla carica elettiva.
Considerato che il testo unico di cui al d. lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, che pure ha ampliato la casistica delle ipotesi d'incandidabilità rispetto a quanto previsto dagli artt. 58 e 59 del T.U.O.E.L., sullo specifico profilo non ha innovato rispetto alle normativa preesistente, si ritiene che i principi elaborati dalla citata giurisprudenza trovino tuttora applicazione.
Non può non segnalarsi che, quando il legislatore ha voluto prevedere delle differenze nel regime delle incandidabilità, le ha espressamente introdotte, sia per gli amministratori degli enti locali (cfr. art. 10, comma 1, lettera b), sia per le altre cariche ivi contemplate, a seconda dei livelli di rappresentatività - per i deputati ed i senatori (art. 1), per i membri del Parlamento europeo (art. 4), per coloro che ricoprono incarichi di Governo (art. 6), e per coloro che ricoprono cariche elettive regionali (art. 7).
Anche in sede di documentazione della Camera dei Deputati – XVI Legislatura, per l'esame dello schema del decreto legislativo in questione (Atti del Governo n. 465 del 18.12.2012), si registra 'che nei delitti contro la PA non è stata riprodotta la specificazione sui delitti consumati o tentati, presente invece nella formulazione che si applica alle cariche regionali' (pag. 51).
Si segnala, per completezza, che l'interdizione (temporanea o definitiva) dai pubblici uffici non è immediatamente esecutiva, ma segue le stesse vicende della sentenza che commina la pena principale: per cui, dal momento che nel caso in esame risulta vi sia stato appello, l'interdizione non opera.
Quando opera, comporta la decadenza dalla carica elettiva per il venir meno del requisito soggettivo del diritto di elettorato attivo e passivo.