CAUSA INCOMPATIBILITA' PER LITE PENDENTE EX ART. 63, COMMA 1, N. 4 TUOEL.

Territorio e autonomie locali
8 Aprile 2011
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

LA RINUNCIA AL RICORSO NEL RICORSO AMM.VO, NON NECESSITA DELL'ACCETTAZIONE DELLA CONTROPARTE, MA NON PUO' ESSERE SOTTOPOSTA A CONDIZIONI E UNA VOLTA ESPRESSA E PORTATA A CONOSCENZA DELLE CONTROPARTI NELLE FORME DI RITO, NON PUO' ESSERE REVOCATA.

Testo 

Class.15900/TU/00/63 Roma, 8 aprile 2011

Oggetto: Comune di ...................Richiesta parere in ordine alla causa di incompatibilità per lite pendente ex art. 63, comma 1, n. 4 del T.U.O.E.L.

Si fa riferimento alla richiesta di parere formulata dal comune di ............., circa la sussistenza della causa di incompatibilità per litispendenza nei confronti di sei consiglieri comunali, che hanno presentato ricorso al TAR del Veneto avverso una delibera di variazione del P.R.G., delibera successivamente revocata per motivi di opportunità.
È stato inoltre rappresentato che, a seguito della revoca, il Comune ha presentato controricorso avverso gli stessi consiglieri, con richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e all'immagine derivati dalla vicenda.
Gli originari ricorrenti, a loro volta, eccepiscono l'inammissibilità del controricorso per vizi di forma, lamentando che lo stesso sarebbe stato presentato 'per creare una situazione di litispendenza, sfuggente alla disponibilità dei ricorrenti, volta a poter loro contestare la sussistenza di una incompatibilità ai sensi dell'art. 63, comma 1, punto 4 del T.U.EE.LL.'.
Con delibera del 7 febbraio u.s. il consiglio comunale ha contestato ai sei consiglieri interessati l'incompatibilità per litispendenza tanto per la proposizione del ricorso al TAR, quanto per il sopraggiunto controricorso avanzato dal comune.
Si osserva preliminarmente che, mentre il primo ricorso è nella disponibilità dei consiglieri ricorrenti, che potrebbero allo stesso rinunciare, così non è per il controricorso proposto dal comune, che ha avviato un procedimento di cui il comune può disporre, ma non anche i consiglieri citati.
È stato infatti affermato (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 12014 del 26.11.1998) che la pendenza della lite va ravvisata tanto nell'ipotesi in cui l'eletto assume la veste di attore, quanto in quella in cui sia l'ente locale a promuovere la lite. Da ciò consegue che la rimozione della suddetta causa d'incompatibilità può avvenire, nel primo caso, per opera dell' 'eletto', mentre nel secondo caso comporta l'iniziativa dell'ente che potrà, eventualmente, essere provocata dall'eletto attraverso gli stessi mezzi che sono a disposizione di qualsiasi convenuto (ad esempio mediante transazione) e si esprimerà attraverso i tipici atti estintivi del giudizio o dell'azione.
Secondo l'attuale orientamento giurisprudenziale è stato ritenuto che ad integrare gli estremi della causa di incompatibilità di cui al comma 1, n. 4) del citato articolo 63 del decreto legislativo 267/2000, ' non basta la pura e semplice constatazione dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l'eletto o l'ente, ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto: solo in tal caso sussiste l'esigenza di evitare che il conflitto di interessi nella lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrativo, o comunque possa ingenerare all'esterno sospetti al riguardo.' (cfr. Cass. Civ., sez. I, 28 luglio 2001, n. 10335).
È stato inoltre affermato (cfr. Cass., Sez. I, 19 maggio 2001, n. 6880) che 'l'accertamento ulteriore che questa giurisprudenza prescrive non è, ben vero, finalizzato alla ricerca di un conflitto sostanziale, che prescinda dalla esistenza di un processo, bensì alla verifica di segno opposto (pur sempre, comunque, ispirata da un favore verso l'eletto), della corrispondenza della situazione di formale pendenza della lite ad un contenzioso 'effettivo', attraverso la 'valutazione di quegli elementi', di 'palmare evidenza', che potrebbero evidenziare che la vertenza si è sostanzialmente esaurita (per intervenuta transazione, rinunzia.) ovvero che è assolutamente pretestuosa (per essere stato investito, ad esempio, un giudice privo di giurisdizione nel caso in esame (cfr. n. 4533, n. 4724/1999; n. 9789/2000)'.
Quanto alle disposizioni di cui all'art. 63, comma 3, del T.U.O.E.L., si richiama l'orientamento della Cassazione (cfr. Cass. Civ., Sez., I, 16 agosto 2005, n. 16956), secondo cui tale ipotesi costituisce una deroga '.della quale è evidente la 'ratio', consistente nell'intento di escludere fra le cause di incompatibilità quelle controversie insorte per il perseguimento degli interessi generali e non già per fini personali dell'amministratore'. '.In sintonia con la sua 'ratio' la norma infatti va letta tenendo presente che la deroga, volta a salvaguardare il libero esercizio delle funzioni dal timore di incorrere in situazioni di incompatibilità, magari artatamente predisposte nell'ambito della lotta politica, deve ritenersi sussistere tutte le volte che l'amministratore abbia agito nell'interesse pubblico.'.
Per completezza si segnala anche che la rinuncia al ricorso, nel processo amministrativo, non necessita dell'accettazione della controparte (Cons. Stato, Sez. V, 27.01.2006, n. 250), ma non può essere sottoposta a condizioni (Cons. Stato, Sez. VI, 19.12.1986, n. 914) e, una volta espressa e portata a conoscenza delle controparti nelle forme di rito, depositata nella segreteria del giudice, non può essere revocata (Cons. Stato, Sez. VI, 23.09.2002, n. 4805).
Ciò premesso, in conformità al principio generale che ogni organo collegiale deliberi sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all'espletamento del mandato è compiuta con la procedura consiliare prevista dall'art. 69 del D. Lgs. n. 267/00, che garantisce il contraddittorio tra organo e amministratore, assicurando a quest'ultimo l'esercizio del diritto di difesa e salva la possibilità di contestare per vie giudiziali la causa di incompatibilità riscontrata.