Oggetto: Comune di ….cambio denominazione gruppi consiliari.

Territorio e autonomie locali
13 Ottobre 2009
Categoria 
05.02.03 Commissioni e gruppi consiliari
Sintesi/Massima 

Cambio denominazione Gruppo consiliare. Occorre una valutazione politica del partito di appartenenza dei consiglieri al fine di verificare se, nel concreto, il cambio di denominazione denoti un mutamento nella scelta dello schieramento (cfr. TAR Lazio, sez. Latina, n. 649/2004) e se sia di per sé sufficiente a denotare la manifestazione di un mutamento della volontà politica dei propri componenti.

Testo 

E' stato posto un quesito in merito ad una vicenda che ha interessato i gruppi consiliari del comune in oggetto, con riflessi sulla rappresentanza dell'ente in seno ad un'unione di comuni.
Dalla documentazione pervenuta emerge che a seguito dell'intervenuto cambio di denominazione del gruppo consiliare di minoranza di Forza Italia che ha assunto il nome di Popolo delle Libertà, è stata posta, da parte di un consigliere di minoranza appartenente a un diverso gruppo, la contestazione che a ciò sia corrisposto in realtà un mutamento di linea politica favorevole alla maggioranza.
In ragione di ciò detto consigliere, ritenendo che siano 'passati nella maggioranza', chiede la sostituzione dei due consiglieri che formano il gruppo, ora denominato Popolo delle Libertà, in seno al consiglio dell'Unione e nelle commissioni consiliari.
La questione ha natura essenzialmente politica, trattandosi di stabilire se si sia verificato un mutamento delle ideologie e delle posizioni di singoli amministratori eletti.
In particolare giova segnalare la recente sentenza del TAR Lazio n. 767/2009 che, intervenuta in materia di nomina di rappresentanti nel consiglio di un'unione, nella motivazione si è anche espressa sull'individuazione delle compagini politiche in seno all'organo consiliare.
Spiega il Collegio come nel quadro della normale idoneità del meccanismo del 'voto limitato' ad assicurare l'adeguata rappresentanza delle minoranze, '. affinché l'elezione (dei rappresentanti di un comune in seno all'unione) sia valida è necessario e sufficiente che gli eletti non appartengano tutti alla maggioranza, cioè che almeno uno di loro appartenga alla minoranza'. A giudizio del Collegio, e ciò rileva in particolare per il caso in esame, l'elezione nella lista della minoranza è sufficiente per considerare un consigliere di minoranza '.dovendosi in radice escludere che il giudice amministrativo possa sindacare le modalità con cui sta esercitando il suo mandato elettorale (che sono libere e delle quali egli risponde 'politicamente' solo nei confronti dei cittadini elettori).
Quindi nell'ambito del collegamento tra partiti e gruppi si pone la piena libertà politica di cui godono gli eletti; in effetti all'elemento 'statico' dell'elezione in una lista si sovrappone quello 'dinamico', fondato sull'autonomia politica dei consiglieri, tanto che sono ritenuti ammissibili anche eventuali mutamenti all'interno delle forze politiche che comportano altrettanti cambiamenti nei gruppi consiliari.
Tornando all'individuazione delle compagini politiche, che essa debba essere ancorata alle elezioni svolte risulta anche dall'indirizzo giurisprudenziale per il quale la nozione di minoranza 'nel sistema elettivo maggioritario delineato dall'art. 71 del tuel, va definita con esclusivo riferimento alle liste collegate ad un candidato sindaco non eletto e che, quindi, nel confronto elettorale sono risultate sconfitte' (cfr. C. di S., V sez., n. 4600/2003).
A giudizio dello stesso Collegio infatti 'tale parametro di giudizio, che offre un criterio definitorio sicuro ed ancorato al dato sistematico del carattere maggioritario del regime elettorale di riferimento, risulta senz'altro preferibile a quello che ammette una qualificazione della 'minoranza' con riguardo ad eventi politici successivi alle elezioni e che, in mancanza di paradigmi valutativi certi ed univoci, si rivela inammissibilmente esposto ad interpretazioni arbitrarie circa la nozione di minoranza e quindi di opposizione alla Giunta'.
Peraltro, l'appartenenza all'uno o all'altro schieramento 'è indagine di fatto, la cui conclusione è da assumere con le cautele del caso, dovendo un mutamento ritenersi avvenuto solo allorquando sussistano univoci indizi in tal senso' (cfr. TAR Lazio, sez. Latina, n. 649/2004). L'appartenenza alla maggioranza o alla minoranza consiliare dunque, secondo tale orientamento, è '. di per sé soggetta alla mutevolezza delle opinioni dei singoli consiglieri; né si rinviene norma o principio su una possibile cristallizzazione dell'appartenenza alla maggioranza o alla minoranza in relazione, ad esempio, ad apposita dichiarazione'. E ancora si legge nella stessa pronunzia che '.non può conferirsi la qualità di minoranza se non a quei rappresentanti che si trovino in concreto nel corrispondente schieramento'.
Coerentemente ai su esposti principi si deduce che occorre una valutazione politica del partito di appartenenza dei consiglieri, anche alla luce delle norme che ne regolano l'attività, al fine di '. verificare se, nel concreto, quanto avvenuto denoti un mutamento nella scelta dello schieramento' (sent. n. 649 citata) e quindi se il cambio di denominazione del gruppo consiliare sia di per sé sufficiente a denotare la manifestazione di un mutamento della volontà politica dei propri componenti.
Tale verifica potrà tenere conto delle dichiarazioni di volontà politica che hanno accompagnato il mutamento di denominazione del gruppo, formalizzate in autonomi documenti o rese nel corso di sedute consiliari; dichiarazioni che consentono di stabilire l'aggregazione all'uno o all'altro schieramento, tenuto conto che non è configurabile un obbligo giuridico che vincoli l'eletto al proprio partito e che risulta ammesso dalla giurisprudenza citata il transito del consigliere ad altra coalizione.
Al proposito, va evidenziato che i consiglieri componenti del gruppo in questione, nella corrispondenza in atti rilevano che la scelta di un nuovo nome per il gruppo è basata sull'adeguamento alle sorti del proprio movimento politico che nel marzo scorso - a seguito del Congresso fondativo del Popolo della Libertà - si è fuso con altri partiti e gruppi politici.
Tanto si rileva sulla questione, concludendo che i cambi di denominazione del gruppo sono in genere da ritenersi ammissibili, fatta salva ogni altra valutazione politica sulla questione.