Quesito – garanzia della rappresentanza delle minoranze all’interno delle Unioni di Comuni.

Territorio e autonomie locali
7 Agosto 2008
Categoria 
07.01 Unione dei Comuni
Sintesi/Massima 

Quesito posto dall’ente interessato al fine di conoscere se sia ipotizzabile una unione di comuni di vaste dimensioni per sostenere ed incentivare forme di sviluppo del territorio, e se, in caso di affermativo, il principio della garanzia delle minoranze – TUEL 267/2000 – sia comunque applicabile, e come si concilia con i limiti posti dall’art. 37 dello stesso TU sulle composizioni dei consigli.
Relativamente al primo punto prospettato considerato che l’art. 32 del TUEL 267/2000, definisce le unioni dei comuni come “enti locali costituiti da due e più comuni, di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza” e che, pertanto, non c’è più alcun limite territoriale, in termini di popolazione, per i comuni che intendono associarsi, non sembra possano ravvisarsi ostacoli alla costituzione di una unione in tal senso semprechè essa sia destinataria della “plurifunzionalità” e risponda alle disposizioni introdotte dalla legge 244/07 (finanziaria 2008).
Per ciò che riguarda invece l’applicazione pratica del principio della garanzia delle minoranze, si desume, dalla lettura combinata dell’art. 32 comma 5 del TUEL 2000 e dal comma 3 dello stesso articolo - che impone la garanzia della rappresentanza delle minoranze - che va comunque salvaguardato il diritto di rappresentanza delle minoranze.

Testo 

Codesto comune ha rivolto alla scrivente un quesito, inteso a conoscere se, posta l'intenzione di promuovere il Piano Strategico Metropoli Terra di xxxxx, che vede coinvolti ben 31 comuni, al fine di sostenere e incentivare forme di sviluppo del territorio, sia ipotizzabile, quale forma associativa degli enti aderenti, l'Unione dei Comuni, attesa la consistenza dei comuni partecipanti.
Chiede ancora di sapere, in caso affermativo, se il principio della garanzia della minoranza, affermato dal T.U.E.L. 267/2000, è comunque applicabile e , nel caso, come si concilierebbe con i limiti numerici posti dall'art.37 dello stesso T.U., sulla composizione dei consigli.
In relazione al primo dei punti prospettati, si ritiene opportuno premettere, in sintesi, alcune osservazioni sulla natura ed il ruolo delle Unioni.
La figura dell'Unione dei Comuni che, com' è noto, trova per la prima volta disciplina nel nostro ordinamento con la legge 142/90, subisce con la L.265/99 e con il raccordo normativo operato dal D.Lg.vo 267/2000 profonda innovazione volta a trasformare il predetto istituto da mera forma transitoria e di passaggio, a sede istituzionale permanente di secondo livello a cui affidare la gestione associata di funzioni comunali.
La legge infatti – art.32 T.U.E.L. 267/2000 – definisce le Unioni di Comuni come 'enti locali costituiti da due e più Comuni, di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza'.
Tra le caratterizzazioni che appaiono evidenti dalla nuova definizione legislativa dell'istituto, oltre alla eliminazione dei riferimenti a futuri obblighi di fusione e alla mancata previsione di alcuna durata massima, c'è il fatto che non vi è più alcun limite territoriale per i comuni che intendono associarsi ma, soprattutto scompare ogni riferimento a limiti di tipo demografico, mentre in precedenza, tra i comuni aderenti solo uno poteva contare una popolazione tra i 5.000 e 100.000 abitanti, mentre tutti gli altri dovevano avere consistenza inferiore a 5.000 unità.
Pertanto, alla luce del quadro normativo rappresentato, non sembra possano ravvisarsi ostacoli alla costituzione di una Unione di comuni caratterizzata dalla vastità delle dimensioni territoriali e composizione di enti aderenti, semprechè essa sia destinataria della 'plurifunzionalità', ossia la gestione associata di una pluralità di funzioni. Nel caso specifico, dunque, potranno essere individuate precipuamente funzioni connesse alla gestione e sviluppo del territorio, fermo restando che dovrà tenersi conto delle disposizioni introdotte dalla legge 244/07 (finanziaria 2008) che limitano l'adesione delle amministrazioni comunali alle forme associative per la gestione dei servizi.
Infatti il comma 28 dell'art.2 della suddetta legge prevede testualmente che ' .ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l'adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti.', sancendo in caso di inosservanza la nullità degli atti adottati dalle associazioni costituitesi in divieto.
Per quanto concerne, invece, l'applicazione pratica del principio della garanzia della minoranza, si rileva che l'art.32, comma 5, del T.U.E.L. prevede che nelle Unioni dei Comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni ed, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi. La norma dispone, altresì, che 'il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'Ente'. Quest'ultima norma va peraltro coordinata con la disposizione di cui al comma 3 dello stesso articolo, che impone la garanzia della rappresentanza della minoranza.
Al riguardo, essendo il diritto della rappresentanza delle minoranze sancito legislativamente, si ritiene che esso vada comunque salvaguardato, tant'è che la scrivente aveva fornito indicazioni in tal senso con circolare n.10/2000 dell'8.11.2000 elaborata con riferimento alle comunità montane, ma applicabile anche alle unioni (attesa la parziale identità di disciplina prevista per entrambe), con la quale veniva chiarito che il limite numerico massimo stabilito per l'organo assembleare può essere superato in eccesso negli stretti limiti in cui ciò si rendesse necessario per assicurare la partecipazione delle minoranze consiliari in seno all'assemblea comunitaria.
Tale indirizzo ermeneutico è stato ritenuto pienamente condivisibile anche dal Consiglio di Stato il quale, con il parere n.1506/03, reso dalla Sez.I il 29.1.2003, ha confermato l'interpretazione tesa ad attribuire, in ultima analisi, una valenza prevalente al principio della garanzia della rappresentanza delle minoranze, con la conseguenza di reputare non applicabile al Consiglio il limite quantitativo fissato dall'art.37 del T.U.E.L. nei soli casi in cui, per l'entità demografica dell'ente, verrebbe ad essere pregiudicata l'attuazione di tale principio.