Articolo 63 comma 1 n. 4 D.Lgs.267/2000: ipotesi di incompatibilità di un consigliere comunale con il comune in cui è stato eletto per lite pendente.

Territorio e autonomie locali
19 Febbraio 2007
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

L’art. 63 comma 1 n.4 D.Lgs. 267/2000 stabilisce che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale, circoscrizionale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente con il comune o con la provincia.
La Corte di Cassazione ha, peraltro, precisato che non è sufficiente la constatazione dell’esistenza di un procedimento civile o amministrativo in cui sono coinvolti l’eletto o l’ente, essendo necessario “che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto…”(Cass. Civ., sez.I 10335/2001).
Nel caso di specie, considerato che il giudizio tra il consigliere comunale e l’ente risulta definito con sentenza della Corte d’Appello, non sembra ravvisabile la possibilità di sollevare l’eccezione di incompatibilità, salvo che l’amministratore non intenda costituirsi innanzi alla Corte di Cassazione, nel qual caso rivivrebbe la predetta ipotesi di incompatibilità per lite pendente.

Testo 

E' stato richiesto il parere di questo Ministero in merito alla sussistenza dell'ipotesi di incompatibilità per lite pendente in capo ad un consigliere comunale che è risultato eletto a seguito delle consultazioni elettorali del maggio 2005. L'amministratore si era costituito in giudizio contro lo stesso ente sin dall'aprile 2004, acquisendo all'esito del processo di appello la posizione di creditore nei confronti del comune in parola.
In proposito si rileva che l'art. 63, comma 1, n. 4, del decreto legislativo n. 267/2000 dispone che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale, circoscrizionale colui che ha lite pendente in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o con la provincia.
La Corte di Cassazione, al riguardo - come, peraltro, evidenziato dallo stesso Segretario Generale del comune stesso – ha ritenuto che ad integrare gli estremi della causa di incompatibilità di cui al comma n. 4 del citato articolo 63, 'non basta la pura e semplice constatazione dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l'eletto o l'ente, ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto: solo in tal caso sussiste l'esigenza di evitare che il conflitto di interessi determinativo nella lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare all'esterno sospetti al riguardo...' (Cass. Civ., sez. I, 28.07.2001, n. 10335).
La finalità della norma è, infatti, quella di garantire che l'esercizio del mandato elettorale sia corretto e non impedito da pericolose interferenze di finalità individuali con esigenze di pubblico interesse.
Nel caso di specie rileva che il predetto giudizio sull'amministratore in parola pendeva gia all'epoca delle elezioni amministrative del 2005 ed avrebbe dovuto, perciò, essere segnalato immediatamente dopo le consultazioni elettorali, all'atto della disamina della sussistenza di eventuali cause di ineleggibilità ed incompatibilità in capo ai nuovi eletti.
Sarebbe, peraltro, opportuno verificare se l'amministratore stesso, all'atto dell'accettazione della candidatura, avesse o meno presentato un'autocertificazione sull'inesistenza di cause di incompatibilità previste dalla normativa vigente.
Atteso, peraltro, che il giudizio si è definito con sentenza della Corte di Appello, non sembra, al momento, configurabile l'ipotesi di sollevare l'eccezione di incompatibilità, salvo che lo stesso amministratore non intenda costituirsi innanzi alla Corte di Cassazione, cosa che farebbe rivivere la predetta ipotesi di incompatibilità per lite pendente.
Quanto sopra, anche alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale la pendenza del termine per la proposizione del ricorso, per il successivo grado di giudizio, non concretizza la sussistenza di lite pendente (cfr. Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 10335/2001).
Al riguardo, infine, occorre rilevare che, pur in pendenza del termine per la proposizione del ricorso, l'amministratore stesso ha comunicato all'ente l'intenzione di rinunciare alla prosecuzione del giudizio, mediante apposita formale istanza inviata al proprio difensore di fiducia. Tale rinuncia, se tuttora valida e non revocata, comporterebbe, alla luce di quanto evidenziato in premessa, l'insussistenza dell'incompatibilità.