Sospensione e decadenza- Sentenza del tribunale di emessa nei confronti del consigliere comunale per reati commessi quando ricopriva la carica di sindaco.

Territorio e autonomie locali
16 Novembre 2005
Categoria 
12.01.02 Sospensione e decadenza
Sintesi/Massima 

Sospensione e decadenza
- Sentenza del tribunale di emessa nei confronti del consigliere comunale per reati commessi quando ricopriva la carica di sindaco.

Testo 

Si fa riferimento ad una nota, con la quale è stata trasmessa la sentenza del tribunale di ., che ha condannato il sig. ., attualmente consigliere comunale di., alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di cui all'art. 476 c.p., commesso quando rivestiva la carica di sindaco presso il medesimo comune,si formulano le seguenti osservazioni.
L'art. 58, comma 1, lett. c) del T.U.E.L. prevede che non possono essere candidati alle elezioni comunali e non possono ricoprire la carica di sindaco coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio diversi dai reati indicati nella lettera b) dello stesso articolo.
La Corte di Cassazione , con giurisprudenza costante, fa rientrare nella norma 'di chiusura' di cui all'art. 58 sopracitato il reato previsto dall'art. 476 c.p. 'nella cui materialità è già compresa la violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale – ragione, questa, per la quale ai reati stessi non risulta applicabile l'aggravante prevista dall'art. 61, n. 9, c.p..'.
Le sentenze emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p., sono equiparate a condanna, come specificato al comma 2 dell'art. 58 del Testo Unico.
Ai fini dell'insussistenza della causa di incandidabilità in questione, è irrilevante, inoltre, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, visto che il quinto comma dell'art. 58 citato esclude l'applicazione delle cause ostative alla candidatura solo nei confronti di coloro cui è stata concessa la riabilitazione ai sensi dell'art. 179 del codice penale. Il riferimento ad uno specifico istituto penalistico, preclude infatti l'estensione alla cessazione della causa ostativa alla candidatura in via di interpretazione ad altri istituti, quali la sospensione condizionale della pena, dei quali il legislatore non ha tenuto conto (cfr. Cass. Sez. I, sent. n.2896/2004).
Ciò premesso, nel momento in cui, nella fattispecie in esame, la sentenza diviene definitiva, si determina, pertanto, per il consigliere condannato, la causa ostativa alla permanenza in carica prevista dall'art. 58, comma 1, lett. c), cui consegue automaticamente la decadenza ai sensi dell'art. 59, comma 6, del decreto legislativo n. 267/2000.
Si resta in attesa di cortesi notizie al riguardo.