Uso e riproduzione dello stemma comunale; Autorizzazione di riprese audio video di sedute del consiglio comunale

Territorio e autonomie locali
14 Novembre 2005
Categoria 
05.02 Consigli Comunali e Provinciali
Sintesi/Massima 

Uso e riproduzione dello stemma comunale; Autorizzazione di riprese audio video di sedute del consiglio comunale

Testo 

Si fa riferimento ad una nota con la quale è stato chiesto il parere di questa Direzione Centrale in merito ad alcuni quesiti, avanzati ad una Prefettura dal segretario comunale di alcuni comuni.
Quanto alla prima questione proposta si osserva quanto segue.
Lo stemma del Comune e della Provincia, la cui disciplina era contenuta nel R.D. 7 giugno 1943 n. 652, e nel regolamento approvato con R.D. n. 652/43, forma oggetto di proprietà da parte dell'ente, che quindi può esercitare facoltà e poteri propri di questo diritto: anzitutto la tutela contro atti appropriativi, quali quelli di usurpazione, totale o parziale del titolo; ma anche contro un suo uso improprio o comunque non consentito. E' improprio un uso inammissibile per la dignità dell'ente; più complessa è la questione dell'uso non consentito che deve essere esaminata tenendo presente la natura dell'ente titolare, che in questo caso è un ente pubblico rappresentativo di una comunità di cittadini.
La tutela dello stemma come elemento grafico rappresentativo della identità dell'ente è riconducibile nell'ambito della tutela del diritto al nome prevista dall'art. 7 del codice civile. Tale tutela copre il diritto all'uso e assicura la cessazione del pregiudizio derivante dall'uso che altri indebitamente ne faccia, prevedendo anche il risarcimento dei danni.
Ciò posto, il quesito in esame va esaminato alla luce dell'ordinamento degli enti locali. Occorre a tal fine richiamare l'art. 6, comma 2 del T.U.O.E.L. n. 267/2000 che demanda allo statuto, quindi all'autonomia dell'ente locale, la determinazione dello stemma, che forma oggetto di identificazione statutaria. Risulta evidente che, in linea generale, la disciplina dell'uso di tale elemento distintivo deve trovare adeguata soluzione in quell'autonomia normativa e organizzativa, significando che le modalità di utilizzazione dello stemma comunale debbono formare oggetto di specifica disciplina regolamentare dell'ente.
Rispetto al caso di specie si ritiene pertanto che legittimamente una norma statutaria possa regolamentare tale utilizzo nel senso di rimetterne la valutazione, caso per caso, al preventivo vaglio della Giunta.
Si soggiunge che l'uso dello stemma, in particolare da parte di un gruppo consiliare, non sia incompatibile con norme o principi di carattere ordinamentale, ove si consideri che il gruppo, seppure di minoranza, configura comunque una componente istituzionale dell'ente locale, del quale lo stemma rappresenta l'emblema identificativo.
Premesso che lo statuto costituisce la sede naturale per disciplinare la materia , ove lo stesso nulla disponga, è opportuno che l'uso e la riproduzione dei segni identificativi dell'amministrazione comunale avvengano con la cautela necessaria ad assicurare che non vi sia strumentalizzazione del simbolo o ambiguità in ordine alla provenienza di documenti ed ancor più che siano circoscritti all'esercizio del munus istituzionale di cui il singolo o il gruppo sono investiti (ad esempio nell'utilizzo della carta intestata occorre la contemporanea presenza dello stemma del gruppo e la specifica indicazione 'gruppo consiliare' per fugare tale rischio).
In merito al secondo quesito, concernente l'ordinanza con la quali il Sindaco di un Comune, ha disposto il diniego di procedere alle riprese audiovisive delle sedute del consiglio comunale, si ritiene, nei limiti delle considerazioni che seguono, di poter affermare la legittimità dell'esclusione delle riprese audiovisive di tali sedute, segnalando tuttavia l'opportunità che la materia costituisca, in futuro, oggetto di apposita disciplina regolamentare.
A tal fine si fa presente che l'art. 38, comma 7 del T.U.O.E.L. n. 267/2000 prevede che ' le sedute del consiglio comunale sono pubbliche, salvo i casi previsti dal regolamento '. Considerato che il consiglio, nell'ambito della propria autonomia funzionale e organizzativa contemplata dall' art. 38, comma 3, ha potestà di regolare ogni aspetto relativo al funzionamento dell'assemblea, è opportuna la presenza di norme interne che regolino, nell'ambito della disciplina dello svolgimento delle adunanze, anche quello della registrazione del dibattito e delle votazioni con mezzi audiovisivi; ciò sia per gli uffici di supporto alla verbalizzazione (art. 97, co. 4 lett. a del citato T.U. ), sia per i consiglieri, i cittadini che assistono alla seduta e gli organi di informazione.
A fronte di ciò rileva il potere del presidente del consiglio fissato dall'art. 39, comma 1, di 'direzione dei lavori e delle attività del consiglio', da intendere nel senso di dover assicurare lo svolgimento ordinato delle sedute, sempre nel rispetto delle disposizioni regolamentari.
In assenza di espressa previsione del regolamento comunale, il presidente può, valutando caso per caso, autorizzare o meno la registrazione, proprio nell'esercizio dei richiamati poteri di direzione dei lavori dell'assemblea, in relazione alle valutate esigenze dello svolgimento dell'attività consiliare.
A margine di tale potere e nell'ambito dell'inderogabile principio di pubblicità della seduta può legittimamente essere riservato all'amministrazione dal regolamento comunale il compito della registrazione delle sedute con mezzi audiovisivi, escludendo che altri soggetti e il pubblico in aula possano procedervi. La pubblicità della seduta non implica la facoltà di registrazione ma la libera presenza di chi abbia interesse ad assistere alle sedute.(cfr. Cass. Sez. I n. 5128/01s ove afferma la legittimità di un regolamento consiliare che pone il divieto di introdurre nella sala del consiglio apparecchi di riproduzione audiovisiva, se non previa autorizzazione.)
Non si ritiene, quindi, anche con riferimento al caso di specie, che possa sostenersi un autonomo e indiscriminato diritto a procedere alla registrazione, superando gli eventuali divieti posti dall'amministrazione.
Si precisa che, sotto un profilo di opportunità politica, ove venga disposto l'uso di tale strumento tecnologico ai soli fini della verbalizzazione, singoli consiglieri potranno autonomamente procedere alla registrazione solo qualora anche l'amministrazione sia parimenti dotata dei mezzi per procedere analogamente, dovendosi evitare che l'unica registrazione disponibile sia prodotta da una parte politica e non dall'ufficio preposto alla verbalizzazione medesima.
E' utile in questo contesto soggiungere che nella materia è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali il quale si è espresso nel senso che l'ente può porre, con apposita norma regolamentare, limiti alle riprese e alla diffusione televisiva delle riunioni del consiglio, prevedendo l'onere della preventiva informazione dei presenti in aula della presenza delle telecamere e della successiva diffusione delle immagini e le ipotesi in cui eventualmente limitare le riprese per assicurare la riservatezza dei soggetti presenti o oggetto del dibattito.
Per quanto concerne l'ultimo quesito posto, è opportuno operare una distinzione.
In relazione al divieto di utilizzo dello stemma non si ritiene configurabile, in caso di violazione, la possibilità di comminare, con l'ordinanza sindacale che dispone il divieto medesimo, una sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 7 bis del T.U.O.E.L.. A tal fine si richiamano le considerazioni svolte in premessa riguardo la riconducibilità della tutela di tale elemento distintivo e rappresentativo dell'identità dell'ente locale alla tutela civilistica che l'ordinamento riserva al diritto al nome, significando che tale è la sede naturale ove l'amministrazione può risolvere eventuali violazioni del relativo diritto.
Parimenti, in relazione al divieto di procedere alle riprese audiovisive delle sedute consiliari, occorre chiarire che se da un lato, come si è detto, può considerarsi legittimo, in carenza di apposita norma regolamentare, il divieto disposto dal Sindaco di effettuare tali riprese, dall'altra, non si ritiene che le eventuali violazioni di tale divieto possano essere sanzionate ai sensi dell'art. 7-bis del T.U.O.E.L..
Tale divieto, infatti, è stato correttamente disposto ai sensi dell'art. 39 del citato testo unico, cioè nella sua veste di presidente del Consiglio comunale.
In tale veste, il Sindaco è titolare delle funzioni di direzione dei lavori del Consiglio, comprendenti anche la c.d. polizia dell'adunanza, cioè il potere discrezionale di mantenere l'ordine, l'osservanza della legge e la regolarità delle discussioni e deliberazioni.
Nell'esercizio di tale potere il Sindaco può anzitutto richiamare ufficialmente i consiglieri all'osservanza delle disposizioni dal medesimo dettate in materia.
Solo dopo che il consigliere sia stato inutilmente ammonito, con richiamo ufficiale da inserire nel verbale, il presidente dell'assemblea può disporne l'espulsione, la quale produce l'effetto di escludere l'amministratore locale dalla partecipazione alla seduta del Consiglio, laddove non comprende, secondo la prevalente giurisprudenza, anche il potere di allontanamento, con il ricorso alla forza pubblica, dall'aula.
Ciò in quanto tale potere andrebbe ad incidere direttamente sulla libertà individuale, tutelata dall'art. 13 della Costituzione (cfr., in tal senso, Cassazione, Sez. VI Penale, 22 ottobre – 12 dicembre 1996, n. 10696), il quale prescrive la necessaria previsione legislativa e l'atto motivato dell'Autorità giudiziaria per assumere provvedimenti restrittivi e limitativi di detto diritto.
Pertanto, il consigliere espulso che non si allontanasse spontaneamente dall'aula sarebbe considerato assente, ad ogni effetto (T.A.R. Abruzzo, 26 giugno 2002, n. 526).
A maggior ragione tale potere di espulsione è esercitabile con riguardo all'uditorio (dalla documentazione prodotta da codesta Prefettura risulta infatti che le riprese audiovisive non sono state effettuate direttamente dai consiglieri in questione), ossia ai cittadini presenti, in apposito sito, ai lavori del Consiglio.
L'art. 297 del T.U. del 1915 prevedeva che il presidente potesse ordinare l'espulsione di chiunque non ottemperi ai propri divieti e richiami.
Benché la norma sia stata abrogata, non vi è dubbio che il suddetto potere possa tuttora essere esercitato (molti regolamenti comunali lo prevedono infatti espressamente).