Incompatibilità
- Sussistenza di ipotesi di incompatibilità.
E' stato richiesto un parere in merito all'eventuale sussistenza di un'ipotesi di incandidabilità di un consigliere comunale, ai sensi dell'art. 58, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 267/2000, in quanto condannato a mesi otto di reclusione, per il reato di 'falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici' in concorso, ai sensi degli artt. 110, 479 e 62 bis del c. p.
In particolare, si chiede di conoscere se 'l'abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio', previsti dal citato art. 58, comma 1, lett. c) del T.U.E.L., si configurino o meno come elemento costitutivo del reato di cui all'art. 479 c. p.
L'art. 58, comma 1, lett. c) del T.U.E.L. prevede, tra l'altro, che non possono essere candidati alle elezioni comunali e non possono ricoprire le cariche di sindaco coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi dai reati indicati nella lettera b) dello stesso articolo.
Al riguardo, si rileva che con la lett. c) dell'art. 58 sopracitato, è stata riprodotta la disposizione di cui all'art. 15, comma primo, lett. c), della legge n. 55/1990, così come modificata dall'art. 1 della legge n. 16 del 1992.
Al fine di accertare se la condotta materiale del reato di cui all'art. 479 c. p. sia intrinsecamente connotata dall'abuso dei poteri o dalla violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, la Corte di Cassazione ha più volte affermato (Cass. Sez. I, sent. n. 11140/2002, n. 10776/2003, n. 2896/2004) che per la norma dell'art. 58 citato, deve essere richiamata la giurisprudenza formatasi in relazione all'art. 15, comma 1, lett. c) della L. n. 55/1990, considerato l'analogo tenore letterale delle suddette norme. Dunque, anche l'art. 58 comma 1, lett. c) 'contiene una norma di chiusura, volta ad impedire l'esclusione dall'area della decadenza di comportamenti non specificamente previsti, ma egualmente lesivi dell'interesse protetto, con la conseguenza che la ineleggibilità e la decadenza operano con riferimento ad ogni condotta che integri la componente materiale di una fattispecie criminosa autonoma o di una circostanza aggravante estrinsecantesi nell'abuso dei poteri o nella violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione', si tratta, quindi, di un' ipotesi inabilitante aperta e residuale al contempo, che esige soltanto l'esistenza di una condanna ad una specifica pena per il delitto, ma che si distingue dalla previsione ugualmente disabilitante di cui alla lett. b) dello stesso art. 58 per la indeterminatezza delle ipotesi delittuose previste, accomunate solo dal nomen iuris del titolo (Cfr. Cass. Sez., sent. n. 2896 del 14.02.2004).
Così argomentando, la Suprema Corte fa rientrare, nella norma 'di chiusura' di cui all'art. 58, comma 1, lett. c), i reati previsti dagli artt. 476 e 479 c.p. 'nella cui materialità è già compresa la violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale – ragione, questa, per la quale ai reati stessi non risulta applicabile l'aggravante prevista dall'art. 61, n. 9, c. p.'.
Con specifico riferimento, poi, al caso di specie, è irrilevante, ai fini della insussistenza della causa di incandidbilità in questione, la circostanza che al condannato sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, in quanto il quinto comma dell'art. 58 citato, che esclude l'applicazione delle cause ostative alla candidatura nei confronti di coloro cui è stata concessa la riabilitazione ai sensi dell'art. 179 del codice penale, si riferisce ad uno specifico istituto penalistico, sicchè è precluso estendere la cessazione della causa ostativa alla candidatura in via di interpretazione ad altri istituti, quali la sospensione condizionale della pena, dei quali il legislatore non ha tenuto conto (cfr. Cass. Sez. I, sent. n. 2896/2004 cit.).
Alla luce di siffatte considerazioni, nel caso in esame, si ritiene sussistente, nei confronti del consigliere comunale l'ipotesi di incandidbilità prevista dall'art. 58, comma 1, lett. c) del decreto legislativo n. 267/2000.