Sospensione e decadenza
- Consigliere comunale e assessore, sospensione di diritto dalla carica.
Si fa riferimento alla nota sopraccitata con la quale si chiede se debba darsi luogo alla procedura di sospensione di diritto prevista dall'art. 59 del decreto legislativo n. 267/2000, nei confronti di un consigliere, condannato in primo grado ad un anno e quattro mesi per tentata concussione e alla pena accessoria dell'interdizione temporanea per cinque anni dai pubblici uffici, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Viene precisato in proposito che codesta prefettura ha annullato la nota con la quale aveva provveduto a notificare al consiglio comunale di quell'ente la sentenza di condanna del consigliere ai fini dell'applicazione della misura di sospensione dalla carica, in attesa del deposito della motivazione della sentenza e del parere ministeriale richiesto.
In ordine all'applicazione delle misure di decadenza e di sospensione per condanna a delitto tentato o consumato, si richiama l'orientamento recentemente espresso in proposito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1990 dell'11.2.2003. La Suprema Corte ha ritenuto che, a differenza della decadenza, la sospensione di diritto dalla carica non operi anche nelle ipotesi di delitto tentato. Ciò a seguito della riformulazione della normativa originariamente recata dall'art. 15 della legge n. 55/90, da parte della legge n. 475/99, - formulazione confermata in occasione della redazione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - che ha svincolato l'istituto della sospensione dalla carica elettiva dalle ipotesi delittuose residuali previste dalla lettera c) dell'art. 15, che danno luogo alla decadenza dalla carica. In adesione a tale orientamento, non si ritiene pertanto che nei confronti dell'amministratore in questione, condannato per delitto tentato, sia applicabile la misura della sospensione cautelare dalla carica.
Riguardo, invece, all'altra problematica rappresentata concernente l'incidenza del beneficio della sospensione condizionale della pena sull'applicazione della sospensione di diritto dalla carica locale, si reputa che detto beneficio non inibisca la misura cautelare essendo stata acclarata dalla Corte Costituzionale la diversità di piano sul quale si collocano, da un lato, le fattispecie di ineleggibilità, decadenza e sospensione e, dall'altro, il trattamento penale e le conseguenze penali dei reati. Nella sentenza n. 132 del 2001, l'Alta Corte, adita per valutare la legittimità costituzionale delle norme in questione nella parte in cui non prevedevano l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 166, comma 1, del codice civile, secondo la quale la sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie, ha, infatti, ritenuto infondata la questione sollevata, con la motivazione che le predette cause ostative '.non rappresentano un aspetto del trattamento sanzionatorio penale derivante dalla commissione del reato e nemmeno una autonoma sanzione collegata al reato medesimo, ma piuttosto l'espressione del venir meno di un requisito soggettivo per l'accesso alle cariche considerate'.