Ineleggibilità- Quesito in merito alla sussistenza di ipotesi di ineleggibilità di un consigliere comunale.

Territorio e autonomie locali
21 Gennaio 2005
Categoria 
12.01.03 Ineleggibilità
Sintesi/Massima 

Ineleggibilità
- Quesito in merito alla sussistenza di ipotesi di ineleggibilità di un consigliere comunale.

Testo 

Si fa riferimento alla nota sopradistinta, con la quale è stato richiesto un parere in merito all'eventuale sussistenza di una causa di ineleggibilità ovvero di incompatibilità, in relazione agli articoli 60 del decreto legislativo n. 267/2000 e 63 del medesimo decreto, e, segnatamente quelle indicate al n. 4 (lite pendente) e al n. 6 (debito liquido ed esigibile), nei confronti di due consiglieri comunali, in quanto gli stessi sarebbero debitori si alcune somme nei confronti dello stesso ente locale.
Preliminarmente, si rappresenta che, ai sensi dell'art. 60 del citato decreto, nei confronti dei due consiglieri comunali non sembra sussistere una causa di ineleggibilità, stante il carattere tassativo delle ipotesi ivi previste.
Riguardo, poi, alla fattispecie di cui all'art. 63, comma 1, n. 4 del T.U.E.L., la causa di incompatibilità per lite pendente prevista per il sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, attiene all'essere parte di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell'ente di riferimento. Si rileva, dunque, che per la fattispecie di cui alla citata norma, l'incompatibilità consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte.
In siffatte ipotesi, l'incompatibilità trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto di interessi determinativo della lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare, all'esterno, sospetti al riguardo; donde risponde ad una scelta del legislatore di sacrificio del diritto alla carica a fronte di detta eventualità.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'espressione 'essere parte di un procedimento' va intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla qualità di parte in senso processuale, che non è riferibile, in chiave sostanzialistica, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene. Agli effetti della sussistenza della causa di incompatibilità della lite pendente con il comune, non sono, infine, sindacabili i motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce 'ex se' il presupposto dell'incompatibilità (Cass. civ., Sez. I, 16 febbraio 1991, n. 1666).
Occorre, quindi, la formale pendenza di un procedimento giurisdizionale appartenente ad uno dei due tipi suddetti, con la conseguenza che può considerarsi superato l'indirizzo giurisprudenziale che aveva ampliato il concetto di lite pendente, in modo da comprendere non solo la lite giudiziale ma qualsiasi lite, intesa come conflitto d'interessi che avesse dato luogo ad una controversia, ancorché non ancora tradotta in un procedimento giurisdizionale ( Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1981, n. 6200).
Ciò posto, si rileva che nella fattispecie in esame, nei riguardi del consigliere comunale Sig. Unio Giuseppino, dalle notizie fornite, non sussiste alcun conflitto con il Comune in quanto l'interessato ha sottoscritto il disciplinare regolante la propria concessione.
Insussistente, inoltre è la questione di incompatibilità sollevata nei confronti dell'altro consigliere comunale, in quanto, dai dati forniti, la situazione prospettata non appare riconducibile all'ipotesi di incompatibilità di cui al n. 4, comma 1, del citato art. 63, poiché non risulta pendente alcun contenzioso davanti all'autorità giudiziaria.
Invero, nel caso di specie, si rileva che il consigliere comunale è stato parte, assistito dai rappresentanti delle associazioni professionali di categoria, in un tentativo di conciliazione, ai sensi dell'art. 46 della legge n. 203/1982.
Al riguardo, si rappresenta che il tentativo di conciliazione è uno dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie, previsti dall'ordinamento giuridico italiano, tesi alla ricerca di una definizione consensuale del conflitto. In particolare, la forma di conciliazione prevista dall'art. 46 citato è un'ipotesi di conciliazione extra giudiziaria.
Alla luce di siffatte considerazioni, nel caso di specie, non sussistono i presupposti per la causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 4, del T.U.E.L., non essendo stato promosso alcun contenzioso dinanzi all'autorità giudiziaria.
Va, altresì, esclusa la sussistenza, nel caso de quo, della causa di incompatibilità di cui al n. 6, comma 1, dell'art. 63 T. U. E. L., in quanto dalle notizie fornite, risulta che il Comune non ha mai provveduto, ritualmente, alla messa in mora dei suddetti consiglieri per debiti liquidi ed esigibili, così come richiesto dalla norma citata ai fini della configurabilità della suddetta ipotesi di incompatibilità, considerato che i concetti di liquidità ed esigibilità esprimono l'uno la certezza del debito e del suo ammontare, l'altro la disponibilità immediata del denaro e, quindi, la possibilità di richiederne il pagamento.